Non possiamo concludere questa panoramica degli anni Ottanta senza citare l’autore più importante della schiera, quel William Gibson che ha spalancato nuovi orizzonti non solo alla letteratura di genere ma al mondo stesso in cui viviamo. Nel già citato Neuromante (Neuromancer, 1984 ), Gibson riprende l’idea della rete globale già prefigurata nei suoi racconti dello Sprawl e la dispiega in tutta la sua potenza: in questo modo il cyberspazio diventa un’entità vivente, concreta, quasi palpabile materialmente attraverso la carica evocativa della parola. Ma non è ancora giunto allo stadio finale della sua evoluzione, che si compirà solo grazie alla lungimiranza (e al desiderio di riscatto) di una Intelligenza Artificiale ribelle. Nei romanzi successivi della Trilogia l’evoluzione delle ia come rappresentazione autocosciente della matrice prosegue, ma resta relegata sullo sfondo degli eventi che coinvolgono una galleria caleidoscopica di personaggi. In Giù nel cyberspazio facciamo la conoscenza di Angie Mitchell, figlia di uno scienziato che ha sperimentato su di lei degli impianti per l’amplificazione cognitiva, mentre nel seguente Monna Lisa Cyberpunk ;; Bobby Newmark ha ridotto la propria esistenza all’identità di cowboy della rete che un tempo gli forniva solo un alter ego. Attraverso un sofisticatissimo hardware cibernetico chiamato Aleph, Bobby vive connesso senza interruzioni alla rete e si è così trasformato nel primo vero colono umano del cyberspazio, un precursore per l’umanità ormai proiettata verso il passo finale. Se la matrice di Neuromante rifletteva lo spostamento dell’attenzione dall’oggettività della materia alla percezione soggettiva di spazi virtuali resi oggettivi dalla condivisione, al termine di questa scorribanda letteraria la tensione al divenire che è propria della storia e del mondo si è ormai esaurita, risolta in un concetto che si lega alla Singolarità imminente.

Augmented reality, personalità digitali, droghe per il potenziamento psichico e nanotecnologie sono invece intessute nell’ordito dell’intricatissima Trilogia del Ponte: i tre romanzi successivi di Gibson (Luce Virtuale, Aidoru, American Acropolis ), ambientati a cavallo tra la prima e la seconda decade del XXI secolo, in cui Gibson continua a esplorare gli scenari del collasso ecologico, della globalizzazione e della società della comunicazione di massa avvalendosi di scenari più vicini alla nostra esperienza quotidiana.

 

Per quanto variegata e complessa possa apparire la galassia dei precursori del postumanesimo fin qui descritta, il discorso sulle conseguenze dei cambiamenti radicali ipotizzati per le sorti del genere umano è ancora lungi dall’esaurirsi. Lo dimostreranno gli autori che, a partire dalla prima metà degli anni Novanta e operando in un contesto di superamento del cyberpunk, daranno vita al filone postumanista così come esso è solitamente inteso.

Oltre la Singolarità, sul bordo dell’infinito

Nel 1992 esce in America Universo incostante (A Fire Upon the Deep, pubblicato in Italia dalla Nord), rutilante affresco di una Galassia affollata di civiltà aliene, fazioni postumane e manufatti senzienti, che nel 1993 vincerà il premio Hugo.

Un anno prima di divulgare il suo famoso e controverso saggio sulla Singolarità Tecnologica, Vinge immagina una Via Lattea divisa in quattro diverse zone, ognuna caratterizzata da proprie leggi fisiche. Nelle due zone più interne (le Profondità Imponderabili e la Zona Lenta) la velocità della luce rappresenta una barriera che pone un limite invalicabile all’avanzamento tecnologico delle civiltà che vi risiedono. Oltre abbiamo l’Esterno, una zona piuttosto vasta in cui la luce non è più una costante e avanzatissimi stadi di civiltà sono possibili; al di là dei suoi mutevoli confini ci si addentra nella Trascendenza e l’universo acquisisce proprietà eccezionali: in quanto sistema d’informazione, può giungere addirittura a sviluppare autoconsapevolezza. Su queste premesse Vinge imbastisce una storia emozionante seguendo un manipolo di lontanissimi discendenti dell’uomo e di credibilissime specie aliene nel loro pellegrinare tra i mondi, nel tentativo disperato di salvare l’universo da una minaccia rimasta in letargo per eoni e ora risvegliatasi, una Potenza (forma sintetica di coscienza, appunto) classificata come Perversione di Classe Due, ma che si scoprirà presto nascondere insidie ancora peggiori delle più nefaste previsioni. E questo è solo l’inizio di una scorribanda senza tregua in cui Vinge riporta in auge il sense of wonder delle origini, sperimentando sofisticate forme d’ibridazione con quella che sulla carta avrebbe dovuto essere la sua nemesi storica: il cyberpunk.