Fantasia & Nuvole

di Francesco Grasso

fgrasso@intecs2.intecs.it

Watchmen

Gli albi dei supereroi appartengono o no (anche solo in qualità di figlioli scapestrati) alla grande famiglia del fumetto di fantascienza? Domanda difficile, dalla risposta pericolosa. Com'è noto, non c'è mestiere più criticato e triste di quello del classificatore.

E' opinione comune che le vicende degli invincibili "giustizieri in costume" della DC Comics e quelle dei "supereroi con superproblemi" della Marvel (nonché dei personaggi delle testate minori) attingano più linfa all'albero del Fantasy che alle radici della foresta SF. Superpoteri attribuiti con sovrana spensieratezza, capacità più che umane arrogate con giustificazioni risibili, contaminazioni dalla mitologia greca e celtica, costumi sgargianti e esibizioni di vigore fisico non vanno granché d'accordo con le idee e le convenzioni proprie del nostro genere letterario favorito. Il concetto stesso dell'eroe, dell'uomo forte, libero e bello che piomba dal cielo a risolvere a suon di pugni tutti i problemi richiama assai più il genere fiabesco e le storie di cappa e spada che la narrativa fantascientifica.

Esistono, ovviamente, delle eccezioni significative. La saga di Marvel 2099, ad esempio (prossimamente sotto il riflettore di Fantasia&Nuvole); l'immenso Batman, il ritorno del Cavaliere Oscuro di Frank Miller. E soprattutto lo straordinario, cinico, angosciante, coinvolgente Watchmen di Moore e Gibbons.

Nella lunga sequenza di aggettivi, badate bene, è assente sia il termine "realistico" che il vocabolo "fantascientifico". Non è un caso. Le classificazioni possono essere un esercizio utile, a volte. Ma quel che conta davvero, nel fumetto come in ogni altro campo, in fondo è la qualità.

la storia

Quis custodiet ipsos custodes? dicevano gli antichi. Who watches the Watchmen? ci interroghiamo spesso anche noi, confusi dalle contraddizioni e dai limiti della nostra annaspante democrazia. Chi giudica i giudici? Chi guarda i guardiani?

Questa domanda funge da filo conduttore del fumetto di Moore e Gibbons, legando tra loro le storie pubbliche e private di un gruppo di giustizieri in costume, eroi di un mondo alternativo in cui gli Stati Uniti hanno vinto la guerra in Vietnam, un'ucronia ove il caso Watergate non è mai scoppiato e Nixon è stato rieletto tre volte, un mondo dove la guerra fredda ha raggiunto l'apice con l'invasione russa dell'Afganistan e del Pakistan diventando a quel punto molto, molto calda.

Qual è stato l'evento scatenante della variazione temporale? In quale istante il corso della Storia si è biforcato? La data focale è il 30 Agosto del 1959, e il luogo cruciale è un piccolo laboratorio di fisica sperimentale situato nel deserto dell'Arizona. Quel giorno fatale il dottor Jonathan Osterman, per un tragico errore, viene sottoposto agli effetti di un test sulla struttura della materia. Apparentemente, il suo corpo viene disintegrato. In realtà, l'esplosione trasforma il timido e occhialuto ricercatore in un essere dai poteri quasi divini, battezzato subito dai media Dottor Manhattan.

"Doc" Manhattan è in grado di trasmutare la materia col solo pensiero. Conoscendo la struttura atomica di un elemento, può sintetizzarlo a suo piacimento. Può inoltre teletrasportarsi e teleportare altre persone. Come se non bastasse, può dislocarsi (ovvero essere in più di un luogo contemporaneamente) e rendere grande a piacere il proprio corpo. Infine (evidentemente quel giorno i superpoteri erano in svendita) egli gode di un personalissimo senso del tempo: in pratica una sorta di chiaroveggenza, grazie alla quale il passato, il presente e il futuro sono nella sua mente un'unica entità.

Il governo americano intuisce subito l'immenso potenziale militare del Dottor Manhattan, e ne fa il pilastro della sua superiorità strategica. Grazie a "Doc", le sorti della guerra del Vietnam vengono ribaltate: i vietcong, terrorizzati dalle sue capacità "divine" si affrettano a deporre le armi; russi e cinesi, terrorizzati, ingoiano il rospo. Nixon, acclamato come trionfatore, diventa un presidente più amato e popolare di Franklin Delano Roosevelt.

Ma l'aver evitato il disastro del Vietnam non sembra aver giovato all'America. Quella sanguinosa sconfitta, dopotutto, nel nostro mondo ha lasciato tracce profonde sulla morale e sul pensiero yankee, costituendo per molti versi una salutare lezione. Nel mondo di Watchmen, al contrario, l'America vittoriosa degenera presto in una nazione cinica e violenta, che non ha mai fatto i conti con la propria anima oscura, che non ha mai chiarito la propria ambiguità e i propri (a volte terribili) segreti. L'America di Watchmen è crudele, paranoica, ipocrita e bugiarda. Il sogno americano è morto; la criminalità dilaga per le strade; le metropoli sono campi di battaglia per una nazione che non teme i nemici stranieri (messi all'angolo dai superpoteri di "Doc" Manhattan) ma che si strugge in una folle guerra contro se stessa.

Il sonno della Ragione, è stato detto, genera mostri. E la sfiducia verso le istituzioni, il desiderio di farsi giustizia da sé, il naturale bisogno di sentirsi sicuri, il senso di impotenza e la disillusione partoriscono giustizieri mascherati, detti appunto i Watchmen, i Guardiani. Uomini qualunque, che indossano un cappuccio e tentano di salvare il salvabile in un mondo che sta impazzendo. I loro nomi di battaglia sono Nite Owl, Rorshach, il Comico, Ozymandias, Hooded Justice, Dollar Bill, Silk Spectre. La loro storia, dagli anni quaranta a oggi, ci viene narrata attraverso diari, flashback, articoli di giornale e frammenti dal libro di memorie Dietro la maschera che uno di loro (il primo dei due Nite Owl) pubblica da "pensionato".

Dalle vicende dei giustizieri mascherati scaturiscono agghiaccianti verità. Scopriamo ad esempio cosa può accadere quando gli eroi impazziscono. Vediamo alla prova dei fatti come il potere assoluto corrompa assolutamente. Realizziamo quante porcherie un governo e dei servizi segreti spregiudicati possano commettere sfruttando docili giustizieri in costume (nel mondo di Watchmen John Kennedy viene ucciso dal Comico su ordine di Nixon; i giornalisti che sollevano lo scandalo Watergate vengono tolti di mezzo nello stesso modo).

Il vertice dell'inquietudine si raggiunge quando si scopre che uno degli eroi, il geniale Ozymandias, ha delle idee del tutto personali sul metodo migliore per "salvare il mondo". Idee che prevedono la distruzione di mezza New York e il massacro dei suoi abitanti. E allora, non resta che chiederci, come dicevano i latini: "Quis custodiet ipsos custodes?"

gli autori

Alan Moore, sceneggiatore di Watchmen, inglese, lavora nel campo del fumetto dal 1980. Tra i suoi lavori meritano una menzione il thriller V per Vendetta, vincitore del British Eagle Award, la storia di supereroi Miracleman, e The Swamp Thing, serie vincitrice del Kirby Comics Industry Award. Moore ha lavorato anche nel mondo del cinema, scrivendo la sceneggiatura del film Fashion Beast di Malcom McLaren.

La tecnica narrativa di Moore è del tutto particolare, e per molti versi formidabile. Egli si serve di meccanismi cinematografici collaudati, che trovano nel fumetto un nuovo efficace canale per veicolare emozioni. Da citare, ad esempio, la trovata di raccontare una stessa scena più volte attraverso gli occhi di più protagonisti, riuscendo ogni volta a renderle nuovi significati, trovando ogni volta modo di rivelare verità insospettate.

Moore, accostandosi in questo al Miller di Sin City e di Batman, esplora una delle anime del fumetto, la più oscura. E non vuole o non può sviscerarla con distacco. Moore calca la mano sulle emozioni, senza scrupoli e senza ipocrisia: la sua narrativa è una fusione tra arte e stato mentale elevata a sistema.

L'unico appunto che si può annotare alla sua tecnica è quella di appesantire la sceneggiatura con eccessive vicende parallele, e con troppi, davvero troppi personaggi. Watchmen è un fumetto indicibilmente "denso", un concentrato narrativo da assorbire gradatamente, con due o tre riletture, prima di poterlo gustare a fondo.

Citazioni da Bob Dylan, dalla Bibbia, da Jung, da Giovenale: Watchmen è una girandola di temi, di riflessioni, di concetti, in cui il lettore può smarrirsi. Gran parte di questa nuvola di temi si dissolve immediatamente, come i sogni che non lasciano traccia nella memoria; ma non si dissolve una sensazione subliminale di coinvolgimento e di disagio, che è in fondo il senso di tutta l'operazione di Moore.

Dave Gibbons, disegnatore di Watchmen, lavora dal 1973. Anche lui britannico, è tra gli autori della serie 2000 AD. Ha lavorato anche alle strisce di Doctor Who e al remake di alcuni fumetti famosi come Harlem Heroes, Dan Dare e Rogue Trooper. Dal 1982 lavora con la casa americana DC Comics, per cui disegna il personaggio di Lanterna Verde. Ha collaborato anche con Miller per il capolavoro Batman, il ritorno del Cavaliere Oscuro.

Gibbons è un disegnatore straordinario. E' talmente bravo che (e questo è un talento raro) può a suo piacere sbalordire il lettore con rutilanti trovate visive o rendersi assolutamente trasparente rispetto allo svolgersi della storia; riesce a essere estremamente realistico e allo stesso tempo superbamente astratto. Il suo tocco è levigato e attento, senza nulla di lezioso o di superficiale; asciutte, prive di fronzoli, le sue tavole sono abitate soltanto dalla fantasia e dal talento. Le sue matite, più che comporre una scena, intonano un coro. Grazie a esse, Watchmen vive e si nutre di disegno.

Ma il talento non è tutto. Gibbons ha anche una notevole tecnica, e riesce a rendere con estrema efficacia i meccanismi cinematografici di Moore. Da citare, a questo proposito, la "dissolvenza" delle inquadrature. Il meccanismo è il seguente: al cambio di scena, la prima vignetta della nuova sequenza richiama visivamente l'ultima della sequenza precedente, pur inquadrando un contesto del tutto diverso. Esempio: un uomo e una donna si abbracciano; stacco; nuova sequenza; primo piano della maschera di Rorshach; le macchie sul suo volto incappuciato ricordano la sagoma dei due amanti nell'abbraccio.

Un notevole apporto, da non dimenticare, viene dato dai colori di John Higgins. La potenza evocativa delle immagini di Gibbons, già notevole, viene esaltata dall'opera di quest'ultimo, dai suoi effetti di luce, dalla sua esplorazione delle sfumature del buio, dalle scale cromatiche usate quasi come armi, dalla sua parossistica liturgia delle tinte sanguigne.

Watchmen è un fumetto particolare, un'opera d'arte (non si ha nessuno scrupolo a definirla tale) dove una geometria di colori e di effetti visivi incapsulano costantemente la narrazione, ottundendo o esaltando i temi affrontati. Chi non ha letto Watchmen, credetemi, non ha letto nulla.

curiosità e spunti

I giustizieri di Watchmen, almeno all'apparenza, sono una variazione sul tema di alcuni tra i più noti eroi in costume del fumetto americano. Nite Owl (il Gufo) è una versione rivista e corretta del classicissimo Batman, con tanto di mantello, cintura porta-aggeggini e Bat-cottero (ribattezzato OwlShip). Il Dottor Manhattan è un'interessante fusione tra il personaggio di Superman (invulnerabile, invincibile, patriottico) e l'Incredibile Hulk (superpoteri acquisiti come conseguenza di un esperimento di fisica nucleare). Rorshach (il nome deriva dalle macchie omonime, strumento usato in psicanalisi) è una citazione del Punitore marveliano, compreso il "diario di guerra" e una schizofrenia tutt'altro che latente.

C'è una differenza fondamentale: gli eroi in costume di Watchmen sono comunissimi mortali. Con la sola eccezione del Dottor Manhattan (vero "deus ex-machina"), le loro capacità si riducono a una prestanza fisica e un'agilità appena al di sopra della media. I rutilanti e favolistici superpoteri del mondo Marvel e DC in Watchmen sono accuratamente evitati. Rorshach, Nite Owl e gli altri non sono che gente di quartiere con la passione delle maschere e una gran voglia di far giustizia con le proprie mani.

Altrettando si può dire dell'equilibrio psicologico e della morale di questi oscuri e tormentati eroi. Nulla di diverso dalla media dell'umanità: tra i Watchmen troviamo un alcolizzato, un violento, un paranoico afflitto da manie di grandezza, uno schizofrenico e persino un omosessuale (inconcepibile tabù per i classici fumetti di supereroi; riuscite a immaginarvi un Superman gay?).

Watchmen è un fumetto atipico sotto tantissimi aspetti. Soprattutto è una storia che, nel suo rigore militante, non si pone la minima preoccupazione di dare lezioni, di insegnare qualcosa. Al contrario, la regola imperante sembra essere che i cattivi vincano e che i buoni (ammesso che esistano) facciano una pessima fine.

Personificazione di questo pessimismo cosmico, indubbiamente, il personaggio di Rorshach, un tizio che va in giro con una maschera dalle forme cangianti che ricordano le macchie dei test di psicanalisi perché, come dice lui, "Cercavo una faccia con cui potermi guardare allo specchio".

Rorshach è completamente pazzo, ma la sua follia è terribilmente comprensibile, nella sua paranoia è atrocemente facile riconoscersi. In quelle domeniche silenziose, che ci vedono in solitudine con la nostra nullità, senza l'alibi del lavoro ad arginare i nostri incubi, chi tra noi non si è posto le domande che hanno sconvolto la mente di Rorshach, che lo hanno indotto a scatenare una guerra senza quartiere né pietà contro i mostri fuori e dentro di noi?

Leggendo il racconto della vita di Rorshach, della sua inesorabile caduta verso il fondo dell'abisso, secondo un percorso di follia e dannazione descritto magistralmente da Moore, vengono a galla paure ancestrali, che forse neppure sapevamo di serbare nel nostro intimo. Perché Rorshach è un simbolo forte, olofrastico. E tra i suoi molti significati, l'archetipo di un orrore assoluto e totalizzante, che filtra ogni altra sensazione, che viene direttamente dall'inconscio, che nessuna razionalità può spiegare.

Onore al merito di Moore. In fondo il mestiere dello scrittore è proprio questo: far emergere in superficie quanto gli uomini rimuovono. Lui questo lo fa, e dannatamente bene.

Cambiando argomento, è interessante notare come i balloons (le nuvolette parlanti che danno il nome a questa rubrica) siano in Watchmen "personalizzati", vale a dire diversi per ogni personaggio. Il Dottor Manhattan, ad esempio, parla mediante balloons azzurri come la sua pelle. La trovata ha la sua ragione: la voce di "Doc" non è quella di un normale essere umano, e il colore è un ottimo meccanismo per rammentare al lettore tale differenza. Rorshach, esempio altrettanto valido, ha un tono di voce piatto, gelido: non spreca parole, se può farne a meno. Il suo eloquio particolare viene reso mediante un balloon "frastagliato" immediatamente riconoscibile.

Un appunto riguarda la traduzione. Che è mediocre, a volte davvero pessima. Non pretendiamo la perfezione: nessuno mette in dubbio la difficoltà di rendere in italiano lo slang e la fraseologia (del tutto particolare) del fumetto anglosassone. Com'è noto, i comics americani vengono addirittura usati come test per valutare la conoscenza della lingua inglese: chiunque riesca a ricavare un italiano comprensibile dal gergo degli autori Marvel o DC ha una preparazione a prova di bomba.

Tuttavia, possiamo ben chiedere a un traduttore di rendere sempre allo stesso modo i nomi dei personaggi. E' accettabile che Hooded Justice, ad esempio, venga tradotto "Giustizia Incappucciata" o lasciato in inglese in quanto nome proprio: vedere alternativamente utilizzate le due possibilità ci disturba alquanto. Stesso discorso per Big Figure, chiamato in una vignetta "Pezzo Grosso" e di nuovo "Big Figure" nella successiva. Oltre a innervosire il lettore, queste sviste di traduzione rendono ancora più ardua la comprensione di una storia affollata da miriadi di personaggi, da tre o quattro storie parallele e da flashback forse troppo frequenti.
Un punto di forza di Watchmen sono i dialoghi. Alcuni scambi di battute sono davvero memorabili. Eccone qualche esempio:

All'amante del Dottor Manhattan:

- Laurie, non ti vergogni di andare a letto con una bomba H?

- Lui non e' una bomba H!

- Mia cara, l'unica differenza è che la bomba H non aveva bisogno di scopare, ogni tanto!

Dal diario di Rorshach:

- La città è un animale feroce e complicato. Per capirla ne leggo gli escrementi, gli odori, il movimento dei suoi parassiti. (...) Ho sentito un pianeta oscuro ruotare sotto i miei piedi. E ho capito ciò che sanno i gatti, che li fa urlare come bambini nella notte. Ho guardato il cielo attraverso la nebbia rossa di sangue e Dio non c'era. Siamo soli quaggiù. Viviamo le nostre vita in mancanza di meglio da fare. Nati dal nulla, facciamo figli destinati come noi al nulla.

Ancora dal diario di Rorshach:

- A quell'epoca ero debole nei confronti dei criminali. Ero molle. Li coccolavo. Li lasciavo vivere.

"Doc" Manhattan a Laurie: - Su... asciugati gli occhi, perché tu sei la vita, più rara di un quark, più improbabile di quanto Heisemberg potesse pensare, la creta in cui più lasciano le proprie impronte le forze che plasmano ogni cosa.

Rorshach, gelido, ai detenuti con cui è imprigionato, e che minacciano di fargli la pelle:

- Non capite. Non sono io a essere rinchiuso con voi. Siete voi a essere rinchiusi con me.

E con queste rassicuranti parole, pronunciate del supereroe più paranoico di tutti i tempi, chiudiamo inquietamente questo articolo. Alla prossima.