In principio era la fantascienza, e la fantascienza era parte del cinema, e la fantascienza era il cinema. Si cominciò con il muto e con i modellini che permisero di rendere reale (per gli spettatori dell'epoca) le idee di Giulio Verne sulla Luna e la visionaria carica rivoluzionaria di Fritz Lang. Arrivò il sonoro, permettendo a King Kong di emettere i suoi ruggiti e alla bella Helen di rivolgere a Gort la parola d'ordine “Klaatu Barada Nikto”. Il colore rese reale Il Pianeta Proibito e l'Odissea nello spazio di Kubrick. Poi arrivò George Lucas e le cose cambiarono: non fu più il cinema a dettare il passo delle rivoluzioni, ma la fantascienza a cambiare il modo di fare il cinema. Gli effetti speciali della Industrial Light&Magic realizzano vere e proprie pietre miliari della storia del grande schermo: da Star Wars a E.T. fino a Jurassic Park. Comincia a farsi strada il digitale e la computer-grafica, che rende tutto un po' più finto e un po' più reale, sfuma i contorni che definiscono verità e illusione, permette di esagerare, di strafare: ancora Lucas con la sua successiva trilogia, poi Peter Jackson cambia tutte le carte in tavola e compie autentici miracoli. Ma silenziosamente, all'inizio con molta difficoltà, inizia a emergere qualcosa di radicalmente nuovo: è il 3D, che permette di realizzare l'impensabile, di immergere quasi concretamente lo spettatore nel film. Gli esordi di questa tecnologia nel cinema sono lontani, ma solo negli ultimi anni i progressi sono stati tali da permettere al 3D di affermarsi come nuova frontiera del cinema. Nel 2009, James Cameron è riuscito così a portare a termine l'opera di una vita, la cui gestazione è durata tredici anni. Avatar, il suo ultimo film, vuole stabilire il nuovo metro di giudizio e rivoluzionare per sempre la storia del cinema e della fantascienza.
James Cameron è un uomo che con la fantascienza ci ha vissuto e lo dimostra il suo curriculum: Terminator, Aliens, The Abyss, Terminator 2, la serie TV Dark Angel. Con Avatar Cameron ha deciso di fondere tutte le suggestioni della letteratura e del cinema di genere allo scopo di ritornare ai “fondamentali”, all'ABC della fantascienza: l'alieno, la colonizzazione, lo spazio, gli strani e nuovi mondi, la tecnologia, il sense of wonder. Soprattutto quest'ultimo è l'ingrediente che rende Avatar un prodotto completamente nuovo: il frutto di un laborioso progetto di “world-building” che ha permesso a Cameron di dare vita nel senso proprio del termine a un mondo nuovo. Specie aliene minuziosamente concepite nelle loro caratteristiche biologiche e sociali, una lingua aliena dotata di fonetica e grammatica al punto da candidarsi per diventare il nuovo “Klingon” della fantascienza, addirittura una colonna sonora (realizzata da James Horner) che tiene conto della possibilità di sviluppare una cultura musicale 'altra', diversa dall'esperienza terrestre, perfettamente integrata in una società aliena. Tutto questo è Avatar. Per completare il senso di spaesamento dello spettatore che si cala nel mondo violento di Pandora, nel sistema di Alpha Centauri, James Cameron utilizza le tecnologie più innovative affinché sia impossibile capire dove finisca il reale e cominci il fittizio, il prodotto della computer-grafica. Per semplificare il compito, alla base c'è la più semplice delle storie, l'amore contrastato tra un umano e un'aliena: per sottolineare che anche nel più assurdo degli universi resiste l'elemento primordiale di ogni vita. In Avatar il ruolo del world-building assume un'importanza ben maggiore della stessa trama, che del resto potrebbe facilmente essere sintetizzata come una versione fantascientifica del precedente kolossal di Cameron, Titanic. Il mondo di Pandora non è un semplice sfondo ma ciò che deve colpire l'attenzione e l'immaginazione dello spettatore con un obiettivo di fondo: che tutto sembri assolutamente plausibile. Lo scopo del film, ha spiegato il regista, è far sì che all'uscita dai cinema il pubblico sia convinto che nulla poteva andare diversamente, che tutto nel variegato mondo di Pandora è corretto e al posto giusto, come lo è sulla Terra. Dai Na'vi, la specie senziente e umanoide dalla pelle blu, alle numerose e incredibili specie animali che convivono nell'enorme foresta pluviale che ricopre la grossa luna, passando per la lingua, la cultura e la struttura sociale.
14 commenti
Aggiungi un commentoLa storia d'amore tormentata tra due persone provenienti da "mondi" diversi è vecchia quanto il mondo, e la ritroviamo in "Avatar", come in "Titanic" come in tantissimi altri film.
Visto. La trama non era niente di originale, ma era magnifico tutto quello che ci stava intorno. Interessante anche l'allegoria. Oltre ai sentimenti, non manca poi il sense of wonder e le meraviglie dell'ecosistema di Pandora. Anche lì però niente di super originale. L'insieme però è riuscito. Avrei preferito solo degli alieni (pardon, indigeni, gli alieni sono gli umani) meno "umani", ma molti spettatori avrebbero fatto più fatica ad identificarsi. Pazienza.
Avatar deluderà chi cerca una storia originale e complessa (ma il primo Alien che trama aveva?), mentre piacerà a chi apprezza anche altre cose.
Visto, in ritardo, e anch'io deluso dalla storia. L'autore dell'articolo ha spiegato cosa intendeva per "soggetto" e da quel punto di vista l'ambientazione è esteticamente ottima, direi pure meravigliosa, complessa, geniale... ma la trama... secondo me non è tanto un "Titanic" fantascientifico ma un "Balla coi lupi", un "Soldato blu", un "Pocahontas" (si scrive così?).
L'iniziale presentazione del protagonista, con la sua paralisi, mi aveva ben impressionato, fino alla comparsa degli avatar... ma poi la vicenda diventa prevedibile. Di certo non complessa.
Un'idea (senza mercato): Non poteva l'autore inventarsi uno pseudo-documentario? Inventarsi un mondo, una cultura, flora, fauna, evoluzione... senza una storia. Oppure con tante piccole storie. Bo...
Tornando alla non originalità del "soggetto" mi viene in mente che il precursore di queste tematiche è stato Tex Willer col suo avatar "Aquila della notte".
Un saluto, Sam.
Luci ed ombre di un film che mescola vecchio e nuovo in tutto: struttura classicissima alla pochaontas (contatto iniziale - idillio - tragedia - eroismo finale), tecnologie CGI e 3D, quest'ultima abbastanza discutibile, e messaggi eco-mistici.
In realtà mi è sembrato di vedere un esorcismo della tragedia dei nativi americani che ancora sembra causare incubi ai discendenti di chi ha sterminato quei popoli.
Il film si salva perchè punta su sentimenti fondamentali della nostra cultura, compassione, amore, sacrificio e bellezza, e per il tanto mestiere del regista.
Il tema per me più interessante è quello dell'interazione uomo-avatar in cui è l'avatar con le sue nuove esperienze a prendere il controllo dell'uomo che avrebbe dovuto controllarlo. MC
il messaggio che ci viene lanciato dal film è: "se non fai parte di facebo...ehm...se non fai parte della rete di anime che connette il pianeta, non sarai felice."
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