C’è un film poco noto che uscì in Italia nel 1978; si chiama Occhi dalle stelle e presenta diversi punti di interesse.

Il regista è Mario Gariazzo (ha scritto anche la sceneggiatura) che come avveniva spesso in quegli anni per i film western, di fantascienza e dell’orrore si firma con il nom de plume di Roy Garrett perché aiutava commercialmente.

Gariazzo, che oltretutto si è occupato personalmente di ufologia, è stato un regista di genere che ha bazzicato western, horror, polizieschi e appunto fantascienza, settore in cui, ha anche diretto un altro film dieci anni dopo cioè nel 1988, “Fratello dello spazio”, che però è molto diverso dal primo di cui ci stiamo occupando e cioè gli alieni sono “buoni” e non ostili.

Il film, che dura 90 minuti, è di produzione interamente italiana (Armando Novelli – Midia Cinematografica) a significare un interesse per un genere che stava diventando anche commerciale sulla spinta dei successi Usa.

Il periodo, ricordiamolo, è quello di un certo interesse per il progetto “Blue Book”, che portò anche alla famosa serie Tv, Project Ufo, trasmessa dalla NBC negli Usa nel 1978 e 1979 e che fece conoscere l’argomento anche in Italia. La serie nel nostro Paese fu trasmessa negli anni ’80 sul circuito delle TV locali e si ricorda per l’accurata ricostruzione dei fatti insieme anche ad un buon livello di effetti speciali.

Il film ha come riferimento Incontri ravvicinati del terzo tipo di Steven Spielberg del 1977 e descrive casi realmente accaduti pur non direttamente riferibili alla trama presentata nell’opera.

Dunque Occhi dalle stelle è una pellicola che si deve inquadrare proprio in quella atmosfera di sospetto ai limiti del complottismo che era determinata dalla fine del progetto "Blue Book" che era stato condotto dall’aeronautica Usa sugli avvistamenti di Ufo tra il 1947 e il 1969.Si indagarono 12.618 casi, 701 dei quali (siamo intorno al 5%) rimasero non spiegati.

E proprio su questa base una parte dell’opinione pubblica si era fatta l’idea che il governo americano volesse nascondere qualcosa.

La trama è complessa e – come vedremo – prevede l’innesto anche di una tematica horror e paranormale, di cui comunque il regista – come detto – era esperto.

La prima scena si svolge in una inquietante radura di un boschetto inglese dove un fotografo, Peter Collins (Franco Garofalo), e la sua modella, Karin Hale (Sherry Buchnan, che oltretutto è stata anche une modella americana professionista e attrice di altri film di genere), si trovano per realizzare un servizio di moda.

Un fatto insolito però accade. Ad un certo punto gli orologi di entrambi si fermano, fenomeno questo che genera una comprensibile angoscia ai due.

Tornato a casa il fotografo sviluppa il rollino ed è grande la sua meraviglia quando sullo sfondo della radura, oltre la modella, si palesano degli uomini in una tuta argentea lucente: sono degli extraterrestri.

La notte il fotografo torna allora nella radura, ma viene rapito dagli alieni dopo un inseguimento.

Stessa fine fa la modella che come ipnotizzata si reca nella stessa radura e anche lei viene rapita e poi, sul finire del film, ritrovata in uno stato di catalessi.

La zona viene recintata dai militari che scoprono le tracce dell’atterraggio del disco volante.

Inoltre vengono uccisi dagli alieni anche tutti i testimoni dell’avvistamento, più dei militari lasciati di guardia.

A questo punto scende in campo un giornalista amico della modella scomparsa, Tony Harris (Robert Hoffmann, che ha recitato anche nei panni di Robinson Crusoe, in uno sceneggiato di successo), che riesce ad ottenere dei fotogrammi degli Ufo e contatta un antiquario che è anche un ufologo, Perry Coleman (Victor Valente), che coinvolge nella storia, ma non può prevedere che una misteriosa organizzazione segreta fa di tutto per insabbiare la vicenda.

Tale organizzazione è una sorta di “Spectre” internazionale gestita dai servizi segreti che è in combutta con gli alieni e i cui membri si chiamano i Silencers e che sono poi i famosi “uomini in nero” che compaiono – si dice – dopo gli avvistamenti.

L’ispettore di polizia Jim Grant (Martin Balsam) è amico di Harris, ma poco può fare per proteggerlo dai vertici dell’organizzazione che decidono di eliminarlo.

Nel finale concitato compare anche una medium che manifesta gli stessi alieni e vedrà gli extraterrestri lasciare definitivamente il nostro pianeta dopo una sparatoria a colpi di mitra in cui rimangono uccisi da parte degli agenti internazionali il giornalista e l’ufologo, oltre la modella, uccisa invece dagli ospiti dello spazio.

Il film si fa apprezzare, soprattutto all’inizio, per le scene che vedono il rapimento del fotografo e della sua modella.

La scena nella radura è particolarmente suggestiva. Si passa da una atmosfera rilassata e bucolica con gli uccellini che cantano ad una scena in cui improvvisamente tutto tace, e gli orologi si fermano. Il bosco è pur sempre un luogo “magico”, un topos molto particolare presente in tante opere del genere. Il bosco può simboleggiare l’inconscio, l’inenarrato, il misterioso

La modella, con intuito femminile, si accorge subito che c’è qualcosa che non va e vuole andare via mentre il fotografo cerca di rassicurarla.

Molto suggestiva anche la fuga di Collins attraverso il bosco per raggiungere una isolata casa di campagna dove verrà alla fine catturato dagli alieni.

Analogamente suggestive le atmosfere quando gli alieni entrano addirittura nelle case per portare via gli umani e distruggere le prove della loro presenza che vengono letteralmente smaterializzate.

Un artificio interessante è che quando ci si mette nella prospettiva aliena il cielo compare circonfuso di luce diurna crepuscolare invece che, ad esempio, notturna. La loro visione è “a occhio di pesce”, cioè deformata a 360 gradi.

È come gli alieni “vedono” il nostro mondo.

La scena finale con il decollo del disco volante di notte con lo sfondo di un traliccio elettrico è particolarmente evocativa.

Da notare come l’interno del disco volante sia quello che la Rai ha utilizzato come set per le tre puntate di Racconti di fantascienza di Alessandro Blasetti.

In definitiva un’opera interessante ed originale che –come molte produzioni simili dell’epoca- sente però alla fine il bisogno di contaminare i generi, rafforzando la fantascienza con elementi horror e soprattutto gialli e criminali, come se il genere fantascientifico non si sentisse ancora abbastanza robusto per affrontare da solo il mercato. Purtroppo il film fu realizzato con mezzi limitati, ed infatti mancano proprio quegli effetti speciali che caratterizzarono invece film come quello di Spielberg.

La critica, in generale, è stata negativa, ma pensiamo di poter affermare, ingiustamente.

Due rilevanti eccezioni sono state quella di Danilo Arona che lo recensì sulla rivista Robot appena uscito nel 1978 e quella del critico e regista Luigi Cozzi che nel suo libro “Gli anni di guerre stellari” parla di “trama rigorosa” e “pellicola suggestiva” rivalutando l’opera.