Alla ricerca del lander perduto

Ed ecco come sarebbe dovuto apparire il Beagle 2, dispiegato e operativo. Si nota sulla sinistra il braccio multiuso.
Ed ecco come sarebbe dovuto apparire il Beagle 2, dispiegato e operativo. Si nota sulla sinistra il braccio multiuso.
Lontano parente del Sojourner, il rover della NASA che nel 1997 fu fatto atterrare con successo sul Pianeta Rosso nell'ambito della pionieristica missione Mars Pathfinder e che gironzolò per giorni e giorni sulla superficie di Marte, il Beagle 2 avrebbe dovuto cadere attraverso l'atmosfera marziana frenato prima da un paracadute, poi da dei retrorazzi, e infine protetto da tre grandi air-bag. Il Sojourner aveva adottato la stessa tecnica. Il Beagle 2 avrebbe dovuto così colpire la superficie del pianeta, rimbalzare per un po' (anche per molti minuti, a dire il vero) e infine fermarsi.

A questo punto prima di dischiudersi come una sorta di grande fiore meccanico e di aprire così i suoi pannelli solari e il suo braccio meccanico multiuso, avrebbe dovuto inviare un segnale a Terra, giusto per avvertire mamma e papà che tutto era andato bene, che i sistemi erano ok e che era pronto per procedere la sua missione. Invece fin dalla mattina di Natale, gli scienziati e i tecnici cominciarono a temere il peggio: l'atteso segnale non voleva saperne di arrivare. Il telescopio britannico di Jodrell Bank, puntato per cercare di captare la trasmissione, non ricevette nessuna trasmissione e anche nei giorni successivi, tentativi fatti prima attraverso la Mars Odissey, il satellite NASA in orbita intorno a Marte, e poi attraverso la sonda "madre" Mars Express, hanno dato tutti esito negativo. Sempre più pessimisti, gli scienziati dell'ESA hanno ritenuto che, dopo tutti i tentativi fatti, l'unica possibilità di ritrovare il lander, dando ovviamente per scontato che fosse atterrato ove previsto e che non avesse subito danni durante la caduta, era di ritenere che l'atterraggio avesse resettato i sistemi software di sincronizzazione delle trasmissioni. In pratica, prima di essere sganciato dalla Mars Express, le comunicazione del Beagle 2 verso la Terra erano state programmate secondo finestre preordinate che tenevano conto della posizione del pianeta, della Terra e della sonda Mars Express.

Un silenzio prolungato, avrebbe potuto far entrare il Beagle 2 nel cosiddetto CSM2 (Communication Search Mode 2), ovvero in una modalità di ricerca di comunicazione autonoma, che prescindeva dalla ricezione di un segnale dalla Terra. In pratica, se fosse stato solo un problema software, dopo un paio di settimane di silenzio il Beagle 2 avrebbe dovuto cominciare a gridare ai quattro venti di sua spontanea volontà: "Ehi, sono qui!" Ma niente di tutto questo è successo e, con l'inizio della ricerca delle cause di che cosa può essere andato storto, la missione Beagle 2 è a tutti gli effetti da considerare fallita. E' un peccato, certo, ma considerando il pieno successo della sonda orbitale Mars Express, non si può affermare né che la missione marziana dell'ESA nel suo complesso sia un fallimento, né che lo stop del Beagle 2 possa compromettere la recente vitalità dell'Agenzia Spaziale Europea nel campo dell'esplorazione dello spazio. La sonda Cassini sta volando verso Saturno e promette di farcelo vedere come non abbiamo mai visto prima, e la sonda Rosetta, appena decollata alla volta della cometa Churyumov-Gerasimenko che raggiungerà nei primi mesi del 2014, e sulla quale atterrerà, prima nella storia a compiere un'impresa del genere, sono testimoni del fatto che lo spazio non è più un campo dove la NASA gioca da sola. Tuttavia, almeno per il momento, dobbiamo ammettere, con un pizzico di quella rabbia tipica di chi ha perso un derby ai rigori, che sul suolo di Marte c'è solo la NASA.