"Non mi interessava tanto offrire una visione drammatica del futuro, quanto piuttosto dare una visione realistica del presente." Il regista Alfonso Cuarón spiega: Children of Men - I figli degli uomini è una pellicola dalla forte valenza politica che riflette su tematiche quali immigrazione, ecologia e ricchezza del mondo. "Non volevo dare vita a un film di fantascienza convenzionale ed è straordinario che la Universal mi abbia dato tanto fiducia nel realizzarlo." Interpretato da Clive Owen, Julianne Moore, Peter Mullan e Chiwethel Ejofor, la pellicola capolavoro dell’autore di Y tu mama también e Harry Potter e il prigioniero di Azkaban è ambientato in un'epoca in cui non nascono più bambini e in cui il mondo sta per fronteggiare la sua fine tra guerre, carestie, un enorme disastro ecologico e una profonda devastazione sociale.

Come ha usato la chiave fantascientifica per questa storia?

Il futuro è solo una convenzione: a me interessava che il pubblico si sentisse nel presente. Per questo motivo abbiamo scelto il 2027 quando si tratta di un'epoca relativamente vicina per immaginare il mondo del futuro e sufficientemente lontana per 'mascherare' agli occhi del pubblico il presente. Children of Men - I figli degli uomini è popolato da icone e immagini parte integrante della coscienza di tutti noi uomini. Non volevamo una fantascienza che lanciasse delle ipotesi riguardo il futuro. Volevamo riflettere sul presente.

Perché ha voluto cambiare il romanzo originale?

Per me era molto difficile tirare fuori un film dal romanzo di P.D. James per così come era. La premessa, invece, era molto interessante. Un argomento che per una settimana intera ha convissuto nella mia testa come un fantasma. Un giorno, mentre mi trovavo in spiaggia, mi sono arrivato a domandare perché questa premessa mi interessasse così tanto e mi avesse colpito così in profondità. Non mi ha mai interessato davvero realizzare un film di fantascienza, ma la premessa era estremamente allettante da potere utilizzare. Era una metafora perfetta della crescente mancanza di speranza dell’umanità di oggi e mi sono reso conto che mi avrebbe offerto la possibilità di realizzare un film sullo Stato delle cose e su come va il mondo oggi in questi primi anni del ventunesimo secolo. Il mio primo obiettivo era quindi esplorare lo stato delle cose e il tema dell’immigrazione è andato subito in cima alla classifica delle cose che volevo raccontare. L’altro tema che mi premeva toccare era quello dell’ambiente. Volevo dare vita ad una storia che onorasse questi elementi in maniera degna. Del resto la questione dell’immigrazione, il campo profughi e il personaggio stesso della ragazza nera non sono affatto considerati nel romanzo di James.

Il meccanismo di raccontare il presente attraverso una storia ambientata nel futuro è, però, proprio di tutti i grandi film di fantascienza come Fahrenheit 451

Abbiamo cercato qualcosa del genere, ma con un certo aggiustamento di tiro. I grandi film di fantascienza parlano del presente attraverso una metafora del futuro: iconograficamente si parla del laser, per riferirsi piuttosto alle armi atomiche. Per esempio in Atto di Forza – Total Recall di Paul Verhoven si raccontava delle miniere di Marte per riflettere, invece, sullo sfruttamento e sull’oppressione dei poveri di oggi della Terra. Noi, invece, volevamo che la storia diventasse una sorta di stampella per appendervi sopra elementi differenti. L’importante erano gli elementi che volevamo appendere non la stampella che volevamo utilizzare. Tutti i riferimenti presenti nel film non sono inventati: non si tratta di temi di fantasia, ma di elementi sociopolitici appartenenti all’oggi. Bagdad, il nord di Sri Lanka, l’Irlanda del Nord, la Somalia, Chernobyl e i disastri ecologici di India e Messico sono tutti presenti in questo film. Noi che queste cose le vediamo in televisione non siamo abituati ad immaginare tutto questo in un microcosmo come può essere la Londra e la Gran Bretagna.Sono d’accordo: la grande fantascienza parla sempre di oggi, ma la scommessa che abbiamo voluto fare è stata quella di inserire questi argomenti in un modello iconografico insolito. Per questo motivo quando ho incontrato i concept artists responsabili dei set, ho cassato subito i loro bozzetti e i loro disegni di un mondo futuribile. Gli ho fornito le foto di quella che era la mia ispirazione: Bosnia, Iraq, Palestina e Somalia. Gli artisti che lavoravano con noi erano dispiaciuti. Non si trattava più di creare un universo quanto - piuttosto - di adattare il nostro mondo a quello del film.

Quindi lei conviene che Children of Men – I figli degli uomini è un grande film di fantascienza?

Nella misura in cui il viaggio che volevamo fare compiere allo spettatore è alla volta dell’oggi. E’ un viaggio all’interno della nostra realtà di adesso. Non un viaggio all’interno di una metafora su quello che succede oggi. Tutto quello che si vede nel film è vero o rispecchia il senso di terrore che certi luoghi ispirano. Posti come Abu Graib e Guantanamo. E’ drammatico da pensare, ma il mondo, dagli orrori nazisti della Seconda Guerra Mondiale, ha appreso molto poco. Ritorna alla stessa situazione cercando una giustificazione di natura ideologica. Se io e lei avessimo discusso trenta anni fa di un mondo in cui gli americani hanno abbattuto il Muro di Berlino, ma ne hanno costruito un altro tra Messico e Usa, hanno sospeso i diritti civili e costruito campi di concentramento per presunti nemici, avremmo parlato di una svolta ‘fascista’ della nazione più democratica del mondo? Ebbene questo è quello che accade oggi, quando l’America ritiene di essere ancora una grande Democrazia. La cosa interessante è che la giustificazione ideologica che forniscono i protagonisti del mio film è che le azioni orribili che compiono sono ‘per salvare la civiltà’. Abbiamo preso ispirazione da quello che dicono gli uomini di Bush: “questo non è uno scontro di civiltà, ma uno scontro ‘per’ la civiltà.” Oggi il concetto stesso di civiltà è diventato un appannaggio personale di alcuni politici.

V per Vendetta, uno dei più grandi capolavori del cinema politico degli ultimi anni è come Children of Men – I figli degli uomini ambientato in una Gran Bretagna precipitata nel totalitarismo. Un po’ come il Riccardo III di Richard Loncraine con Sir Ian McKellen. Una coincidenza?

I nostri film sono molto diversi tra loro: il marchio politico appartiene ad epoche differenti. V per Vendetta è un film in cui i protagonisti appartengono al ventesimo secolo. In particolare il dittatore di quel film è l’emblema del secolo scorso. Nel mio film, invece, ci troviamo in pieno ventunesimo secolo. La ‘mia’ Inghilterra non è una dittatura, ma una democrazia. Il governo in carica è stato eletto democraticamente dai votanti inglesi che hanno dato il mandato su come operare nei confronti di determinati problemi. Il problema è che la maggioranza degli elettori non rappresenta quella vera del paese. Inoltre c’è un’altra questione. Nel ventunesimo secolo la democrazia è diventata la grande parola che giustifica tutto. Il Messico, in questo senso, ha precorso i tempi. Per ottanta anni è stato una democrazia retta su un unico partito…un modello perfetto per quello che accade oggi. Oggi le dittature hanno la maschera della democrazia.

In che senso?

Di quali democrazie stiamo parlando? Di quella americana e inglese in cui la scelta si limita a due partiti solo? E’ questa la democrazia? Il bipolarismo dato da due facce della stessa medaglia? La democrazia non dovrebbe essere sinonimo di un pluralismo che si basa su strutture meno centralizzate? Altrimenti in questo senso perfino l’Iraq sarebbe un paese democratico…la parola stessa ‘democrazia’ ha perso di significato. Il pericolo più grosso del ventunesimo secolo è proprio questo: che le parole perdino il proprio senso…. “Dire qualcosa di democratico” è molto facile… facile quasi quanto cambiare una parola da ‘tortura’ ad ‘abuso’…