Il successo italiano e mondiale di The Exorcism of Emily Rose non coglie di sorpresa chi aveva visto il film in anteprima al Festiva di Venezia. Intelligente e arguta, la pellicola diretta dall’esordiente Scott Derrickson che l’ha scritta insieme a Paul Harris Boardman è un classico istantaneo, interessante e capace di fare riflettere lo spettatore sul rapporto tra fede e ragione, tra anima e scienza.

La qualità della scrittura è quella che colpisce di più nel vedere il vostro film…

Scott Derrickson: Quando siamo venuti in contatto con la storia vera, quello che ci interessava prendere a prestito era l’idea di un horror che entrasse in qualche maniera in un’aula di tribunale. Qualcosa che non era mai stato fatto prima in questi termini. Una sfida interessante che ci piaceva provare. Non è stato facile, perché oltre a combinare l’elemento del legal thriller all’horror, volevamo anche frammentare al massimo la narrazione. Alla fine, però, spero che siamo riusciti a prendere la struttura di base di un horror con tutta la sua tensione e scaricarla in un’aula di tribunale dove si respira un’atmosfera differente, ma ancora carica di attesa. Una tensione non più emotiva, bensì di natura intellettuale.Paul Harris Boardman: Ci siamo rifatti a quello che è successo in Germania anche per quello che riguarda il verdetto dinale. Abbiamo fatto una serie di ricerche giuridiche per arrivare a questo finale a sorpresa, ma possibile almeno in America. Eravamo interessati a dimostrare di avere fatto bene i nostri studi, al punto che abbiamo fatto verificare la verosimiglianza della sceneggiatura da parte di alcuni esperti in campo legale.

Il film fa pensare al classico E l’uomo creò Satana con Spencer Tracy…

Scott Derrickson: A differenza di quello che sono spesso gli horror oggi, ci interessava che tutta la trama fosse molto curata e dettagliata. Spesso i film del genere tralasciano dei dettagli. Cosa che non abbiamo fatto e – soprattutto – abbiamo ‘temuto’. Dopo una sceneggiatura lunghissima l’abbiamo concentrata in molte pagine di meno, curando ogni singola sfumatura. Quello che ci interessava era approfondire tutti gli elementi legali e orrorifici, così come umani e spirituali.Paul Harris Boardman: Oggi in America la religione è una questione politica molto polarizzata. C’è un’attitudine all’idea ‘ o con noi o contro di noi’. A noi interessava qualcosa di diverso, portando la religione ad una riflessione di natura personale e spirituale con un film che esamina questo argomento non da un punto di vista politico, ma scientifico e spirituale. Non abbiamo mai avuto intenzione di fare alcun tipo di predica…

Il tono del film è un po’ teatrale…

Paul Harris Boardman: Sì, ma questo deriva dal fatto che un’aula di tribunale è decisamente un palcoscenico straordinario con degli attori sui generis.

Parliamo del rapporto con L’esorcista

Scott Derrickson: Per me è l’horror più spaventoso della storia del cinema nonché il mio primo film. In tanti hanno cercato di dare vita ad una sua semplice imitazione, ma credo sia impossibile. Per me era importante dare vita a qualcosa di differente rispetto a quel capolavoro… il rischio del fallimento è possibile, perché se cerchi un confronto con un film del genere, è inevitabile che tu perda. L’unica strada per fare un film del genere è cercare qualcos’altro. Il realismo è l’unica chiave per approcciare un soggetto del genere limitando i danni. Eravamo ossessionati dall’evitare il più possibile gli effetti speciali, che sono ormai qualcosa di scontato per il pubblico. Molta delle riuscita del film si deve al talento di Jennifer Carpenter, al modo in cui riusciva a torcere il suo corpo e a usare la sua voce. Al provino è stata sensazionale: quando l’abbiamo vista abbiamo capito che non avremmo trovato un’altra attrice capace di realizzare espressioni tanto inumane. Ci ha spaventato molto. Anche dal punto di vista del suono è un film molto classico con una colonna sonora volutamente manipolatrice. Una grande influenza per me è Suspiria di Dario Argento che ho mostrato al direttore della fotografia Tom Stern che – in genere – lavora con Clint Eastwood. Tutte le urla che si sentono nel film sono di Jennifer e spero di potere inserire la sua audizione tra gli extra del Dvd.

In questo senso va la scelta degli altri attori?

Scott Derrickson: Sì, perché sono attori fortemente radicati nella realtà. Sia Laura Linney che Tom Wilkinson sono interpreti bravissimi che donano a qualsiasi film una grandissima credibilità.