La fantascienza è al suo naturale capolinea?

La prima domanda è lapidaria ma non lo coglie di sorpresa. Mi osserva con quei suoi occhi grigio azzurri quasi impenetrabili ma poi sorride. "No, perché? C'è qualche indizio che faccia supporre questo fatto?" Gli spiego per sommi capi quello che sta accadendo in Europa e, in particolare negli Stati Uniti. Scrittori di fantascienza che abbandonano la narrativa di speculazione tecnologica per scrivere soggetti di videogiochi o darsi alla narrativa storica, vendite in continuo calo, poche uscite e a tiratura molto limitata, serie storiche che spariscono dal giorno alla notte dai palinsesti delle televisioni pubbliche o private o vengono diffuse dalle 3 di notte in poi. Hobana mi guarda ancora più sopreso. "Nell'Europa dell'est la situazione è molto diversa. In Romania la fantascienza è molto seguita e non solo quella dei film o dei fumetti. I libri non si vendono molto ma il genere fantastico continua a vendere. Molti autori americani vengono ancora tradotti e anche molti autori europei e italiani (è lo stesso Hobana a comunicarmi che il mio Inferi On Net pubblicato da Urania Mondadori, è stato acquistato dalla Nemira per una cifra corrispondente a dieci stipendi mensili romeni, Nota di Autoincensamento del Redattore) e Next Generation è la serie di punta della tv dei ragazzi".

Troppo pessimismo dunque?

Be', non posso dire che il pubblico degli appassionati stia aumentando ma nemmeno che stia diminuendo. Probabilmente in Romania viviamo un periodo corrispondente agli anni '70 per l'Europa e la fantascienza rappresenta un modo per guardare al futuro, alla novità, per far crescere la speranza nei confronti dei cambiamenti.

Come spieghi la crisi nell'Europa occidentale?

Forse la scienza da voi corre troppo in fretta e la speculazione non fa in tempo a mettere in campo idee innovative o ipotesi fantastiche perché arriva qualcuno e le mette in pratica ancor prima che il libro venga dato alle stampe. Ma c'è Internet. Può essere una grande fonte d'ispirazione. Non pensiamo che tutti i romanzi di fantascienza dedicati alla Rete debbano essere quelli che parlano di viaggi nel mondo virtuale, di biochip o cose del genere. Il fenomeno è anche sociale, medico, ambientale. Ce ne sarebbe da scrivere. La verità, purtroppo è un'altra.

E quale?

Guardiamo in faccia la realtà. Fino a qualche generazione fa, un bambino di 7 o 8 anni già cominciava a leggere fantascienza. Bastava imparare a leggere e nasceva il desiderio di tuffarsi in mondi alieni, a bordo di astronavi fantasmagoriche o nei laboratori di scienziati pronti a realizzare formule vettoriali in grado di spostare le montagne. L'istruzione dei giovani era diversa, da noi come da voi, capivano certe cose, faceva parte del loro bagaglio culturale. Oggi l'istruzione media è molto bassa, quasi ridicola. Un bambino in terza elementare conosce a malapena i confini del proprio paese. C'è un appiattimento generale molto elevato nell'Europa occidentale e il livello di conoscenza medio negli Usa è ridicolo anche per gli adulti. Forse è per questo che la fantascienza non va più di moda. Per amare un buon vino bisogna conoscerne anche il processo di realizzazione, così anche per apprezzare le linee di un quadro. Lo stesso vale per la narrativa non mimetica. Oggi i giovani hanno bisogno di cose semplici altrimenti non le capiscono. E la fantascienza non è una cosa semplice.