Sempre più sovente dimentichiamo come termini quali Internet e Computer non avessero particolare significato per l'uomo comune appena venti-trent'anni fa. C'è davvero da meravigliarsi ripensando all'ingenuità di cui era intessuta la nostra vita! Sebbene l'ingresso nel mondo frenetico e industrializzato di oggi fosse già in corso da decenni, il mondo era ancora immenso e perfino sfogliare un numero d'importazione del National Geographic appariva come un'Odissea di Glystra, un'excursus vanciano alla scoperta di pianeti alieni e popoli leggendari. Una cosa ci accomuna però con il nostro passato distante ormai anni-luce: l'invariato desiderio di sognare. Forse questa pulsione incontenibile di esplorare l'ignoto che viene sprigionandosi dalla nostra anima è divenuta via via col tempo più sofisticata, meno disincantata, ma è stata sempre lì presente accompagnandosi di pari passo con l'espansione visiva e intellettuale dei nostri universi personali.
Scrivere degli illustratori che hanno caratterizzato la collana Urania, significa anche un po' parlare delle magiche emozioni che hanno contribuito ad accendere la fiamma creativa degli illustratori della generazione successiva. Indubbiamente il ricordo indelebile di quei momenti ha rappresentato per alcuni un'esperienza primordiale, quasi come il primo bacio con la Fantasia. Quando ho scoperto Urania avevo appena 10 o 11 anni, la mia libreria iniziava ad essere tappezzata delle collezioni di Salgari, Verne e Wells, e di qualche antologia di Fruttero e Lucentini. La maggior parte dei miei amici sfogliava l'uno o l'altro di quei romanzi, disinteressandosi dell'illustratore, del traduttore e addirittura dell'autore, ricavandone soltanto un brandello di sensazioni e parole presto dimenticate. Non fu così per me.
Anita Klinz, l'art director che nel 1960 lanciò Karel Thole per la prima volta sulla testata di Urania intuì subito le potenzialità di questo inimitabile artista, dando luogo ad uno dei più indovinati e felici connubi nella storia della letteratura fantastica internazionale. Lasciarsi accompagnare da Urania nel ventunesimo secolo non si limitava soltanto al piacere di leggere storie meravigliose, a quell'intreccio di indimenticabili sensazioni che vanno dal profumo della carta ai ricordi dell'adoloscenza, ma anche al fascino di scoprire e ammirare quella che sarebbe stata la successiva copertina.
Nell'animo di Karel Thole era presente una costante universale, un valore aggiunto che differenziava le sue opere da quelle di altri artisti, dando luogo al genio, ad un tipo di pensiero astratto che definirei 'laterale': la capacità di estrapolare la linfa dei sogni e trasferirla su carta sotto forma di immagini eterne, di raffigurazioni di bellezza atemporale, di visioni oniriche e uniche, quando tanti altri esseri umani rimanevano ancora invischiati nella loro versione tolemaica dell'universo. Ed oggi appare abbastanza trascendentale sapere che quella persona andava realizzando tutto ciò senza mai giungere a compromessi con la commercializzazione del suo operato.
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