3. Il tema, finalmente. Un incontro ravvicinato "classico"

H.G. Wells
H.G. Wells
Di alieni giunti sulla Terra si parla da millenni, sia pure in opere che non potrebbero essere, a rigori, definite di fantascienza. Si prenda il romanzo di Voltaire Micromégas (1752), solitamente assimilato al genere: vero che immaginava la venuta di alieni, ma gli intenti dell'autore erano diversi da quelli della moderna sf. Prevaleva una problematica ideologica e sociale, molto spazio avevano la riflessione (se non una serrata indagine) filosofica e religiosa; la tecnologia (meglio, la scienza) era appena sfiorata; continuava a trasparire la visione di un mondo praticamente immutabile (laddove sappiamo che proprio l'accelerazione vorticosa del modo di vita legato alle nuove tecnologie, accelerazione esplosa nel XVIII secolo con la Rivoluzione Industriale, è stata il più potente stimolo allo sviluppo della fantascienza moderna). Micromégas resta un'opera breve molto interessante, che vale ancor oggi una lettura. In tempi più vicini a noi incontriamo "papà Jules Verne", che però degli ET doveva fidarsi pochissimo, giacché nemmeno li cita. E tuttavia... Certe intuizioni fugaci su un non roseo futuro delle classi povere in Le Indie nere, o la popolazione incontrata "al centro della Terra", le creature "uomo-bestia" del dott. Moreau, pare quasi annuncino quella "umanità diversa e non umana" (come scrive Jean Gattégno in Saggio sulla fantascienza, Fabbri, 1973) che Wells per primo rappresenterà con dovizia di dettagli.

E' anche per motivi di questo tipo che, come primo esempio di alieni giunti sulla Terra, preferisco citare un'opera vecchia ma vicina a noi in tutti i sensi: La guerra dei mondi, di Herbert George Wells. Romanzo apparso a puntate nel 1897, con successiva edizione in volume, e in Italia tradotto nel 1930. La descrizione che Wells faceva degli invasori marziani, giunti sulla Terra per appropriarsene e distruggere i terrestri, è rimasta storica:

L'oleosa pelle bruna, la caratteristica bocca a V con il labbro superiore puntuto, l'assenza di arco sopracciliare, la mancanza di mento sotto il labbro inferiore a cuneo, l'incessante tremolio della bocca, l'intrico di tentacoli medusei, il respiro reso ansimante dall'atmosfera insolita, la palese goffaggine e fatica dei movimenti per la maggior forza gravitazionale della Terra e, soprattutto, la straordinaria intensità degli enormi occhi, erano a un tempo vitali, profondi e disumani, paralizzanti e mostruosi.

Secondo il critico inglese Brian Aldiss, gli extraterrestri wellsiani "non sono esseri privi di Grazia, ma decaduti dalla Grazia". Il loro aspetto e il loro modo d'agire riassumono un dualismo in cui si fondono tratti fisionomici disumani e una malvagità disumana, paragonabile alla componente bestiale del Dottor Jekyll di Stevenson.