Haran Banjo si costruirà, durante la serie, una famiglia alternativa formata dal maggiordomo

Garrison e dagli assistenti Beauty, Reika e Toppy. Questa famiglia di fatto, surrogato della famiglia originale, annientata dai meganoidi, in conclusione della serie si disgregherà anch’essa davanti alla scelte prese dal protagonista nel regolamento di conti finale su Marte. La vittoria sul campo di battaglia è giunta, ma sembra  non essere sufficiente a cancellare il fallimento familiare della famiglia Haran, che continuerà a perpetrarsi anche con Banjo. Tomino non lascia niente al caso nella costruzione della vicenda, dosando gli indizi e rivelando, al momento giusto all’interno della serie, scorci dell’oscuro passato di Banjo e della sua famiglia, nonché dei comprimari, creando un congegno di intrattenimento perfettamente funzionante, esaltato anche dai misteri irrisolti di cui ne lo staff di autori ne Tomino stesso forniranno mai le risposte invocate a più riprese in questi trent’anni e più, sia dai telespettatori che dai fan più accaniti. Se le trame delle puntate della serie si basano su uno schema fisso, come gli insegnamenti “nagaiani” prevedono per il genere robotico (pretesto narrativo, nemico di turno, scontro tra i robot), Tomino è molto bravo sia in fase di sceneggiatura che in regia a trovare molte varianti originali all’interno dello schema classico, usando tutto il cast di coprotagonisti, in modi anche non “ortodossi”, come, tra l’altro, lo stesso Tomino non rifarà più, con la stessa ricorsività, in nessuna altra serie di cui si occuperà successivamente. Il robot Daitarn 3, pur dando il nome alla serie, spesso e volentieri è relegato in secondo piano rispetto alle vicende dei coprotagonisti sia umani che meganoidi. Assisteremo quindi ad episodi interi dove il robottone non sarà pilotato dal protagonista, ma a turno dai singoli comprimari, se non addirittura da tutti insieme. Assisteremo anche a momenti in cui sarà il protagonista Haran Banjo a venire salvato dal suo staff di supporto, sviluppando e approfondendo diversi spunti “nagaiani” che sino ad allora erano rimasti solo abbozzati. Se Go Nagai è, infatti, il padre del filone dell’animazione giapponese che ha per protagonisti i robottoni, Tomino, invece, traghetterà il genere verso la maturità definitiva individuata nell’espressione real robot e che in Gundam (1979) ha il suo massimo esempio. Daitarn 3, così come il precedente Zambot 3, è però una tappa fondamentale nel processo creativo che porterà Tomino a gettare le basi su cui costruirà Gundam e l’universo dell’ Universal Century. Il protagonista di Daitarn 3 è modellato sull’archetipo dei protagonisti principali dei film e dei telefilm americani e inglesi di genere spy-story degli anni Sessanta e Settanta. Il modello di ispirazione per Haran Banjo è soprattutto James Bond, il personaggio al servizio di sua maestà britannica creato nel 1953 da Ian Fleming. L’Haran Banjo in cui si imbatte il telespettatore sin dalla prima puntata, è un ricco playboy trentenne, affascinante, intelligente, ironico, sicuro di se e dotato di infinite risorse. Nella brochure di presentazione della serie, realizzata dalla Doro Merchandising, Haran Banjo viene inizialmente ribattezzato Joe Tempesta, nome che lascia immaginare quanto anche i curatori della versione italiana furono colpiti dall’accostamento tra il protagonista della serie e la spia più famosa di sua maestà. Rispetto a James Bond, però Banjo non è al servizio della regina, non lavora per una struttura governativa o un servizio segreto. Haran Banjo è un solitario, un cane sciolto che combatte per se stesso, non ha regole o un codice d’onore imposto, segue solo il proprio di codice d’onore e la sua sete di vendetta. L’oro di Marte rubato ai meganoidi, prima di fuggire dal pianeta rosso, lo rende completamente indipendente, spiega e giustifica la lussuosa villa e la disponibilità illimitata di armi e mezzi che gli sono necessari per raggiungere il suo obiettivo quasi ossessivo: annientare l’odiato nemico meganoide. Fortunatamente per gli spettatori italiani, Joe Tempesta non prenderà mai il posto di Haran Banjo.

Il primo episodio di Daitarn 3 ci viene presentato come un sentito omaggio di Tomino alla cinematografia “bondiana” intrisa di “dolce vita”, ironia, inseguimenti, mezzi avveniristici e colpi di scena mozzafiato e ovviamente pieno di Bond-girls, anzi Banjo-girls. Haran Banjo, durante un concorso di bellezza, paravento di losche attività meganoidi, fa il suo trionfale ingresso in scena con un fiammante smoking rosso.