Daitarn 3, nonostante abbia compiuto 30 anni nel 2008, non sente il peso degli anni che passano. La saga fantascientifico-robotica ideata da Yoshiuiki Tomino e da Hajime Yatate (che non è altro che uno pseudonimo collettivo dietro cui si cela lo staff creativo della Sunrise) si distingue dagli altri anime robotici, che costellarono gli anni Settanta televisivi giapponesi  (e successivamente gli Ottanta italiani) per diversi tratti originali che diedero vita ad un mix vincente di elementi narrativi fantascientifici, umoristici, e di azione che a tutt’oggi ne fanno una serie che si è guadagnata di diritto il posto nella “hall of fame” degli anime di tutti i tempi.

Tomino era arrivato a Daitarn 3 dopo essere stato sceneggiatore e regista del meno fortunato (in termini di share televisivo) Zambot 3 con cui si era guadagnato il soprannome de “Il Macellaio” per il finale cruento e per i temi narrativi eccezionalmente sanguinari inseriti nella serie. Leggenda vuole che Tomino debba questa sua vena narrativa tragica, pessimista e sanguinaria, che non risparmia nemmeno i protagonisti, ad un lungo periodo di depressione che probabilmente inciderà su opere successive a Daitarn 3, come Ideon (1980), Dunbine (1983) e Z Gundam (1985). Daitarn 3, invece, godrà di una vena narrativa molto più “solare”, che riuscirà a coniugare dei momenti di comicità, a tratti surreale, alla tragicità di fondo che anima i sentimenti e le azioni di Haran Banjo, protagonista e perno attorno a cui gira tutta la vicenda.

Daitarn 3 è uno dei primi robottoni ad avere un’intera gamma di espressioni facciali; prima di lui pochi hanno avuto una simile caratterizzazione, come Astroganger (1972), e pochissimi lo avranno in seguito, come Daikengo (1978) e Trider G7 (1980), questi ultimi creati secondo un gusto e uno stile sempre più tecnologico, perfezionato e verosimile che si allontanerà dagli elementi portanti su cui era stato modellato Daitarn 3.

Gli anime, e maggiormente quelli robotici, negli anni Settanta, sono permeati dal conflitto familiare, che ha nel binomio conflittuale padre-figlio la sua massima espressione. Ma se negli anime precedenti a Daitarn 3 (come nella Mazinsaga e Gettersaga di Go Nagai, nel Danguard di Leiji Matsumoto, e in diverse delle produzioni Tatsunoko) questa conflittualità tra genitore e figlio è un elemento di contorno rispetto alla trama principale e alla guerra in corso con il nemico di turno. In Daitarn 3, invece, questo tema assurgerà ad elemento centrale. Tomino svilupperà i rapporti familiari nella sua opera in modo diametralmente opposto rispetto al precedente Zambot 3, in cui la  famiglia è un elemento totalmente coeso e lo spirito di sacrificio e abnegazione per la famiglia è fortemente determinante nell’esito finale della guerra contro un nemico alieno, disumano e quasi invincibile nella sua crudeltà. In Zambot 3 i piloti dei tre mezzi, che formano il robot da cui prende nome l’anime, sono tre cugini di primo grado e i comprimari sono tutti i vari membri delle loro tre famiglie, nonni compresi. Nel finale di questa serie, realizzata l’anno precedente a Daitarn, quasi tutti i membri della famiglia protagonista, i Jin, compresi due piloti coprotagonisti, si sacrificheranno, per permettere a Kappei, il primo pilota, di sconfiggere definitivamente la minaccia aliena dei Gaizok e salvare così la terra e i suoi abitanti.

In Daitarn 3, invece, Haran Banjo è un uomo solo, privato degli affetti della famiglia in seguito ai tragici eventi che scateneranno la sua guerra privata contro i Meganoids, e  sarà contro questi cyborg sui quali si rifletterà completamente tutto il suo odio verso il padre Sozo, inventore della tecnologia da cui sono stati originati i suoi acerrimi nemici. Distruggendo i Meganoidi, e raggiungendo la sua vendetta privata, Banjo impedirà agli esseri umani di essere soggiogati dalla loro forza di distruzione, che non solo vuole conquistare il pianeta Terra, ma è stata scatenata soprattutto per trasformare in cyborg tutto il genere umano. Banjo è, quindi, un eroe di riflesso, un combattente che salva il genere umano solo perché questo coincide con l’obiettivo della sua guerra privata. Con l’annientamento dei Meganoidi sarà lavata così l’onta che macchia l’onore della famiglia Haran che è stata distrutta dalle ambizioni e dal risultato degli esperimenti del padre lasciando nel figlio delle ferite interiori profonde, che non guariranno nemmeno dopo la distruzione definitiva di Don Zaucker e Koros.