La fantascienza di Isaac Asimov presenta una peculiarità molto nota: è pressoché priva di specie aliene. I suoi maggiori successi si sono avuti nel campo dei racconti sui robot positronici, creati dall’ingegno umano, e nella saga della Fondazione, ambientata in una galassia popolata esclusivamente da uomini. Racconti e romanzi di Asimov in cui sono presenti specie aliene esistono, ma la loro fama è oscurata dai suoi più celebri capolavori. Ma perché questa mancanza, quando negli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso le storie sugli alieni – quasi sempre cattivi – imperversavano sulle riviste americane che Asimov ben conosceva? È lo stesso autore a rispondere, commentando in un’antologia il suo racconto Homo Sol: «Alcuni critici di fantascienza (soprattutto Sam Moskowitz) mi hanno dato credito per aver inventato la galassia tutta umana, come se si trattasse di una specie di progresso letterario. Altri avranno magari pensato in cuor loro (in faccia non me l’ha mai detto nessuno) che la mia galassia era abitata di soli esseri umani perché mi mancava la fantasia per inventare degli alieni. La verità è che cercavo soltanto di non scontrarmi con le idee di Campbell».

Per buona parte della sua carriera giovanile, Asimov considerò il curatore del celebre magazine Astounding Science-Fiction, John W. Campbell, il proprio mentore. In effetti così era: anche se solo una parte dei racconti giovanili di Asimov fu pubblicata su Astounding, Campbell fu pur sempre il primo tra tutti a riconoscere il talento di Asimov e pubblicò poi su quella rivista i suoi più noti capolavori. Quali erano le “idee di Campbell”? «A Campbell – scrive ancora Asimov – piacevano i racconti in cui gli esseri umani si rivelavano superiori ad altre intelligenze, perfino quando le altre forme di vita erano più progredite dal punto di vista tecnico». In pratica, l’uomo doveva predominare sulle altre civiltà. Asimov, che non apprezzava il punto di vista campbelliano basato sulla convinzione della «naturale superiorità degli americani sui non-americani» e dello «stereotipo del biondo nordico come autentico rappresentante dell’Uomo Esploratore, dell’Uomo Audace, dell’Uomo Vincitore», risolse la cosa eliminando il confronto diretto tra specie aliene, rendendo l’uomo padrone assoluto e incontrastato della galassia.

Asimov inoltre rivela una certa ingenuità – voluta – nel descrivere gli extraterrestri nelle sue storie. Un’ingenuità che gradualmente finirà però per affinarsi e migliorare, portandolo a invenzioni molto originali. Tra tutte, la più notevole rimane la specie aliena descritta in Neanche gli Dèi, in cui Asimov per la prima volta si cimenta in modo serio e razionale sulla creazione di una civiltà aliena e dimostrerà di riuscirci perfettamente, al punto da assicurare al romanzo il Premio Hugo nel 1973.

Il primo racconto asimoviano in cui compaiono intelligenze non-umane è L’arma troppo terribile per essere usata, del maggio 1939. Sono gli abitanti autoctoni di Venere, sottomessi ai terrestri (ma non schiavi) perché la loro civiltà è ormai in declino. I venusiani troveranno poi, nel corso del racconto, l’arma eponima, e tenteranno di vendicarsi. È questo uno dei pochi racconti di Asimov in cui specie aliene si rivelano essere una seria minaccia all’esistenza stessa dell’umanità: infatti in quasi tutte le storie di Asimov gli alieni sono esseri inferiori – o perché la loro millenaria civiltà e ormai decaduta, o perché sono ancora allo stato primitivo – alla specie umana. L’invenzione dei venusiani è quanto mai grossolana, anche perché Asimov sapeva bene persino all’epoca che Venere era quasi sicuramente inabitabile; ma per i lettori di quegli anni, vesuviani o marziani erano praticamente intercambiabili e ugualmente plausibili.

Grossolanità scientifiche dominano anche il racconto La Minaccia di Callisto, del novembre 1939. In questa storia un’astronave deve scendere sulla luna di Giove, Callisto, per indagare sulla scomparsa di una precedente missione. La causa della morte del precedente equipaggio si rivelerà l’azione di un gruppo di orribili vermoni bavosi che abitano nelle acque del satellite e che attaccano gli umani. Callisto è immaginata da Asimov come una luna in cui è presente abbastanza acqua e vegetazione da permettere una primitiva forma di vita animale. Gli enormi vermi attaccabrighe provengono comunque dagli stereotipi dei racconti dell’epoca, misti di fantasia e horror.