Una possibile definizione del concetto di “male” (inteso come atto) è questa: male è danneggiare qualcuno o qualcosa senza avere una giustificazione valida. La validità delle giustificazioni è una questione problematica, ma non ci soffermeremo su questo aspetto. Ci interessa sottolineare che l’assenza di una giustificazione rende la malvagità stupida, nel senso di non razionale, e che l’assenza di giustificazioni non equivale all’assenza di motivi.

Non tutti conoscono le proprie motivazioni e spesso ne indicano delle altre (del tutto fasulle). Inoltre, possiamo aspettarci che i motivi vengano spacciati per giustificazioni. Le motivazioni più comuni sono peraltro ben note: interesse, sete di potere, crudeltà, ritorsione o vendetta gratuita, ideologia, capriccio e, appunto, semplice stupidità.

Se volessimo cercare l’origine unica di queste varie forme, la potremmo forse trovare nella spinta verso l’autoaffermazione. Nessuno sfugge a questo impulso, ma ci sono delle profonde differenze tra i vari modi in cui questa spinta tende a essere soddisfatta. Sigmund Freud contrapponeva la pulsione libidica (cioè sessuale) alla pulsione di morte, ma parlava anche di un possibile impasto pulsionale tra le due, che dà luogo all’erotizzazione della violenza.

Wilhelm Reich ha ipotizzato che l’aggressività prenda il posto della pulsione libidica quando a quest’ultima viene impedito di soddisfarsi. Melanie Klein ha individuato nella psiche infantile (che può sopravvivere in quella adulta) due posizioni fondamentali che corrispondono alle categorie cliniche della posizione schizo-paranoide e della posizione maniaco-depressiva, la prima delle quali è alla base dei comportamenti aggressivi, mentre la seconda dà luogo all’atteggiamento riparatorio.

Karl Gustav Jung ha parlato di una parte nascosta della personalità, l’Ombra, un concetto che è stato ripreso in qualche modo nell’idea del “lato oscuro” della Forza, nella saga di Guerre Stellari (Star Wars, George Lukas, 1977). Heinz Kohut collegò il concetto di narcisismo con l’esigenza dell’autorealizzazione. Nella sua teoria, la spinta eccessiva all’autoaffermazione, che abbiamo citato prima come elemento centrale dei comportamenti aggressivi, nasce dal fatto che il normale narcisismo del soggetto non ha ricevuto un adeguato soddisfacimento, ragion per cui si produce un narcisismo reattivo e ipercompensatorio, una patologia che Kohut cercò di curare.

Ne deriva che la categoria clinica dei disturni narcisistici di personalità si applica a vari fenomeni di “eccesso narcisistico”, nei quali la carenza di riconoscimento in fase precoce ha portato a una fame di approvazione che nulla riuscirà più a soddisfare pienamente. Affini ai disturbi narcisistici gravi sono varie forme di psicopatia e sociopatia, caraterizzate dalla carenza o assenza di doti empatiche. Si ricorderà che ne Il cacciatore di androidi di Philip Dick (1968, poi trasposto nel film di Ridley Scott Blade Runner, 1982) il test di Voigt-Kampff serve a misurare proprio le capacità empatiche, che gli androidi non hanno.

La spinta all’autoaffermazione non si presenta solo nei singoli individui, ma anche nei gruppi, nelle comunità e nelle nazioni, dove assume la forma del nazionalismo autocratico o altra ideologia totalitaria. A questo livello, tale spinta porta alle guerre. Se curare un individuo è problematico ma possibile, come si fa a curare un’intera nazione, o anche solo un gruppo di potere? Poiché il potere, in una forma o nell’altra, è pervasivo (come ci spiega Michel Foucault) si pone una domanda ancora più scabrosa: come si elimina il potere dalla pura e semplice normalità?

Come si vede, siamo scivolati dalla clinica alla vita di tutti i giorni. Se ci riflettiamo un momento, ci renderemo conto che notizie, informazioni, discussioni sui social, approfondimenti televisivi e quant’altro trattano tutti, in qualche modo, di potere e scontri di potere. Di più, essi stessi sono parte di questi scontri. Anche quando gli scontri sono fisici, essi sono sempre scontri tra narrazioni.

Il punto è che, mentre gli scontri fisici coinvolgono gruppi limitati di persone, le narrazioni raggiungono potenzialmente tutti. La narrazione (come abbiamo scritto altre volte) dà forma alla realtà come costruzione sociale, e dunque è lo strumento principale del potere. Paradossalmente le persone più sincere sono quelle che raccontano storie dichiaratamente inventate: gli scrittori e gli autori di film, serial e fumetti.

In questa categoria rientrano anche i satirici, i quali deformano la realtà in modo ancora più esplicito ed evidente. Eppure, dietro la deformazione si riconoscono i tratti autentici della realtà, e questo vale per qualunque autore. Solo trasformandola in modo palese puoi far percepire quale sia il grado di deformazione, e di conseguenza quanto ci sia di vero nella rappresentazione modificata.

In definitiva questo è sempre stato il procedimento dell’arte, che nel riprodurre la realtà la cambia, e per ciò stesso permette di coglierla appieno. Neanche una foto artistica riproduce il reale così com’è, altrimenti non sarebbe arte, ma documento o referto. Un artista vi mostra il reale attraverso i suoi occhi, ma voi sapete che quello è il suo sguardo. Un uomo (o una donna) di potere vi mostra ciò che vede, ma pretende che quella sia la vera e sola realtà. Non c’è più spazio per la vostra.

Ancora Dick lo spiega alla sua maniera in Le tre stimmate di Palmer Eldritch (1964) in cui la realtà si modella letteralmente sulle fattezze di un uomo che rientra da Proxima Centauri. Il mondo che fa da specchio al narcisista, il quale lo plasma secondo la propria immagine, è per Dick il male assoluto. Non a caso dichiarò che non aveva potuto correggere le bozze del libro perché il rileggerlo lo spaventava.