The unknown, Kaio

Sul fronte delle pellicole in gara citiamo ancora: The Unknown, dell'esordiente Michael Hjorth, in cui cinque giovani biologi si addentrano in una foresta bruciata alcuni anni prima, allo scopo di documentare la rinascita della vita dopo una simile catastrofe; la scoperta di uno strano animale carbonizzato li porterà a confrontarsi con qualcosa di sconosciuto che incrinerà seriamente i rapporti interpersonali del gruppo, alimentando paure, ansie ed invidie. Girato efficacemente con una videocamera, in stile Blair Witch Project, rende molto più realisticamente della pellicola interpretata da Heather Donahue, il senso di un ambiente quasi infernale e avulso dalla realtà, "tutti pensano che io sia stato ispirato dal film di Myrick e Sanchez, ma la verità è che io non ho mai visto il loro lavoro, ed ho girato The Unknown prima che Blair Witch venisse distribuito in Svezia (paese di origine della pellicola, n.d.a.)", commenta il regista, "i miei veri spunti per questo lavoro sono stati L'invasione degli Ultracorpi e Alien.

Det Okanda, questo il titolo originale, utilizza con sagacia l'atmosfera di desolazione e morte offerta dalla natura, martoriata dal fuoco, per creare l'ambiente ostile in cui si muovono i cinque scienziati, immergendoli in un mondo alieno, da cui sembra impossibile fuggire per fare ritorno alla civiltà: "siamo stati molto fortunati, proprio mentre stavamo decidendo dove girare la storia, un incendio distrusse un bosco vicino a Stoccolma", mi spiega Hjorth, "una coincidenza che, oltre a farci risparmiare, ci ha regalato un terrificante set naturale".

Citiamo per dovere di cronaca: Dead Creatures e Trouble every day, il primo dell'Inglese Andrew Parkinson, che dopo I, Zombie, sua opera prima, proiettata a Sitges lo scorso anno, realizza questa sorta di sequel, che racconta la lotta per la sopravvivenza di un gruppo di sfortunate morte viventi, in fuga da un uomo che, alla ricerca della figlia, da loro la caccia. Un'opera che tenta invano di ripercorrere la strada della denuncia sociale (gli Zombies sono le masse dei poveri generate dal consumismo!) intrapresa precedentemente, con ben altri risultati da George Romero. Il secondo, affidato a colei che ci aveva deliziato con Chocolat, Claire Denis, è un polpettone che mette insieme spunti da Rabid, sete di sangue e Il demone sotto la pelle di Cronenberg, La Carne di Ferreri e un'altra mezza dozzina di pellicole, per mostrarci le disavventure di Shane (Vincent Gallo), Coré (Beatrice Dalle) e Leo (Alex Descas), i tre, nel corso di un esperimento per stimolare la libido umana, trasformano se stessi in insaziabili amanti, con il non trascurabile effetto secondario della necessità di uccidere e divorare il partner al termine dell'amplesso. Trouble every day è un film lentissimo, ingolfato da futili dialoghi e da interminabili sequenze dei tre, in macchina o in moto, in giro per Parigi. Praticamente privo di scene "gore" (che si limitano ad un po' di sangue sulla bocca dei protagonisti), il lavoro della Denis ci lascia alla fine senza alcuna spiegazione e con molti dubbi sul senso dell'operazione.

Concludiamo questa lunga carrellata sulla 34° edizione del Festival di Sitges con: Kairo (Pulse), mix di fantascienza e "ghost Story" del regista giapponese Kiyoshi Kurosawa, cui è andato il premio della critica per l'innovativo approccio ad una storia di fantasmi, ma che a mio parere risente di una certa lentezza e staticità, dovuta all'abitudine, ormai frequente nei filmakers del Sol Levante, di mischiare religione e leggende con orrore e fantascienza, generando così storie ermetiche e difficili da seguire per il pubblico occidentale, e con Revelation, un thriller soprannaturale di produzione inglese diretto da Stuart Urban, che denota la predilezione di Udo Kier per le pellicole connesse con l'Anticristo. Dopo Possessed, supportato da un cammeo di Terence Stamp e dalla selvaggia bellezza di Natasha Wightman, lo vediamo nei panni del Gran Maestro (un ruolo molto simile a quello che già aveva in Giorni Contati), un essere demoniaco presente sulla Terra fin dal giorno della crocifissione di Gesù Cristo, in lotta con la Chiesa per impossessarsi di una reliquia contenente il sangue e quindi il DNA del figlio di Dio; grazie a questo codice genetico riuscirà a ricreare in laboratorio un essere con tutte le caratteristiche del Redentore ma animato da una mentalità diabolica, cui il Signore contrapporrà un nuovo Salvatore, questa volta una bambina!

Adiòs! a Sitges 2002.