Robert Sheckley e l’Italia: un rapporto d’amore reciproco. Più volte ospite nel nostro paese, lo scrittore americano ha avuto diversi “incontri ravvicinati” con il mondo della fantascienza italiana. Uno dei primi fu un incontro con Franco Enna, in occasione della fine delle riprese del film La Decima Vittima (1965) di Elio Petri, dal quale scaturì un’intervista per un’antologia di racconti di fantascienza che lo scrittore italiano curò per la Garzanti. Senza contare che il racconto da cui fu tratto il film, che s’intitolava La Settima vittima (Seventh Victim), era stato antologizzato da Sergio Solmi e Carlo Fruttero per l’antologia Le Meraviglie del Possibile già nel 1959, raccolta che peraltro era la prima di fantascienza nel nostro paese. Poi, nel 1977, Sheckley partecipò come ospite d’onore, insieme ad un altro grande della science fiction come Brian Aldiss, allo S.F.I.R. (Science Fiction Italian Roundabout) IV, la più importante convention di fantascienza, che si svolgeva a Ferrara. Ancora, negli anni Novanta, la sua stretta amicizia con il nostro Roberto Quaglia ha fatto sì che lo scrittore americano soggiornasse più volte nel Bel Paese. Naturale, quindi, che Sheckley instaurasse un particolare rapporto con l’Italia e con molti di coloro che hanno a loro volta fatto la storia della fantascienza in Italia.

Abbiamo così chiesto a Vittorio Curtoni, Giuseppe Lippi, Vittorio Catani e Silvio Sosio di parlarci sia dello Sheckley scrittore sia dello Sheckley persona. Il ritratto che ne viene fuori è quello di un grande scrittore, ma anche di un personaggio schivo e tutto sommato disincantato nei confronti di quel genere letterario che l’ha reso famoso agli occhi di tanti appassionati in tutto il mondo.

Il giudizio su Sheckley come autore è praticamente unanime: Vittorio Curtoni, curatore della storica rivista Robot, gli assegna un posto d’onore nella storia della fantascienza e ne segnala anche la sua vena caustica e paradossale.

“Negli anni Cinquanta e Sessanta, su riviste come Galaxy e If, - spiega il curatore di Robot - Sheckley fu uno degli inventori della cosiddetta fantascienza sociologica, con

Vittorio Curtoni (a destra) con Robert Sheckley
Vittorio Curtoni (a destra) con Robert Sheckley
racconti e romanzi che spostavano il fulcro della narrazione dallo spazio interstellare all'uomo. I suoi personaggi sono essenzialmente individui del futuro che si trovano a vivere all'interno di società con difetti macroscopici, dove la vita ha un valore molto relativo e il capitalismo ha avuto partita vinta, sicché si può uccidere o essere uccisi in forma perfettamente legale, giocando con la morte (nel celeberrimo La settima vittima, dal quale fu tratto un film di Elio Petri con Ursula Andress e Marcello Mastroianni), si può arrivare a una mercificazione totalmente disumanizzata dell'amore (Pellegrinaggio alla Terra), si può avere come unico compagno in punto di morte un robot dolcissimo (Requiem). Le paradossali, grottesche invenzioni di Sheckley – continua il curatore di Robot - sono innumerevoli; e ciò che le distingue dall'opera di tanti altri autori è l'immenso senso dell'ironia, del surreale, dell'umorismo, tratti che gli hanno permesso di raccontare miserie e tragedie della condizione umana prossima ventura (ma con radici ben salde ed evidenti nel nostro presente) lasciando il sorriso sulle labbra del lettore. Era un sommo, sornione giocoliere di parole e d'idee, un erede della vena caustica di Jonathan Swift, all'interno di un genere che predilige i toni seri, compassati, e questo gli ha fatto assumere una posizione di spicco piuttosto atipica”.

Anche Giuseppe Lippi - curatore di Urania, la rivista che ha pubblicato praticamente la maggior parte dei racconti e dei romanzi dello scrittore americano - sottolinea l’importanza dello Sheckley scrittore, senza dimenticare l’uomo.