L'autore che presento stavolta, Antonio Briganti, pubblicò appena sei racconti di fantascienza, tutti fra il 1963 e il 1966: cinque su Oltre il Cielo e uno su Galassia. Eppure si tratta di uno scrittore a mio parere degno di essere riproposto all'attenzione dei lettori di Delos, per un paio di motivi.

Il primo, dico subito, riguarda me e quindi è piuttosto personale.

Di Briganti mi capitò di leggere soltanto il racconto su Galassia (che qui ripropongo). Apparve sul n. 71 della collana (1966), dedicato al romanzo Eroi su commissione di uno scrittore "classico", Murray Leinster. In appendice al volume, come di consueto, figurava la rubrica "Accademia" nella quale venivano pubblicate storie di nostri autori "promettenti". Quella volta di italiani ce n'erano quattro, uno dei quali sotto pseudonimo americaneggiante: "Anthony MacBirthay". Il titolo del racconto mi incuriosiva: Una macchina o che cosa? Lo lessi e mi parve buono, particolare. Anzi ne rimasi colpito in modo inconsueto, perfino oltre la qualità dell'opera. A parte il suo impianto abbastanza insolito (per la fantascienza), a metà tra l'esistenziale e il quotidiano, era soprattutto il finale (aperto, vagamente ermetico) a lasciarmi uno strascico di stupore misto a curiosità. Mi sarebbe piaciuto sapere di più sulla misteriosa metamorfosi del protagonista lentamente preparata, poi ribadita nelle ultime righe; avrei voluto avere ulteriori notizie su questo misterioso "MacBirthay" capace di comunicare sensazioni che non sapevo ben chiarire a me stesso. (Apro una opportuna parentesi: non pretendo che anche i lettori odierni "sentano" il racconto nello stesso modo in cui lo vissi io un quarantennio fa; a quei tempi ero ancora un giovanotto, fantascienza non ne avevo letta poi tantissima, e questa narrativa non possedeva ancora l'attuale risonanza, né il fitto curriculum di correnti interne, sperimentazioni, trasformazioni, ampliamenti, che poi ha accumulato). Tuttavia aggiungo, per concludere questo punto, che negli anni più d'una volta sono tornato a rileggere il racconto: soprattutto quando anch'io volevo impostare una storia lasciando un finale "aperto" su possibilità piuttosto vaghe.

Il secondo dei due motivi di interesse lo devo a una lettera del Direttore che apparve nella rubrica "La posta galattica" sul n. 72 di Galassia, il volume immediatamente successivo (dicembre 1966, dedicato al romanzo Guerra totale di Mack Reynolds). Ne stralcio integralmente il punto che mi preme evidenziare:

"..."Accademia" ha attraversato un'annata di assestamento. Dal prossimo anno, sarà ulteriormente potenziata, e garantisco fin d'ora che certi episodi non si verificheranno più. Nel numero scorso, per esempio, è stato pubblicato un racconto che si discostava enormemente dalla linea della rivista. Sarebbe troppo lungo spiegare in seguito a quale fortuita catena di circostanze è avvenuta questa pubblicazione: certe cose capitano, a volte, quando si lavora per quattordici ore al giorno al servizio dei lettori e della science fiction. Voglio sperare che i lettori mi comprendano, senza scendere in particolari. Da parte mia rinnovo la garanzia: dall'anno prossimo "Accademia" sarà potenziata ulteriormente. E vedrete."

Ora, non vorrei essere frainteso. Il Direttore era a quell'epoca Ugo Malaguti, che poco dopo avrebbe "inventato" la sua meritoria Libra editrice (proseguita nell'attuale Perseo Libri). Malaguti, dico cose risapute, era ed è un grossissimo professionista della fantascienza, editore, saggista, scrittore, curatore; ma soprattutto era ed è un reale appassionato di questa narrativa in tutte le sue forme. Inoltre Galassia aveva effettivamente una sua "linea" (pubblicava di preferenza storie avventurose ma anche "sociologiche", e comunque firmate dai massimi autori degli anni Sessanta e precedenti: e una consolidata linea editoriale, si sa bene, non può essere di punto in bianco tradita, pena lo sconcerto o il rifiuto dei lettori). Infine, il Sessantotto doveva ancora venire (benché qualcosa fosse nell'aria), per cui gli accenni al sesso nella fantascienza non erano in genere graditi né lo erano mai stati (recenti esperienze ci dicono che in parte la situazione non è mutata). Questo, per chiarire che non è mia intenzione addebitare alcunché a Galassia. Sta di fatto, però, che io leggendo quella lettera rimasi sorpreso e, francamente, amareggiato. Possibile - pensai - che il pubblico della fantascienza sia ancora a questo punto? Certamente quella presa di distanza di Malaguti doveva essere il risultato di qualche telefonata o missiva di un lettore infuriato. C'era un unico problema: a me il racconto di "MacBirthay" era piaciuto e soprattutto era parso molto stimolante; esempio di una fantascienza contaminata con mainstream e fantastico che avrei molto gradito incontrare più spesso, e che sentivo a me più vicina di certe nobili cariatidi, fondamentali senz'altro ma con parsimonia, in un momento in cui anzitutto gli ormoni mi... premevano con violenza, e mentre già aleggiava il presagio di cambiamenti radicali; mutamenti per i quali avrei trovato adeguata, oltre alla consueta fantascienza, una narrativa che presentisse movimento, novità, forti innovazioni (anche di temi e stili), avesse il respiro della cronaca e di un futuro "più attuale", fosse più in presa diretta con la vita reale che accadeva intorno a me e nel mondo.