Emanuele Manco, laureato in matematica, è nato a Palermo e attualmente risiede a Milano. Alterna l'attività di consulente informatico con quella di giornalista pubblicista, saggista, conferenziere e scrittore. Curatore del magazine online FantasyMagazine.it, collabora con Fantascienza.com, Delos SF e il podcast Fantascientificast. Per Delos Digital ha creato le collane Urban Fantasy Heroes e Odissea Digital Fantasy. Ha pubblicato racconti in varie riviste e antologie e i saggi Matematica Nerd e Dieci consigli per scrivere fantascienza. Quest'ultimo, pubblicato da Edizioni del Gattaccio, è un agile guida per chi vuole cimentarsi con lo scrivere uno dei generi dell'immaginario più affascinante, ma anche più complesso. All'autore abbiamo rivolto alcune domande per farci illustrare questo suo ultimo lavoro.

Come è nata l'idea di questo libro, che è a tutti gli effetti un manuale per scrivere fantascienza? 

Si tratta di un lavoro “su commissione”. Marina Lenti ex firma di FantasyMagazine e saggista tre anni fa mi propose questo titolo come parte di una collana “10 consigli per scrivere” dedicata a vari genere e scritture. Non ricordo se al momento della proposta ci fosse già un editore, ma accettati di buon grado, sulla fiducia nella curatrice del progetto. L’impostazione come decalogo nasce quindi sull’idea generale della collana.

Che cosa deve caratterizzare, secondo te, una buona storia di fantascienza? 

Credo fermamente che più che il cosa, debba essere sempre il come. Le idee originali latitano sempre e non tutti siamo in grado di trovarle. Quindi per me una buona storia è già quella che, grazie alle capacità dell’autore, riesce a fare sembrare fresca e nuova anche un’idea già sfruttata da altri, proponendola da un diverso punto di vista. Fosse anche solo per una efficace ricerca linguistica, o un ribaltamento di prospettiva.

All'inizio del saggio, sottolinei due concetti chiave: la sospensione dell'incredulità e il sense of wonder? Ce li riassumi e ci spieghi la loro importanza? 

In estrema sintesi la sospensione dell’incredulità è quel patto tra scrittore e lettore, nel quale il primo propone la sua storia e il secondo accetta di credere che durante la lettura quella storia sia vera. Il sense of  wonder aggiunge a questo patto la propensione del lettore a farsi stupire e ammaliare dalla speculazione e l’invenzione tipica degli argomenti trattati dalla fantascienza.

Se la sospensione dell'incredulità è fondamentale per godere e apprezzare qualsiasi prodotto di finzione, l’aggiunta e le compenetrazione di questa con il sense of wonder è necessaria nella fantascienza.

Nel saggio tu citi libri, film e serie TV. Quanto è importante leggere e guardare per chi vuole scrivere fantascienza? 

Credo che si scriva di ciò che ci appassiona. Non riesco a pensare che venga naturale scrivere di qualcosa che non si conosce e non si ama fino in fondo. Per passare ore e ore a scrivere una storia di un genere, bisogna esserne il primo fan. E questo nasce dall’essere stato appassionato dalle storie dello stesso genere scritte da altri. Credo che se da piccolo non mi fossero piaciuti Star Wars, Il signore degli anelli (il film di Bakshi dapprima e poi il romanzo originale), i fumetti Marvel, gli anime robotici, la fantascienza classica e tutto quello che ho visto e letto nei primi anni della mia vita, non avrei continuato a esplorare il genere. E l’esplorazione non può fermarsi, ma deve essere continua, magari incompleta perché tutto non si può vedere o leggere, ma l’interesse deve esserci. Altrimenti di cosa scriveremo? Con che cosa ci confronteremo?

Un capitolo è dedicato alle definizioni di fantascienza, ma qual è la tua? 

La mia serpeggia lungo tutto il saggio, e anche in questo caso, in estrema sintesi dire che per me la fantascienza narra di storie che, basandosi sulla nostra percezione di quanto viviamo oggi, ipotizzano le estreme conseguenze del progresso scientifico e tecnologico, attuale e futuro.

Conseguenze sociali, ma anche strettamente legati ai sentimenti dei singoli.

Quanto conta, invece, saper descrivere un buon personaggio, protagonista e comprimario? 

Le storie si reggono sui personaggi. Umani, alieni, artificiali, poco importa. Ritengo fondamentale pensare a uno o più personaggi che “muovano” la storia portandola da un punto all’altro, che affrontino i conflitti e le conseguenze del loro superamento o mancato tale. Altrimenti siamo nell’aneddotica, manca la “polpa”.

Uno dei “problemi” di molti romanzi è spesso il cosiddetto infodump. Ci spieghi che cos'è e come deve essere usato, secondo te? 

L’infodump è quel momento in cui l’autore interrompe l’azione per spiegarti parti della sua costruzione narrativa che ritiene fondamentale che il lettore conosca. I mondi fantastici costruiti nei più piccoli dettagli provocano l’orgoglio del loro ideatore, che talvolta se ne innamora in modo eccessivo. Molte volte i lettori non vogliono sapere tutto e subito, ma scoprirlo piano piano, e di certo non interrompendo il flusso della storia che li sta appassionando. Secondo me se l’informazione trapela in modo equilibrato non si parla di infodump, che uso quindi in modo solo negativo. Trovare il modo di informare il lettore mediante la storia deve essere uno degli obiettivi dello scrittore.

Cosa è più difficile, secondo te, scrivere un romanzo o un racconto? 

L’unica risposta che posso dare a questa domanda è soggettiva. Per me è ancora oggettivamente difficile riuscire a trovare il passo del romanzo. Sono più a mio agio con i racconti, perché ho il passo e il respiro di questa narrazione quando scrivo. Non ho la costanza necessaria. Ma d’altra parte, dopo l’iniziale passione giovanile per la scrittura di narrativa, ho anche trovato il mio passo nella saggistica e nel giornalismo, nel quale ormai il respiro lungo non mi manca.

Non c’è quindi una risposta universale. Secondo me ci sono stati grandi scrittori di racconti che nei romanzi non hanno trovato il loro passo migliore, grandi romanzieri troppo compressi nel breve, e ottimi scrittori di entrambe le lunghezze.

Che consiglio ti senti di dare, fra i tanti presenti nel tuo libro, ad un giovane autore che sta cercando di scrivere una buona storia di fantascienza? 

Dopo aver letto e vista tanta fantascienza, ma anche durante, scrivere, scrivere, scrivere. Una parola dietro l’altra, un’idea dietro l’altra. E poi far leggere quanto scritto, non avere paura di confrontarsi, e magari di farsi dire che non si è scritto una cosa buona e originale come sembrava mentre si scriveva. Le idee e le buone storie emergeranno da questo flusso, spiccando sulla maggior parte delle parole inutili che avremo scritto. Solo osando e non risparmiando idee e parole troveremo quelle migliori.