Per la terza volta allontanò il pensiero con rabbia. Improvvisamente, il Numero Uno riprese l'iniziativa. Si spostò con rapidità. Lo avvicinò pericolosamente. Per un attimo Ary poté anche intravederlo tra gli alberi: un corpo vagamente sferico che sembrava reggersi su un grappolo di lunghi tentacoli molli e sottili. Non pareva adatto all'ambiente della foresta. La massa del suo corpo faceva pensare a spazi ampi. Forse anche a una gravità minore. L'Assaltatore registrò l'annotazione, mentalmente. Era successo anche a lui di dover combattere in condizioni d'inferiorità. Come la volta che aveva lottato in quell'infernale ragnatela di crepacci da cui uscivano dense nubi di fumo colorato. Allora i sensori della sua tuta gli avevano permesso di muoversi sul bordo delle fenditure appena cautamente, mentre era chiaro che l'altro ci vedeva benissimo. Eppure era stata proprio la coscienza della sua inferiorità a dargli la determinazione necessaria per vincere.

Il pensiero lo scosse. Decise di rompere gli indugi prima che il Numero Uno arrivasse a sorprenderlo. Si spostò leggermente verso l'interno, perché l'alieno non gli finisse alle spalle. Lasciò che i sensori rilevassero gli ostacoli che si frapponevano tra loro. S'inginocchiò per avere maggior stabilità. Lesse la distanza sul visore. Puntò il laser contro le ombre del fogliame. L'alieno sembrò intuire, in qualche modo, che Ary lo aveva individuato e stava per attaccarlo. Tornò a spostarsi rapidamente. Di colpo, cercò di anticiparlo. Fece un balzo altissimo, protendendosi sui lunghi tentacoli. A mezz'aria lasciò partire una specie di proiettile che gli uscì da una protuberanza del corpo. La punta d'osso andò a piantarsi esattamente dove Ary si trovava un attimo prima. L'Assaltatore premette il grilletto mentre stava ancora rotolando via. Il laser sibilò una volta sola, vomitando sei cariche-energia a grappolo. Il Numero Uno, che ricadeva dal suo balzo, ebbe un sussulto. Per un attimo scalciò l'aria coi tentacoli. Poi precipitò pesantemente nel sottobosco e giacque immobile. Tutto era durato una manciata di secondi. Sul visore della tuta, una della spie luminose si spense. L'alieno aveva cessato di esistere.

Prima ancora che l'eco del tonfo si fossa spenta Ary si era di nuovo spostato, freneticamente, per evitare il possibile attacco dell'altro. Ma il Numero Due non sembrò in grado di approfittare del momento di vantaggio. Si agitò dall'altra parte della radura, senza muoversi. Ary fissò il visore del casco che inquadrava il suo avversario. la fronte bagnata di sudore, i muscoli tesi. Ora il secondo alieno aveva un vantaggio: conosceva il suo armamento. Lui, invece, continuava ad avere del Numero Due l'idea di una segnalazione luminosa. A quel punto, lasciargli prendere l'iniziativa sarebbe stato un errore fatale. Doveva rompere gli indugi. Gli si avvicinò rapidamente scivolando tra i cespugli. L'alieno si accorse della manovra solo all'ultimo momento. Ebbe uno scatto improvviso. Ary vide il punto luminoso sul visore schizzare via, come impazzito. Udì i rumori di una corsa precipitosa. Intravide, tra gli alberi, una sagoma scura che avanzava ondeggiando verso di lui. Balzò in piedi e lasciò partire una raffica. Nello stesso istante, qualcosa lo colpì.

Ary ebbe l'impressione di aver sbattuto contro un muro invisibile. Cadde pesantemente sulla schiena. Riuscì appena a rendersi conto che un'altra spia luminosa si era spenta sul visore. Anche il secondo alieno era morto. Poi il dolore lo afferrò come una tenaglia. Non riuscì a trattenere un gemito. Strinse i denti e si tirò in ginocchio, faticosamente. Sembrava che la testa dovesse scoppiargli. Una fitta sempre più acuta gli rodeva lo stomaco. Si toccò qua e là, gli occhi che si stavano riempiendo di lacrime. La tuta era intatta. Qualsiasi cosa lo avesse colpito non aveva né bucato né lacerato. Fece uno sforzo per digitare sul tastierino una richiesta di controllo. Sul visore del casco apparve una G. Poi, in rapida successione, una doppia JJ che prese a lampeggiare freneticamente. Ary non poté trattenere una smorfia sorpresa. Veleno. In qualche modo, l'arma del Numero Due era riuscita ad inoculargli una sostanza tossica. O forse aveva solo provocato la reazione. Forse era stato il suo stesso corpo, opportunamente sollecitato, a creare il veleno che ora lo stava uccidendo. Una specie di suicidio pilotato.