Nei miei romanzi compaiono spesso guerre e militari, e un mio saggio di prossima uscita racconterà la storia dei soldati lombardo-veneti dell'esercito austriaco: il bello è che sono un individuo sostanzialmente mite e pacifico.

Anche io sono un uomo pacifico. E' per questo che i miei personaggi hanno sempre delle grosse pistole sotto l'ascella. Concludendo?

Concludendo, per un romanziere la cultura è come il maiale per il contadino: non si butta via niente e tutto prima o poi finisce utilizzato.

Bene, veniamo al punto, il Premio Urania è dedicato alla fantascienza, come e in quali circostanze ti sei accostato a essa e al fantastico?

Pensa che da bambino e anche da ragazzo avevo un sacro terrore di film e romanzi di fantascienza. Giuro: veramente, mi angosciavano. Non ricordo quale fu il primo romanzo che lessi; a Padova, dove frequentavo l'Università, c'era - e credo ci sia ancora - una bancarella dove vendono Urania usati; li acquistavo per leggerli durante il viaggio in treno. E' stata la rivelazione di un mondo; nel gruppo di amici di allora, poi, c'erano altri appassionati come me alla fantascienza, e ricordo che passavamo le sere fino ad ora tarda ad accapigliarci sui nostri libri preferiti.

Quali sono i tuoi autori preferiti?

Credo di essere un buon lettore, non solo per esigenze professionali, ma anche per passione; eppure, devo confessare che su dieci libri che riesco a leggere, otto sono saggi e solo due romanzi. Fra i miei autori prediletti naturalmente i nostri classici: hai mai pensato che razza di saga fantascientifica si potrebbe impostare lavorando sull'Orlando Furioso di Ariosto? viaggi spaziali, realtà virtuale, rapimenti, inseguimenti, duelli. Altro che Lucas! Poi il buon vecchio Manzoni, che non fa mai male, Svevo, un po' di Pirandello, i narratori della resistenza, della guerra e della deportazione, come Fenoglio, Levi, Rigoni - Stern, più tutti quelli che ho dovuto leggere per affrontare gli esami di concorso; fra gli stranieri, Isaac B. Singer, il cantore del mondo perduto dell'ebraismo yiddish, l'ironico Kundera, il nostalgico J. Roth, e qui mi fermo, tanto so già che, appena terminata l'intervista, mi chiederò come ho fatto a dimenticarmi qualche lettura fondamentale.

E nella fantascienza? Hai degli autori preferiti, qualcuno che consideri un tuo autore di riferimento?

Se posso esprimere un parere, non è certo il più grande, ma il mio autore prediletto è sempre stato Poul Anderson. Certo, Asimov, Bradbury, Dick, Farmer, tanto di cappello, ma quel perplesso Uggeri Danese che si aggira nel mondo dei paladini, il viaggio agli Inferi del licantropo e della moglie strega, i tristi canti delle forze d'occupazione marziane sulla Terra, per me sono impagabili.

Dalla tua biografia vedo che hai un'attività di scrittore più ampia, trovi differenza nello scrivere fantastico e fantascienza? Ritieni che i due campi di attività su cui lavori, fantastico e storico, si compenetrino e arricchiscano?

Quando illustro alle mie ragazze di scuola i movimenti e i generi letterari, ho sempre l'avvertenza di spiegare che non si posso tracciare linee divisorie e confini rigidi: sono, in larga parte, semplificazioni dei critici, quantunque necessarie. Premesso questo, spesso mi trovo a iniziare una trama narrativa avendo come modello il romanzo storico; lentamente con l'evolversi della vicenda, il lettore - ed io prima di lui - si accorge che sta scivolando in un altro genere, quello, ad esempio, della fantascienza.