Tapas a todos!

Valerio Evangelisti e io, che siamo amici da molto molto tempo, coltivavamo l'idea da anni: un periodo di vacanze insieme. Finalmente quest'anno siamo riusciti a conciliare i rispettivi tempi di non lavoro, e il 29 luglio siamo partiti per Barcellona, dove siamo rimasti fino al 7 agosto, in compagnia di mia moglie Lucia. La poveretta si è dovuta sorbire da sola due malandrini & bevitori incalliti come noi perché la compagna di Valerio, Francesca, che si è sobbarcata tutta l'organizzazione logistica, all'ultimo momento è stata bloccata in Italia da gravi motivi famigliari. Il cuore di noi tre sanguinava, ma ormai tutto era pronto, nonché in buona parte pagato, sicché siam partiti. Francesca, ti si aspetta alla prossima!

Il primo mistero del viaggio si palesa alla stazione FS di Bologna, dove Valerio ci attende addirittura in giacca: la indossa, ci spiega, perché ci mette dentro tutti gli arnesi del mestiere (pinze, tenaglie, cunei eccetera), e all'aeroporto butta la giacca sul nastro del metal detector, senza essere costretto a svuotare le tasche dei calzoni. Che ingegno. Comunque, il mistero è che è munito di un valigino di pelle nera piccino picciò, una roba da ridere, mentre noi siamo gravati da valigioni trolley e copioso bagaglio a mano. Oltre tutto, si è portato una scorta di stecche di sigarette (le pregiatissime MS, merce introvabile a Barcellona) tipo "e se domani venisse la fine del mondo, io cosa mi fumo?" Sorge spontaneo l'interrogativo: avrà mutande e calzini di ricambio? Mah... Nei giorni successivi lo vedo cambiare camicie e calzoni come e più di me. Evidentemente, deve trattarsi del famoso valigino di Eta Beta, e chi se non il Magister poteva esserne in possesso? Tuttavia, anche Eta Beta ha i suoi limiti: al ritorno, dopo smodati acquisti di DVD di innominabili horror indigeni e tomi di storia in spagnolo, il valigino di Valerio è gonfio fino a scoppiare, e da uno dei lati sporge un paio di mutande lerce! L'impiegata del check-in sviene al mistico afrore, e quando rinviene ci ringrazia per l'inobliabile esperienza: perdere i sensi per mano dell'Inquisitore senza essere stata torturata! E' capitato davvero a pochi.

Il secondo mistero si concretizza all'aeroporto di Bologna. Mentre attendiamo l'ora d'imbarco, io vengo assalito da un potente raptus famelico. Si va al bar. Valerio prende un caffè, Lucia un succo di frutta, io magno; e, per entrare subito nel clima spagnolo, ordino una rustichella, la celebre focaccetta farcita che nel mondo intero è il simbolo del ridente paese iberico (a Barcellona ci sono più rustichelerie che tabacherie, ed è tutto dire). Ma la fame atavica mi annebbia lo sguardo: quando il barista mi porge una vile focaccina alle olive ripiena di prosciutto e formaggio, io la addento al volo! Mentre sto per andarmene, vengo fermato dallo stesso individuo (un tipo sospetto, probabilmente un Man in Black) che mi rifila la rustichella! Valerio, al tavolo, si scompiscia dal ridere. Mia moglie mi dà una mano con la rustichella, ma il grosso delle due cibarie me lo devo lavorare io. Morale: ho fregato una focaccina alle olive a qualcuno, e in aereo devo rinunciare al sontuoso pasto offerto dall'Iberia (baccalà o bistecchina, a scelta, più robetta varia) perché sono pieno come un uovo, e poi la rustichella era unta come le mani di un elettrauto e mi si è piantata sullo stomaco. Inutile, le rustichelle le devi mangiare in Spagna, mica in Italia. Pirla (e ladro inconsapevole) io.

In volo, Valerio dorme. Dice che trova l'aereo il mezzo di trasporto più noioso che esista. Probabilmente ha ragione. Io rutto e cerco di digerire. Lucia guarda fuori dall'oblò, un francobollo senza annullo postale. Come è senza storia il viaggio.