Una questione interessante in merito ai fumetti, e adesso i film di supereroi, è il loro incasellamento in un sottogenere del fantastico.

Fantasy, fantascienza? Va osservato che i supereroi non sono un blocco monolitico. Superman è un alieno, Batman un brillante investigatore, le avventure dei Guardiani della Galassia sono Space Opera. Potremmo quindi affermare che le storie che vedono protagonisti supereroi sono in realtà di diversi generi e sottogeneri. Due dei più interessanti sono quelli della distopia, ossia un mondo che speriamo non si realizzi mai, e quello dell'ucronia, un mondo e un tempo storico divergenti rispetto al nostro presente. Mondi dove, in ogni caso, i supereroi sono presenti e con un ruolo da protagonisti.

Capitan America in prima linea

Un ultimo saluto.
Un ultimo saluto.

Un’esplorazione che abbiamo visto al cinema esplicitata meglio nel Marvel Cinematic Universe. Iron Man e Hulk sono senz’altro film di fantascienza, mentre Captain America: The First Avenger è in parte un film di guerra. Ma quelli che emergono proprio da questo film, ispirato alle storie di Joe Simon e Jack Kirby più che alla versione di Stan Lee del capitano, sono degli elementi ucronici.

L’universo Marvel, prima ai fumetti e poi al cinema, è un mondo in cui la storia umana non è stata stravolta dai supereroi, ma è comunque divergente rispetto al nostro.

Elementi chiave come la II Guerra Mondiale non sono stati stravolti o ribaltati, come accade in L’uomo dall’alto castello di Philip K. Dick. Potremmo definirla in questo senso una ucronia “morbida” nella quale la storia umana è leggermente diversa. Nel mondo Marvel la tecnologia degli anni ‘40, sia pure applicata dal geniale e singolare Dr. Erskine, è stata in grado di realizzare il super soldato Captain America. Una creazione non ripetibile solo perché Erskine non ha lasciato appunti ed è stato ucciso. Espediente narrativo che oggi farebbe sorridere, ma che all’epoca tutto sommato reggeva. Erskine è un good doctor, e rispecchiava l’idea romanzata di una scienza che va avanti più genialità dei singoli che per il duro lavoro di molti.

Nelle storie di Simon e Kirby Captain America interviene in missioni contro spie in patria e all’estero, affrontando i supercriminali dei nazisti, come il Teschio Rosso, ma non ha il potere di vincere da solo la guerra, che rimane quindi duramente combattuta dai soldati al fronte.

Superman non va alla guerra

Una scelta di realismo che portò per esempio la concorrente DC a non schierare nei fumetti il suo asso Superman, che durante gli anni del conflitto bellico è stato protagonista di storie in cui la guerra era sullo sfondo.

L’unica storia in cui viene mostrato come Superman avrebbe potuto vincere la guerra si chiama appunto How Superman Would End the War, ma non fa parte della serie regolare, bensì è una storia speciale, in due tavole, scritta da Jerry Siegel e disegnata da Joe Shuster, pubblicata il 27 febbraio 1940 dalla rivista Look.

Una storia semplice ed essenziale, nella quale Superman invade da solo la Germania e poi l’Unione Sovietica, catturando e afferrando per la collottola sia Hitler che Stalin, portando poi i due dittatori a Ginevra, in Svizzera, per farli processare dalla Corte Mondiale della Lega delle Nazioni. Stiamo parlando di un periodo in cui l’URSS non era alleata degli Stati Uniti, che non erano ancora in guerra contro l’Asse.

La storia non è cruenta, perché Superman non se la prende con gli eserciti, ma punta direttamente al cuore del problema, i due dittatori i cui eserciti stringevano a tenaglia l’Europa. L’Italia non era ancora in guerra, e verrebbe da chiedersi quanto e se sarebbe stata considerata dagli autori.

Anche dopo Pearl Harbor l’impegno bellico di Superman nelle storie ufficiali sarebbe stato ridotto: aiuti sporadici per addestrare truppe, smascherare agenti nemici infiltrati negli Stati Uniti, effettuare rifornimenti dietro le quinte, con battute sprezzanti verso l'Asse venivano fatti riferimenti sprezzanti. Clark Kent stesso viene riformato con un escamotage narrativo per il quale, a causa di un involontario uso della vista a raggi X, legge il tabellone sbagliato alla visita oculistica.

Il maggiore impegno del Superman Golden Age durante la guerra è stato più propagandistico, con copertine a tema, non riflettenti la storia all’interno.

Se è vero che quella versione di Superman non aveva la potenza di versioni successive, era già comunque abbastanza potente da vincere il conflitto da solo, e sarebbe stato sicuramente poco opportuno mostrare un simile scenario. Meglio proporre ai soldati al fronte una forma di evasione, vicina ma non troppo alla realtà.

Il film del 1977 risolve la questione dell’interferenza nelle questioni umane in modo molto radicale, con il “comandamento” di Jor-El di non interferire nella storia umana. Precetto al quale Kal-El disubbidisce quando inverte la freccia del tempo per salvare Lois Lane e porre rimedio alle malefatte di Lex Luthor.

Sono passati 32 anni dalla fine del conflitto mondiale, e l’ingerenza di Superman rimane confinata all’evento del film.

Übermensch

Superman è uno degli alfieri nel mondo dell’american way of life. Sappiamo che l’astronave nella quale era stato mandato sulla Terra in fasce dal nativo pianeta Krypton è atterrata nel Kansas, e che è stato cresciuto dai coniugi Kent.

Il romanzo Übermensch di Davide del Popolo Riolo (edito da Delos Digital) si pone una domanda da fantascienza: e se l’astronave che ha portato Superman sulla Terra fosse atterrata nella Baviera del 1919, in una fattoria di futuri seguaci di Hitler? La risposta è devastante. Sarebbe stato allevato ai principi del nazional socialismo e sarebbe diventato uno strumento di morte nelle mani di Hitler. Del Popolo inizia la vicenda del romanzo non mostrando le azioni di Übermensch, l’Ultrauomo del reich che è stato sia strumento di propaganda che arma nel conflitto, bensì le conseguenze a guerra finita.

Il quadro che si dispiega man mano, con abili flashback, è quello di una guerra che in realtà non c’è mai stata, non nei termini in cui la conosciamo. Una ucronia spinta alle estreme conseguenze che ha, paradossalmente, una forte dose di realismo, perché non narra di un Asse capace con le proprie forze di vincere il conflitto, come evocato da L’uomo nell’Alto castello (nella serie TV la Germania vince la corsa alla bomba atomica e nuclearizza Washington). L’Asse vince invece perché il solo Ultrauomo è stato in grado di sbaragliare tutti gli eserciti, rendendo l’avanzata del Reich, i cui eserciti sarebbero stati numericamente inferiori, una mera sfilata trionfale fino agli Stati Uniti.

Esemplare in tal senso il racconto della versione ucronica progettata e mai realizzata Operazione Leone Marino, ossia l’invasione del Regno Unito.I rapporti di forza evocati da Riolo sono quelli dell’epoca, e Übermensch da solo fa quello che nelle intenzioni di Hitler avrebbe dovuto fare la Luftwaffe, ossia dare alla Germania la supremazia dei cieli vincendo quella che la storia ricorda come la Battaglia d’Inghilterra.

La percezione che la presenza dell’alieno sia un’anomalia nella storia è chiara durante tutto il romanzo, nel quale gli umani, schiacciati ormai dalla sola minaccia dell’Übermensch, non rinunciano a lottare.

Lo stesso Übermensch, una volta presa consapevolezza della sua natura aliena, si confina in un eremo solitario, a guardare a osservare dall’altro quelle che ormai considera poco meno che formiche, disinteressato sia delle cose umane che di se stesso in realtà, poiché non sente di appartenere a nessun luogo.

Captain America e gli Invasori

L’Übermensch di Riolo, attinge di certo alla mitologia di Superman a piene mani. Non ha contraltari nel suo universo narrativo, poiché alla fine si tratta del nostro mondo alterato da una singolarità.

Il carattere di ucronia morbida delle storie di Captain America è accentuato nella versione di Stan Lee. Quando il personaggio è stato reintrodotto nell'Universo Marvel, molte storie del primo periodo vennero riprese, e le origini del personaggio rinarrate. L'operazione di narrazione di eventi del passato ha subito anche quelli che vengono definiti "innesti di retro continuity", o di "retcon" più velocemente. Ossia il racconto di nuovi particolari del passato, o l'inserimento di altri personaggi come se ci fossero sempre stati.

Una delle operazioni di retcon più importanti che riguardano il Capitano è stata la creazione, nel 1969, del supergruppo degli Invasori, da parte di Roy Thomas e Sal Buscema, nel quale militavano durante la Guerra, Capitan America, Bucky, La Torcia Umana Originale, la sua spalla Toro e Namor, ai quali poi si unirono Union Jack (l'equivalente britannico del capitano), la Visione Originale, l'eroina inglese Spitfire e tanti altri eroi.

Nel ciclo di storie disegnato da Frank Robbins (inchiostrate da Vince Colletta) iniziato in Giant Size Invaders #1 (Cap Corno 106), una delle prime missioni degli Invasori li ha visti combattere proprio contro quello che nelle intenzioni dei nazisti doveva essere il loro super soldato: l’Übermensch, generato da una versione incompleta della formula che creò Captain America.

Le storie degli Invasori sono molto più ucroniche di quelle del Cap originale, ma sono limitate dalla loro appartenenza all’universo Marvel ufficiale, nel quale a un certo punto Captain America sparirà, per poi riapparire decenni dopo, pertanto anche in questo caso, queste storie prequel non deviano il corso della storia.

Red Son

Il limite della coerenza rispetto all’universo narrativo di riferimento è oltrepassato da Superman: Red Son, una miniserie del 2003 scritta da Mark Millar e disegnata da Dave Johnson e Kilian Plunkett. Facendo parte di quelli che la DC chiama Elseworlds, prende le mosse ipotizzando che il piccolo Kal-El sia precipitato in Russia. Il risultato è che Superman, che diventa addirittura figlio adottivo di quello stesso Josef Stalin che nella storia alternativa di Siegel e Schuster Superman catturava per farlo mettere sotto processo.

Universo alternativo di un universo alternativo, il mondo di Red Son è popolato di versioni diverse di alleati e avversari di Superman, come Lex Luthor, Batman e Lois Lane. A differenza dell’Übermensch di Riolo Superman non ha avuto bisogno di mettere a ferro e fuoco il mondo per dare egemonia all’Unione Sovietica. Compenetrato però nel suo ruolo di dio in Terra cerca di realizzare un’utopia che si trasforma in una distopia totalitaria, contro la quale gli umani non smetteranno mai di lottare. La storia si risolverà però in un paradosso. L’umanità che si affrancherà definitivamente da Superman, grazie alla sua stessa consapevolezza di doversi fare da parte, sarà la causa stessa della nascita di Superman, che si rivelerà quindi essere non un alieno, bensì un umano del futuro. Ricordiamo che Man of Tomorrow era proprio uno degli slogan con cui venne lanciato Superman e che Che cosa è successo all'Uomo del Domani?, altra storia immaginaria di Superman, scritta da Alan Moore e disegnata da Curt Swan, con George Pérez e Kurt Schaffenberger alla chine, indaga sulle conseguenze di un mondo senza Superman.

Miracleman 

Ed è una esplicita Utopia quella dell’ultimo ciclo di Miracleman, supereroe inglese ideato da Mick Anglo negli anni ‘50, la cui storia editoriale, in realtà alle origini Marvelman, andrebbe approfondita e narrata nei suoi sconcertanti dettagli. Quello che ci interessa ricordare è che la mitologia del personaggio è stata rivoltata come un guanto da Alan Moore nei primissimi anni ‘80. Lo scrittore la cui fama sarebbe esplosa con V For Vendetta e Watchmen, mise davanti i suoi super esseri davanti al dilemma che per anni è stato eluso: cosa accadrebbe se veramente i superumani decidessero di risolvere tutti i problemi del mondo?

In realtà a rispondere a questa domanda sarà un giovane Neil Gaiman che insieme a Mark Buckingham, descriverà nel ciclo L'età dell'Oro, un’Utopia sorta dalle ceneri della devastazione provocata dallo scontro tra super esseri. Un’utopia che ovviamente priva l’umanità affrancata dai problemi materiali di ogni scopo. Ritorna il tema della Fortezza della Solitudine, in questo caso una enorme piramide sopra quella che fu la città di Londra, nella quale i superumani vivono indifferenti al destino degli umani.

Squadron Supreme 

Il ciclo di storie Squadron Supreme, scritto da Mark Gruenwald nel 1985, con disegni di John Buscema, Bob Hall e Paul Ryan, è un altro esempio del difficile rapporto tra supereroi e storia del mondo reale. È incentrata sulla volontà di questo supergruppo ideato come versione Marvel della Justice League di risolvere tutti i problemi dell’umanità con i propri poteri.

Cominciano con lo smascherarsi, rivelando le loro identità segrete. proseguendo con un programma di eliminazione della criminalità in modo radicale, la distruzione di tutte le armi, e altre potenziali buone azioni.

Il loro Progetto Utopia dimostrerà che la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni.

Sin dall’inizio infatti, non tutti i supereroi del gruppo saranno convinti e inizierà una vera e propria guerra interna. Ma non saranno solo i dissidi interni sui mezzi applicati a fare naufragare il progetto. Ma anche la consapevolezza che il paradiso offerto a patto di condizionamento mentale e privazione del libero arbitrio è in realtà il peggiore degli inferni.

Watchmen 

E possiamo concludere con Watchmen, di Alan Moore e Dave Gibbons. Tra i tanti temi della maxi serie è minoritaria l’ingerenza nella storia umana, ma è impossibile non notare come la presenza del Dr. Manhattan risolva in modo drastico da sola questioni come la guerra del Vietnam e la corsa agli armamenti. Il mondo non diventa un’utopia, tutt’altro. La corsa agli armamenti tra USA e URSS cresce a dismisura. La presidenza NIxon è un regime totalitario che ha reso di sangue la summer of love, e il mondo negli anni ‘80 è sulla soglia dell’apocalisse nucleare. Il complotto di Ozymandias alla fine è una sorta di tentativo estremo di liberare l’umanità, ridandole libero arbitrio.

Anche in questo caso al superumano Dr. Manhattan non resta che costruire una fortezza della solitudine dove rifugiarsi, questa volta su Marte, confermando che da grande potere arriva alla fine, grande indifferenza per il destino di chi quel potere non ce l’ha.

Conclusioni 

La materia supereroistica sembra semplice, ma rischia di rivelarsi pericolosa da maneggiare. Inserire nel mondo reale creature tanto potenti rischia di fare letteralmente esplodere l’universo narrativo. Si deve giungere a compromessi. Stringere un patto per il quale i supereroi alla fine non siano così determinanti, per scelta dei personaggi o per motivi di opportunità, sfiorando, senza troppo approfondire la cronaca e la storia del mondo reale.

Siamo nel campo dell’evasione, dell’intrattenimento, ma se è possibile dare spessore alle storie, rendendole anche significative, l’uso dell’allegoria e della metafora è forse la strada migliore per parlare di realtà usando gli strumenti dell’irreale.