Cammo: Abbiamo sempre, per rispetto, sottoposto le nostre tavole a Luciano perché non avevamo comunque nessuna intenzione di stravolgere la sua opera, anzi al contrario ci tenevamo che fosse il più fedele e vicino possibile a quella che poteva essere la sua visione originale. Non ci siamo mai comunque trovati in disaccordo da come lui stesso si era immaginato lo sviluppo della storia. Quando ho dovuto dar una faccia ed una fisionomia a DiFo e Natura gli ho chiesto, per esempio, chi avrebbe scelto se avesse dovuto dare la parte a degli attori, lui mi ha dato qualche indizio (per DiFo, il protagonista maschile, un misto fra Bob Dylan e Adrien Brody), su cui poi ho lavorato in assoluta libertà. Sui vestiti dei personaggi invece è stato fondamentale il tocco di mia moglie, Jessica, che è riuscita a suggerire dei tratti distintivi per le semplici tute bianche che pensavo di far indossare loro per comunicare un’idea di uniformità, di negazione dell’identità individuale.

Matteo: Non volevamo sovrastare la storia, ma scorrere assieme a lei visto che il “lavoro sporco” l’aveva comunque fatto Ligabue.

Cammo: Anche se alcuni fan si sono stupiti del fatto che DiFo non assomigliasse a Luciano… Penso che ognuno si immagini un personaggio con le fattezze che preferisce, normale che alcuni abbiano sovrapposto il volto di Luciano a quello di un suo possibile “alter ego” frizionale.

Matteo: …anche se io non ce lo vedo con addosso la tutina di DiFo… e credo che Luciano la pensi allo stesso modo.

Adesso che avete assaggiato il genere avete altri progetti in previsione?

Matteo: Senza contare la “fantascienza realista” degli Scorpioni del deserto (ambientato nell’Africa del 1941), nell’immediato nulla all’orizzonte.

Cammo: Pensiamo entrambi però che l’universo di Luciano meriti di essere sviluppato. La neve se ne frega ci ha lasciato la passione per un mondo in cui abbiamo messo una parte di noi. Fra l’idea del progetto e la sua realizzazione abbiamo avuto il tempo per farci suggestionare da possibili sviluppi di questa suggestiva ambientazione, su cosa potesse essere accaduto cinque o dieci anni prima della storia narrata nel romanzo, o su cosa eventualmente potesse accadere dopo. Su come avessero attuato l’inizio del Piano Vidor o sul Livello Opal…

Matteo: …dopotutto Luciano ha elaborato quanto gli era necessario per realizzare la sua storia lasciando il resto dell’universo narrativo incompleto e volontariamente più “vago”. Una cosa su tutte mi ha affascinato nell’approcciare questo genere di fantascienza: il concetto di anticipazione su tecnologie e stili di vita…

Cammo: …e la sua capacità di sdoganare idee in un progresso naturale.

Alcuni hanno trovato la trama un po’ scontata: avete avuto la stessa impressione realizzandola?

Matteo: Non è sicuramente una storia che vuole sorprendere, non ti vuole “stupire con effetti speciali” ma semplicemente parlare di personaggi. Se fosse un film sarebbe un film europeo più che americano. Una storia intima che parla delle insicurezze del nostro tempo, concentrata sui sentimenti che oggi vediamo sommersi sempre di più dall’informazione di massa e dalle tecnologie.

Cammo: I personaggi hanno emozioni che sono sviluppate su più piani ed intrecciate in modo sofisticato. Te li immagini puri ma li scopri comunque umani, lì sta la bellezza di una storia che al momento giusto riesce a tenerti col fiato sospeso e a stupirti.

Matteo: Ho steso le centoventi pagine della sceneggiatura in poco meno di due mesi e sulle ultime ero triste perché stava terminando il lavoro. E’ stato un progetto, come direbbe Luciano, “fatto con le budella” e capace di creare in chi ci ha lavorato e — si spera — in chi lo ha letto emozioni forti.