Cieli Sintetici

di Emiliano Gokuraku Farinella

L'Altro Universo

Un viaggio storico, critico e riflessivo sul cyberpunk: un fenomeno, un modo di vita, e soprattutto una letteratura. Forse la più significativa di questo scorcio di fine millennio.

Iain M. Banks diviene ad ogni libro più intelligente, brillante e pungente, eppure si fatica sempre un po' di più ad iniziare a leggerlo. Già, lo si deve ammettere: L'altro Universo non brilla certo per l'attacco iniziale del libro. Il romanzo parte molto lentamente per crescere velocemente e arrivare ad un finale vorticoso ed entusiasmante.

Siamo di fronte, ho appena detto a un Banks intelligente, brillante e pungente, e di queste sue doti l'autore dà prova più volte nel testo.

La storia vortica attorno ad un Problema Fuori Contesto, l'Eccessione, una cosa tanto eccezionale e imprevedibile che Banks sceglie (impropriamente) di chiamare spesso "singolarità". L'Eccessione viene improvvisamente trovata in un punto sperduto dell'universo, essa sembra capace di mettere in contatto tra loro universi paralleli, una macchina che promette quindi di regalare, a chi saprà carpirne il segreto, esattamente un altro universo, e lanciare chi riuscirà ad appropriarsi di questo segreto notevolmente più avanti di tutti gli altri.

Intorno a questa storia Banks scrive per 500 pagine in cui non fa altro che far montare le speranze e le attese di coloro i quali si preparano a lottare per ottenere il controllo di questa Eccessione per poi venire alla fine beffati. L'Eccessione prima si dimostra inavvicinabile e imperscrutabile e alla fine decide di sparire lasciando tutti i contendenti, che nel frattempo avevano messo in atto i più sporchi trucchi per avere qualche vantaggio sugli altri, assolutamente e irrimediabilmente beffati. Ed è effettivamente la beffa e lo sberleffo che serpeggia astutamente per tutto il libro, il gioco e il sapersi non prendere sul serio anche quando si rasenta la divinità che anima molte di queste pagine.

In questo enorme contesto Banks dimostra una enorme controllo del testo e una buona dose di intelligenza che gli permette di infarcire il testo di informazioni e rimandi che poi torneranno utilissimi alla fine per completare un mosaico incredibilmente vasto (qui si sfida veramente l'immaginazione e si richiede molta partecipazione al lettore) che ad un occhio attento risulterà assolutamente completo. Probabilmente è proprio per questo motivo che questo libro ad una seconda lettura risulta ancora più gradevole ed avvincente, solo in questo modo infatti si ha l'impressione di vedere l'autore che costruisce la sua opera invece che vederla dispiegata improvvisamente alla fine come succede ad una prima lettura.

Oltre dell'intelligenza c'è da rallegrarsi soprattutto della brillantezza con cui è scritto questo testo, a partire dai nomi delle astronavi ("Grossa Bestia Sexy", "Strano, L'altra Volta Ha Funzionato", "Nave Definitiva Versione Due", "Abbronzatura Particolare", "Usa La Testa!", "Inventato Altrove" oppure "Opinione Variabile"), fino ad arrivare alle interessanti scene di sesso. Be', qualche accenno specifico alle interessanti scene di sesso ce lo possiamo concedere... non tanto per far riferimento all'amplesso rinchiusi in una sfera piena d'acqua a gravità zero (questa è roba da qualunque scrittore di SF), quanto per far riferimento a un personaggio (taccio il nome per non rovinare la sorpresa di scoprire da soli l'interessante personalità del tipo in questione) che, per pigrizia o indolenza, programma usualmente la rotta dell'astronave su cui è solito accoppiarsi in modo che essa simuli gli scrolloni di due amanti in un concitato amplesso e lo esenti dalla fatica di doversi impegnare e concentrare sul serio quando è a letto con una donna....

Banks è anche un uomo dalle idee molto pungenti, e per rendersene conto basta andare a guardare direttamente alcune belle pagine di questo libro.

A proposito dell'amare le armi

Lei è, dopo tutto, una nave da guerra. E' stata progettata e costruita, quindi, per amare la distruzione, quand'essa beninteso fosse giusta e opportuna. Lei "trovava, com'era giusto e naturale, che ci fosse una certa orribile bellezza sia nelle armi da guerra che nella violenza e devastazione che quelle armi potevano infliggere, anche se sapeva che era un'attrazione che scaturiva da una specie di insicurezza, di infantilismo. Capiva che da un certo punto di vista una nave da guerra, proprio per la purezza perfettamente articolata dei suoi scopi, era il più bell'oggetto che la Cultura fosse in grado di produrre, e al tempo stesso capiva quale pochezza di visione morale fosse implicita in un tale giudizio. Per poter apprezzare appieno la bellezza di un'arma bisognava ammettere di possedere un difetto di visione molto vicino alla cecità totale, bisognava confessare di essere in un certo senso molto stupidi. Un'arma non è semplicemente se stessa; nulla è semplicemente se stesso. Un'arma, come qualunque altra cosa, non si può giudicare se non dall'effetto che ha su ciò che le è esterno, sulle conseguenze che provoca in un certo contesto, dal posto che occupa nel resto dell'universo. Secondo questa misura di giudizio, l'amare, o il semplicemente apprezzare, la bellezza delle armi è una specie di tragedia".

Una nave in punto di morte

Ho fatto del bene o del male? Si chiese poco prima di morire. Ho sbagliato o sono nel giusto?

"Il problema, dannazione, era che una risposta non era possibile fino a che la tua vita non si fosse conclusa, e conclusa da tempo. Era necessario far passare un certo intervallo fra il momento in cui si tirava una linea sotto la propria esistenza e il momento in cui si era in grado di valutare con obiettività quali ne erano stati i risultati e, quindi, il valore morale. Di solito non era un problema con cui una nave si trovava a fare i conti. Lo si poteva affrontare, certo: bisognava volerlo, ma c'erano navi che diventavano Eccentriche o eremite ogni giorno, dichiarando di aver fatto la loro parte al servizio della causa in cui credevano, di cui erano state parte, qualunque essa fosse. Era sempre possibile ritirarsi dal gioco, prendersi il tempo per riflettere e ricordare e rintracciare il senso della propria esistenza all'interno di un disegno etico più grande, svincolato dal ruolo che gli eventi quotidiani di un'esistenza piena obbligavano ad assumere. Ma anche così, quanto tempo c'era a disposizione per giungere a un giudizio definitivo? Non molto. Non a sufficienza. Di solito ci si stufava, oppure ci si trasferiva a un livello di consapevolezza differente molto prima di giungere a una tale obiettiva conclusione.

Se una nave viveva qualche centinaio o anche qualche migliaio d'anni prima di diventare qualcosa di diverso, un'Eccentrica, un'eremita, o prima di sublimare; e se la civiltà di cui aveva fatto parte quando ancora faceva parte di una civiltà continuava per altre migliaia di anni, quanto ci voleva, allora, prima che si potesse arrivare a conoscere l'intero contesto morale nel quale si erano svolte le proprie azioni?

Forse troppo tempo. Forse era quello che veramente costituiva l'attrazione del Sublime. Il vero Sublime, quello che induceva la trascendenza strategica di un'intera civiltà galattica, quello che sembrava chiudere tutti i conti, concludere le opere, i pensieri e le azioni di una civiltà (almeno in quello che la gente si compiaceva di chiamare l'universo reale). Forse non aveva nulla a che fare con la religione, con il misticismo o con una qualche meta-filosofia; forse era qualcosa di molto più banale. Forse si tratta solo di... chiudere i conti. Ragioneria, insomma."

La morte una specie di vittoria

"La morte, qualcuno aveva detto, era una specie di vittoria.

Avere vissuto bene e a lungo, una vita di prodigioso piacere e infelicità minima, e poi morire, voleva dire avere vinto. Il tentativo di tenersi stretti alla vita a ogni costo ti esponeva al rischio di ritrovarti in un futuro di sconosciuto, imprevedibile orrore. Vivendo in eterno, forse si sarebbe rischiato di scoprire che tutto ciò che era successo in passato, per quanto orribili le cose fossero apparse, per quanto spaventoso fosse stato il comportamento reciproco delle persone durante il corso della storia, non era nulla di fronte a ciò che il futuro teneva in serbo. Supponiamo che nel gran libro dei giorni tutto il passato, con le sue azioni e la sua storia, non fosse che una breve, allegra introduzione all'opera vera e propria, una saga infinita di dolore e orrore, scritta con sangue su una pergamena di tessuto vivente?

Meglio morire che correre un rischio simile.

Poter essere dei a tutti gli effetti pratici ma preferire rimanere sulla cresta dell'onda dell'universo.

La Cultura è sì una società anarcoide e stravagante, sbarazzina e libertaria, ma è anche quanto di più evoluto ci sia nell'Universo... eccezion fatta per quelle società che hanno stabilito di essere così evolute da poter mandare tutto e tutti al diavolo e ritirarsi sostanzialmente fuori dall'universo, in una parola, di Sublimare.

La Cultura invece rimandava da millenni questa decisione, avrebbe potuto sublimare da molto, ma finora non l'aveva mai fatto sostanzialmente per mania di protagonismo, per potersi godere fino all'ultimo il piacere di cavalcare la cresta dell'onda dell'universo.

Se non l'ha fatto "in parte era per via d'una sorta di curiosità che, senz'altro, doveva apparire infantile a una specie già sublimata; la sensazione che nella realtà di base ci fosse ancora molto da scoprire, anche se ormai ogni legge era stata formalizzata e ogni regola chiarita (e poi c'erano le altre galassie, gli altri universi, no? Se gli anziani avevano accesso ad essi, non avevano mai ritenuto di comunicarlo ai non sublimati. O forse, una volta raggiunta la Sublimazione, queste preoccupazioni cessavano di esistere?).

In parte era, invece, un'espressione della moralità della Cultura, una civiltà estroversa che credeva nell'impegno verso gli altri: gli Anziani sublimati, che a tutti gli effetti pratici diventavano dei, sembravano trascurare vergognosamente i compiti che razze più ingenue e meno sviluppate sembravano demandargli. A parte alcune eccezioni, e anche allora entro certi limiti, le specie Anziane sembravano non voler avere quasi nulla a che fare con il resto della vita nella Galassia, una vita le cui catene corporee si lasciavano, senza eccezioni, alle spalle. Così i tiranni continuavano a fare il bello e il cattivo tempo, gli imperi continuavano a dominare, i genocidi continuavano ad essere perpetrati e intere civiltà venivano soffocate nella culla solo perché il pianeta che le ospitava veniva colpito da una cometa o si trovava vicino a una supernova, anche quando tutte queste cose avvenivano sotto i metaforici nasi delle specie sublimate.

Forse per quanto progredito, altruista e rispettabile fosse stato il comportamento di una data specie prima della sublimazione, una volta raggiunto tale stato i concetti stessi di bene, giustizia ed equità cessavano di avere importanza. Con una vena di puritanesimo piuttosto curioso da parte di una società tanto determinata a perseguire con spietata decisione una vita di puro piacere, la Cultura aveva deciso che questo in sé non fosse giusto, e aveva scelto di fare quello che gli dei, a quanto pare, non si prendevano la briga di fare: scoprire, giudicare e guidare, incoraggiando o scoraggiando il comportamento di specie di fronte alle quali essa stessa appariva poco meno potente di una divinità. Alla fine senza dubbio l'Anzianità sarebbe arrivata anche a loro, ma che gli venisse un colpo se avessero permesso che ciò accadesse prima che si fossero stufati di fare (quello che erano convinti che fosse) del bene."

L'altro Universo di Iain M. Banks - Nord, Cosmo Argento - 476 pagine - Trad. Anna Feruglio Dal Dan - Lire 26.000