“Downloading is pretty fucking far from suicide, Channon.”

“All I know is that they're going to dump his mind into a bunch of machines the size of a fat virus and burn his body. Sounds like death to me.”

(Spider Jerusalem e Channon, Transmetropolitan)

Il mondo dei fumetti, soprattutto nelle sue correnti mainstream, è sempre stato abbastanza refrattario all’innovazione, dovendo trattare nella maggior parte dei casi o con un pubblico abituato ad una narrazione sempre fedele a se stessa o con un pubblico molto giovane con esigenze ben diverse rispetto a quanto ci si potrebbe aspettare da uno smaliziato lettore di fantascienza. La narrazione stringata e la divisione fra gli spazi riservati alla parte visiva ed a quella letteraria della struttura espositiva restringono ancora il campo, rendendo più difficile il presentare teorie complesse o nuove correnti letterarie sulla tavola illustrata. Nondimeno la fantascienza ha sempre fornito agli sceneggiatori più in gamba un ottimo bacino da cui attingere idee e suggestioni e con cui stupire il lettore, idee che solitamente rimangono sullo sfondo ma che a volte vengono utilizzate con piena consapevolezza e sfruttando in modo smaliziato le potenzialità che questo mezzo espressivo ha da offrire. Come nella letteratura anche nel fumetto esistono naturalmente diversi livelli di espressione, si passa da opere prettamente commerciali a veri capolavori, ma il confine è comunque molto più labile e potrei affermare più suscettibile al mercato, considerate le varie competenze a cui è soggetta l’elaborazione del prodotto finito. Un pregio ed un difetto questo che, per quanto limitante in determinate circostanze, permette in effetti la circolazione di idee innovative, una volta che queste comincino a prender piede, in modo veloce e trasversale.

Parlando di postumanesimo e transumanesimo occorre anche ricordare, prima di approfondire il discorso, che il classico fumetto supereroistico americano è incentrato già di per se stesso su protagonisti metaumani e che in alcuni casi, principalmente nelle speculazioni più all’avanguardia del genere, riprende più o meno consapevolmente tematiche e problematiche assonanti a quelle che potremmo vedere nella letteratura fantascientifica. Il dirimere cosa è derivato da cosa, quindi, sarà a volte difficile e non dipendente da un grossolano discorso quantitativo (es. se l’intera società ne è affetta allora parliamo di postumanesimo mentre se il discorso è circoscritto ad un’elite allora parliamo di superumani) ma dal considerare le correnti di pensiero e le speculazioni che hanno portato l’autore della storia a compiere determinate scelte.

I primi passi: da un vecchio cyberpunk al suo trapasso in casa Marvel

“You killed me! Why?” (Ghost Rider 2099)
Verso la prima metà degli anni novanta, la Marvel, complice anche l’emergere di nuove case editrici che  ne mettevano in discussione il monopolio commerciale gestito fino ad allora insieme alla  DC Comics,  cominciò a valutare come sfruttare a proprio vantaggio i nuovi stilemi narrativi utilizzati dalle rivali ed al contempo prepararsi per la fine del millennio. Si decise di cavalcare da una parte le ansie millenaristiche in chiave mistico-magica (Blade, Nightstalkers, Doctor Strange), dall’altra di provare a creare qualcosa in campo fantascientifico che potesse essere innanzi tutto al passo con i tempi ed in secondo luogo sopravvivere almeno fino a vedere l’alba del nuovo millennio. Nasce la linea Marvel 2099 in puro stile cyberpunk e con quasi con un decennio di ritardo rispetto al fiorire dell’analoga corrente letteraria. Tutto l’universo Marvel viene fatto evolvere di colpo al secolo successivo in un contesto in cui, dimenticati i vecchi supereroi, ci si muoveva nelle atmosfere cupe ed oppressive e nelle logiche corporative tanto care a William Gibson e soci. Cavallo di battaglia della nuova linea temporale sarebbe stato Spider-Man 2099 (Spider-Man 2099, Marvel Comics, 1992 – Star Comics, 1993, sceneggiato da un giovanissimo Peter David) che divenne comunque la testata di maggior successo assieme a Doom 2099 (Doom 2099, Marvel Comics, 1993 – Star Comics 1993, di John Francis Moore) ed a Ghost Rider 2099 (Ghost Rider 2099, Marvel Comics, 1994 – Marvel Italia 1995 di Len Kaminski). I mutanti, che nella linea temporale principale vendevano decisamente bene, rimasero un po’ defilati e non completamente a loro agio nel mondo del 2099. Cosa avevano però in comune supereroi così differenti? Cosa avevano di così diverso ed innovativo rispetto alle loro controparti che da almeno un trentennio cavalcavano la scena dell’universo Marvel? In definitiva erano tutti postumani.

Per riuscire a debellare una droga datagli dal suo superiore con l’obiettivo di legarlo alla Alchemax, l’unica megacorporazione che la produceva e commerciava legalmente, Miguel O’Hara altera il proprio codice genetico trasformandosi in un ibrido Uomo/Ragno. Nessun morso da parte di un animaletto radioattivo e nessuno strano miscuglio pseudochimico ma semplicemente l’utilizzo dell’ingegneria genetica per diventare qualcosa altro da se caratterizzano lo Spider-Man del 2099. Magari il giovane David non era così consapevole di star travalicando i confini del genere cyberpunk ma un primo passo era stato fatto nella giusta direzione. Tanto più che l’Alchemax avrebbe tentato ripetutamente non solo di eliminare il Ragno ma, una volta subodoratane l’origine, soprattutto di ripetere l’esperienza che gli aveva dato vita per commercializzarla a scopi militari.