Avete presente una coperta patchwork? Sono quelle formate da quadrati di lana lavorata a mano e per le quali vengono usati gli spezzoni finali di ogni singolo gomitolo sia presente nel cesto dei lavori a maglia della nonna.

Il risultato varia da una accozzaglia di forme e colori inguardabili fino alla perfetta fusione delle stesse (spesso fortuita).

Anche tra i film ci sono i patchwork, e anche tra i film andiamo dall’inguardabile al capolavoro.

La Guerra di Domani di Chris McKay, con Chris Pratt e Yvonne Strahovski è un patchwork che si situa intorno alla media del punteggio. Un film guardabile, dal minutaggio forse eccessivo, con effetti decenti, regia decente, attori decenti e storia… beh decentemente prevedibile e da bere con totale sospensione dell’incredulità.

Va detto che il film parte sfortunato, andando in produzione e lavorazione dal settembre 2019 al gennaio 2020 impattando, quindi, nella chiusura dei cinema e delle distribuzioni.

Ma forse non è stata poi una così grande disgrazia, visto che la distribuzione su Amazon Prime Video gli ha probabilmente garantito una visibilità maggiore rispetto a quello che poteva risultare dopo un eventuale tam tam non lusinghiero per la visione in sala.

Il film si avvale della presenza di Chris Pratt che cerca di abbandonare i panni dell’eroe-che-si-prende-poco-sul-serio per vestire quelli di un uomo comune costretto a confrontarsi con il classico evento che di comune non ha niente: l’invasione aliena.

E qui partiamo col patchwork, perché l’inizio riecheggia La Guerra dei Mondi con la presentazione di protagonista e famiglia (Moglie, figlia e padre di lui tenuto lontano perché poco affidabile) abbastanza simili.

Il primo tentativo di originalità è far apparire durante la finale dei Mondiali di Calcio 2022 (Argentina – Brasile, se può interessare) un intero commando di soldati provenienti dal futuro che lanciano una campagna di arruolamento. La Terra, nel 2050, è il campo di conquista di una popolazione aliena chiamata Idre Bianche che trattano gli umani come cibo ed hanno ridotto la popolazione terrestre a circa 500.000 unità. Quindi l’idea qual'è? Pescare nel passato la “carne da cannone” e mandarla nel futuro attraverso un wormhole. Ovviamente prima partono i militari, ma il nemico è bastardissimo e dunque la leva civile diventa obbligatoria.

E qui come patchwork siamo dalle parti di Terminator ma anche di Edge of Tomorrow/Senza Domani che si appalesa chiaramente accompagnato da Starship Troopers quando Chris Pratt viene mandato nel 2050 a uccidere gli alieni cattivi.

Arrivato nel futuro trova Ivonne Strahovsky (avete presente la fidanzata bionda e spiona di Chuck?) colonnello a capo delle operazioni e scienziata che (guarda caso) è anche sua figlia ormai cresciuta. Qui il patchwork diventa complesso e rallenta, perché da una parte abbiamo ancora Senza Domani ma dall’altra siamo dalle parti di Padri e Figlie.

Dimenticavo, in tutta questa parte evitate di porvi domande anche solo di sfuggita su concetti quali “paradosso temporale” ed altro.

La figlia salva il padre, il padre salva la figlia, ottengono un siero che annienterà gli alieni ma che dovrà essere mandato indietro nel passato per essere prodotto in vasta scala e poi rimandato nel futuro. Non prima che la figlia abbia rivelato al padre tutto il futuro del loro nucleo familiare (eh, no, nel momento in cui finisce di raccontare tutto non succede niente tipo la figlia scompare, il padre pure, nel 2022 il mondiale l’ha vinto la Corea battendo l’Italia e l’invasione aliena è andata a ramengo). E qui si sentono echi dell’Esercito delle dodici scimmie, più o meno.

La missione va storta e il wormhole si chiude cosa che scatena la rivolta popolare nel 2022, per la gioia dei complottisti e negazionisti, creando non pochi problemi di ordine mondiale.

Ma Chris Pratt e i suoi compagni di avventura non si danno per vinti e, in un momento di serendipità, esaminando l’artiglio di un’Idra che funge da pendente alla collana di uno di loro capiscono che gli alieni, in realtà, sono rimasti sepolti nel ghiaccio, in Siberia, da secoli e aspettano solo lo scioglimento del pack indotto dal riscaldamento globale che nel 2050 li farà venire alla luce.

Ed ecco Alien vs Predator, La Cosa e tutti gli action / scifi di ambientazione polare.

Per fortuna, per quanto possa essere stato giudicato poco affidabile, il padre del protagonista (interpretato da un J.K.Simmons con un fisico così tirato che se glielo lasciano nel prossimo Spiderman mi sa che l’arrampicamuri lo stende lui) ha le risorse per aiutare il figlio e suoi compagni a concretizzare la loro missione in Siberia.

E qui, signori, il patchwork va assolutamente verso gli anni ‘90 e i film di Schwarzenegger (sarà un caso che Chris Pratt ne ha sposato la figlia?) anche perché lo scontro finale è perfettamente in linea con quelli eccessivi e incredibili dei film di quei tempi.

Come tutti i film USA di invasione aliena insegnano (compreso Independence Day) alla fine, nell’ecatombe totale, l’unica famiglia che si salva per intero è proprio quella del protagonista, godendo di una ritrovata unità (anche il vecchio di famiglia viene riammesso) che gli permetterà di vivere tutti felici e contenti.

Come si diceva all’inizio il film è nato durante i prodromi della pandemia, ma se lo si guarda con gli occhi di chi ancora la sta vivendo fa riflettere il fatto che gli alieni siano solo componenti di una razza/alveare spinti dal bisogno di alimentarsi e riprodursi senza altri piani o parvenza di individualità. Insomma sono solo virus enormemente cresciuti e dotati di arti e bocca.

E’ l’invasione più aliena di tutte: quella di un nemico col quale non si può nemmeno cercare di intavolare una trattativa.

A ben guardare, poi, anche il discorso degli alieni nascosti nei ghiacci e liberati perché i governi della Terra hanno continuato a rimandare efficaci provvedimenti contro il riscaldamento globale un piccolo spunto di riflessione potrebbe darlo.

Però, diciamolo, non sono questi i film che si guardano per simili motivi.

E di cosa vogliamo lamentarci?

Comunque è un film che cerca di uscire dalla moda “franchising” (anche se pare vogliamo farne un secondo…) e che riprende temi e meccanismi classici fornendo una “lieve” variazione sul tema cercando, in maniera un po’ maldestra, di aggiungere profondità ai personaggi e ai loro conflitti personali.

Dopo tutto è un prodotto dignitoso, e se lo si guarda con questo spirito tutto va bene.

Il capolavoro, anche per oggi, è rimandato ad altra data.