Dal sanscrito, avatar è l'epifania, la manifestazione della divinità in forma fisica, come in questo caso saprà bene chi ha letto il capolavoro di Zelazny, Signore della luce. In quel famoso romanzo, un gruppo di esseri umani dotati di incredibili tecnologie si poneva all'apice di una teologia di stampo induista potendo assumere connotati divini grazie a una sorta di reincarnazione in una forma diversa del proprio io. È quello che avviene in Avatar di Cameron dove, grazie ai ritrovati del XXII° secolo, il marine Jake Sully può ritrovare la capacità di camminare, correre e muoversi come ogni altro suo simile liberandosi della paralisi che lo affligge come conseguenza del servizio sulla Terra. Jake diventa un avatar: dal suo corpo immobile controlla il suo alter-ego non virtuale ma assolutamente fisico, un incrocio biologico del tutto reale tra un umano e un Na'vi. Tramite l'avatar, Jake deve tentare di essere accettato dalla specie senziente di Pandora al fine di facilitare il compito dei terrestri di assumere il controllo di quel mondo. Simile a Matrix? Cameron smentisce, ed in effetti il concetto è molto diverso: se lì Keanu Reeves restava dormiente in un bozzolo e il suo alter-ego attivo sulla Terra fittizia era del tutto virtuale, qui l'avatar di Jake si muove in un mondo reale e l'ambiente ha effetti reali su di lui. Per la prima volta l'avatar passa dalla pura virtualità che aveva caratterizzato film come Tron o il più complesso eXistenZ di Cronenberg alla fisicità.Il cambio di paradigma che Avatar promette di realizzare è percepibile anche nella diversa interpretazione che Cameron dà delle potenzialità del 3D. Negli ultimi anni i film in tre dimensioni hanno fatto passi da giganti e sono diventati una moda, pur costosa per sviluppatori e spettatori. Puntando tuttavia più sull'intento di meravigliare e stupire il pubblico, prodotti come My Bloody Valentine o il fantascientifico Viaggio al centro della Terra finiscono rapidamente nel dimenticatoio del cinema per la banalità di trame e spunti narrativi. Diversamente, in Avatar l'origine del film sta in un soggetto (per di più abbastanza complesso) e la tecnologia, che lo si creda o no, è solo lo strumento per realizzare quel soggetto. Ciò cambia completamente le carte in tavola e permette allo spettatore di vivere l'esperienza del film esattamente nel modo in cui Cameron desiderava: l'effetto non è semplicemente quello di uno spettacolo che esce dallo schermo e sembra risucchiare il pubblico al suo interno, grazie agli occhialini vintage, ma un realismo garantito dalla modalità di ripresa e dalla tecnologia della pellicola. L'intento è che anche coloro che non potranno vedere Avatar nelle ancora non diffusissime sale attrezzate per il 3D possano sperimentare qualcosa di radicalmente nuovo e sentirsi parte del film. Sono passati i tempi in cui Cameron girava The Abyss all'interno di un'unica immensa vasca riempita di acqua, o l'imponente Titanic in una riproduzione perfettamente identica e ugualmente titanica della nave: ora l'unico limite all'immaginazione diventa l'immaginazione stessa. Qualcosa per cui registi come Spielberg, Lucas o Jackson sarebbero pronti a vendere l'anima al diavolo: non è un caso se Cameron ha concesso loro di visitare il set di Avatar per permetterli di prendere confidenza con la nuova tecnologia, il nuovo regalo che l'evoluzione inarrestabile degli effetti speciali ha donato ai “dream-makers” del cinema contemporaneo.Costato una cifra inimmaginabile, la più alta della storia del cinema, che è aumentata man mano dagli iniziali 120 milioni per sfiorare quota 300 (il costo, su per giù, dell'intera saga del Signore degli Anelli, un progettino certo non da poco), Avatar punta al record. Se Cameron riuscirà a battere se stesso e superare il record mondiale di incassi ancora detenuto dal suo inaffondabile Titanic è difficile dirlo; il giorno della sua uscita mondiale, il 16 dicembre, Avatar ha guadagnato 27 milioni di dollari e nel primo week-end di programmazione ha racimolato in tutto il mondo circa 230 milioni di dollari: nessun record, ma si è nel campo delle cifre non irrilevanti e soprattutto il regista punta a un “effetto Titanic”, ossia una stabilità degli incassi sul lungo periodo che certo dovrà vedersela con la sempre crescente velocità di rinnovo dei film nelle sale cinematografiche. La distribuzione italiana ha posposto l'uscita di Avatar per gennaio, di modo da evitare la tradizionalmente imbattibile concorrenza dei cine-panettoni: segno che comunque si crede nel progetto di Cameron. Avatar tuttavia non è solo film. Nell'era del blockbuster e della multimedialità a 360°, la realizzazione del film è proceduta di pari passo con la realizzazione di un innovativo videogame sviluppato da Ubisoft con la stessa tecnologia della pellicola. I due progetti a un certo punto si sono così fusi insieme che alcuni degli elementi originali nati dalla fantasia del team di sviluppatori sono stati adottati dal regista nel corso della realizzazione del film: anche qui Avatar punta a un nuovo standard, non più il videogioco appendice del film ma due prodotti complementari e quasi speculari.
Il futuro del cinema è sul pianeta Pandora
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