Forse, il primo a occuparsi di fantascienza in Italia come critico, o se si preferisce, come osservatore è stato il filosofo Antonio Gramsci. Come è noto, nei Quaderni dal carcere - l’insieme di appunti e note che Gramsi scrisse tra il 1929 e il 1935, durante la sua prigionia -, il filosofo sardo si occupò anche di letteratura popolare, restando affascinato dal fenomeno del feuilleton – i romanzi a puntate che spopolava sui giornali italiani – e chiedendosi come mai in Italia non ci fosse una letteratura popolare, come in altre nazioni a cominciare dalla Francia.

Al di là di tale quesito, a cui Gramsci prova a rispondere nell’enorme mole di testi e note raccolti sotto il titolo Letteratura e vita nazionale (Editori Riuniti, Roma 1971), il filosofo e politico ha individuato nella letteratura popolare un “genere” che egli ha classificato come “romanzo scientifico d'avventure, geografico”, individuando in Jules Verne il suo massimo cantore. Ma non solo. Nella Letteratura e vita nazionale, Gramsci si occupa a più riprese anche di Herbert George Wells e di Edgar Allan Poe, guarda caso proprio i tre autori a cui Hugo Gernsback fa riferimento quando nel primo numero di Amazing Stories dell’aprile del 1926, la rivista che segnerà la nascita ufficiale della science fiction, l’editore e inventore spiega al lettore che tipo di narrativa troverà sulla neonata rivista.

Antonio Gramsci nei Quaderni dal Carcere, paragonando lo scrittore francese a Wells, scrive: “Nei libri del Verne non c'è mai nulla di completamente impossibile: le «possibilità» di cui dispongono gli eroi del Verne sono superiori a quelle realmente esistenti nel tempo, ma non troppo superiori e specialmente non «fuori» della linea di sviluppo delle conquiste scientifiche realizzate; l'immaginazione non è del tutto «arbitraria» e perciò possiede la facoltà di eccitare la fantasia del lettore già conquistato dall'ideologia dello sviluppo fatale del progresso scientifico nel dominio del controllo delle forze naturali. Diverso è il caso di Wells e di Poe, in cui appunto domina in gran parte l'«arbitrario», anche se il punto di partenza può”.

Ovviamente, Gramsci non è a conoscenza dell’esistenza di Amazing Stories e delle altre riviste che negli Stati Uniti stanno facendo breccia in migliaia di lettori, ma non c’è dubbio che la sua analisi dei romanzi di Verne e Wells è il segno tangibile che anche in Italia si cominciava a riflettere criticamente su testi che cercavano di mescolare l’avventura con il pensiero positivista, allora ancora fortemente dominante. L’idea di un progresso lungimirante era al centro del dibattito di tanti intellettuali a cui proprio Gramsci sottrae, in qualche modo, il ruolo di “mediatori” con il popolo, con i lettori potremmo dire noi, sostenendo che tutti gli uomini sono in qualche modo intellettuali, pensatori.

L’influenza di Gramsci nel dibattito sulla letteratura popolare è stato, è resta, notevole, se a lui hanno fatto riferimento intellettuali come Umberto Eco e il critico letterario Giuseppe Petronio.