Mazinga stabilirà anche un altro paradigma della scuola ortodossa di genere, ovvero il concetto della macchina che fa funzionare la macchina. Kōji per pilotare il robot deve prima mettersi alla guida di un mezzo più piccolo, l’Hover Pilder, una sorta di piccolo aliante con eliche orizzontali che con una spettacolare sequenza si aggancerà al robot che un elevatore porta fuori da una piscina. Innestandosi così nella sua testa e diventandone la cabina di pilotaggio, l’Hover Pilder (in alcuni casi tradotto con un suggestivo “aliante slittante”) ne attiverà tutte le funzioni. Mazinga senza il Pilder, e quindi senza il pilota, è solamente un gigantesco automa senza vita alla mercé del nemico. Il significato del nome del robot racchiude, poi, in se stesso, tutta l’essenza della macchina bellica.Il termine Mazinga deriva da Majin, una parola giapponese composta da due ideogrammi, di cui il primo, Ma, significa "demone", e il secondo, Jin, significa "dio". La parola Majin quindi può significare "dio-demonio" o anche "dio malvagio" ma spesso in giapponese, una parola composta da due ideogrammi dal significato diametralmente opposto, può voler indicare la duplicità dei significati per il medesimo soggetto. Nel caso in esame si può dire che il termine Majin voglia dire "un dio E un demonio" oppure "un dio O un demonio" ed è proprio questa l'accezione più corretta per il nome del super robot di Nagai. Sia nelle varie versioni del manga che nella versione animata, il dottor Juzo Kabuto, nonno di Kōji, quando consegna la sua invenzione al nipote, gli spiega che Mazinga Z può diventare un dio o un demonio, a seconda dell'uso che se ne farà. È possibile quindi interpretare il termine Mazinga con il concetto di "robot che può essere trasformato dal suo pilota in un dio o in un demonio". Le macchine belliche, come è noto, sono macchine che assumono gli obiettivi e gli intenti di colui o coloro che le manovrano e Mazinga, per la prima volta nell’animazione giapponese, non fa differenza apparendo in tutto il suo essere pienamente una macchina da combattimento. Questo tema verrà ripreso successivamente da Nagai in altre opere diventando un tratto distintivo dell’autore nipponico.Anche i mostri meccanici del dottor Inferno rivelano dai nomi la loro natura di macchine da combattimento. Come è infatti prassi nell’industria bellica di dare degli acronimi come nomi delle armi e poi aggiungere un nome a indicarle, così anche i robot avversari sono chiamati con un nome, una lettera e un numero: Garada K7 e Doublas M2, solo per citare i due più famosi primi avversari di Mazinga Z. Ma ritorniamo a quest’ultimo. Come tutte le macchine belliche, anche su Mazinga sono installate una serie di armi offensive. Nonostante l’utilizzo degli armamenti sia praticamente illimitato e l’energia che alimenta il robot sembri praticamente inesauribile, nonostante a volte la lancetta sia sul rosso, colpisce l’associazione delle armi a delle vere e proprie chiamate vocali da parte del pilota. Verrà, infatti, spiegato nella serie che il pilota attiva le armi di Mazinga combinando i comandi vocali di utilizzo della singola arma azionando contemporaneamente il pulsante o la leva di pertinenza. Il famoso “Pugno a Razzo” (Rocket Punch) quindi non può essere azionato senza che il pilota ne gridi il nome e contemporaneamente prema il pulsante di attivazione. L’utilizzo di questo sistema di fuoco, misto ai comandi vocali suggerisce anche l’introduzione di una sicura, in quanto il calcolatore centrale di Mazinga sembra riconoscere solo il timbro vocale del pilota. Ricalcando la tradizione samuraica in cui i singoli combattenti o anche gli eserciti che si fronteggiavano dichiaravano le loro intenzioni di battaglia e i loro colpi prima di effettuarli, questa scelta, molto enfatica, di sottolineare l’utilizzo delle armi durante i combattimenti, dona, inoltre, alla serie una certa spettacolarità e un realismo sino a quel momento solo sfiorato in serie antecedenti di ambientazione simile. Il pilota, inoltre, nonostante si trovi in una cabina di pilotaggio ben protetta posta in cima alla testa del mezzo meccanico antropomorfo, durante le battaglie sembrerà, con degli effetti scenici, condividere con Mazinga le sorti e le situazioni della battaglia. Così vedremo Kōji, il giovane pilota, soffrire in prima persona quando il robot è colpito o apparirci affaticato dopo una convulsa scena d’azione. Anche questa soluzione narrativa renderà spettacolare e particolarmente realistico il susseguirsi delle scene di azione e dei combattimenti contro altri automi giganti.