Se sono mafioso...

Poi, vorrei chiedere: se sono mafioso, come me li spiegate tutti i nomi di scrittori, traduttori, saggisti, collaboratori vari che sono usciti da Galassia gestione Curtoni/Montanari e da Robot? Sono legione, e chiunque può controllare. Carta canta, come si diceva un tempo (oggi probabilmente si dovrebbe passare a byte canta, o qualcosa del genere). Tutte creature mie? Tutti picciotti d'osservanza? Uomini di rispetto? Ah! Moltissimi di loro nemmeno li conoscevo, finché non si sono presi la briga di inviarmi un articolo, un racconto, un disegno (e già, anche Giuseppe Festino mi era ignoto prima che mi venisse segnalato da Angelo De Ceglie, e mi pare di averlo raccontato, ma si vede che quando scrivo nessuno mi legge. Perbacco, ci mancherebbe), e se li ho scelti, se ho deciso quando ne avevo l'opportunità di pubblicare le loro cose, è stato solo perché mi hanno convinto. D'altra parte, anche in anni recenti ho dato una mano molto concreta, e perfettamente documentabile, a un paio di traduttori che poi, a mo' di ringraziamento, si sono messi a darmi addosso in list. Son gentiluomo e non faccio nomi, ma se volete farvi avanti, cari amici, prego, io qui sto. No, calma, non elargisco favori per sentirmi ringraziare o riverire. E' un'idea che mi fa schifo. Però, se mi permettete, presentare un traduttore su un piatto d'argento a un editore e poi vedersi insultato dalla stessa persona non è molto divertente. Non mi sembra elegante. Diciamo che io non lo farei. Discutere e anche litigare si può sempre, ma con un minimo di garbo e senza diventare paternalisti in maniera nauseante.

Si potrebbe, credo, fare una considerazione ulteriore, e cioè giungere a chiedersi come mai case editrici di varie dimensioni (piccole, medie, grandi) continuino da tanto tempo a commissionare lavoro alle stesse persone. La risposta più semplice, immediata, in perfetto stile italiano: perché sono mafiosi! La risposta più difficile, dura da digerire, ingrata: perché sanno fare il loro mestiere e lo hanno dimostrato sul campo. Non di rado, ad accusare me e altri di associazione mafiosa sono stati gli stessi individui che hanno salacemente, implacabilmente sbeffeggiato la "teoria del complotto" diventata di moda in anni recenti nella politica del nostro paese. Sarebbe a dire che per qualcuno Silvio Berlusconi che parla di complotto ai suoi danni non è credibile, però il fatto che noialtri siamo onorati membri dell'onorata mafietta fantascientifica è ovvio e scontato. Due metri, due stili di giudizio. Sempre invocando l'imparzialità, mettendo le mani avanti col dichiarare che oh no, nessuno ha intenzione di offendere qualcuno, però per amore di un'equa considerazione dei fatti...

Ebbene sì, lo devo confessare: sono uno che ha molti amici (amici veri, non occasionali conoscenze) in parecchie redazioni. Sono uno che varie volte l'anno si trova a mangiare, bere, ridere e scherzare con redattori ed editori e scrittori, oltre che con lettori e appassionati. Sono uno che di solito non ha problemi a vendere ciò che scrive. Questo fa di me un mafioso? Secondo certa gente, sì. Secondo altra gente, e pure secondo me, questo fa di me qualcuno che dal 1970 a oggi, per trent'anni abbondanti, è stato un professionista dell'editoria, è riuscito a combinare alcune cosucce, e magari oggi raccoglie qualche frutto. Che ogni tanto un editore nuovo mi telefoni per propormi un contratto di traduzione, una collaborazione, quel che volete, mi fa decisamente piacere, ma ho smesso di stupirmi; come non mi stupisce più che mi invitino qua o là a parlare e mi trattino coi guanti di velluto e mi paghino pure. Come diceva la buonanima di Vittorio Gassman, ho un grande avvenire dietro le spalle a giustificare queste attenzioni, e si vede che qualche punto di merito lo avrò accumulato. Ovviamente, parlo di me perché sono un caso che conosco benino, ma quel che dico vale per tutti: se, ad esempio, nell'ottobre scorso sono stato invitato a Bolzano in compagnia di Ugo Malaguti e Giovanni Mongini a concionare di fantascienza, e se tutti e tre siamo stati oggetto di deliziose, amorose cure, suppongo sia per ciò che abbiamo fatto nel corso delle rispettive carriere. Non per la nostra animaccia mafiosa. Certo mi potrei sbagliare. Perché non lo chiedete ai bolzanini che ci hanno voluti?