Lo scorso 15 gennaio è scomparso, all’età di 85 anni, Carlo Fruttero. Una perdita immensa per tutta la cultura italiana e, in particolare, per la fantascienza italiana. Fruttero ha curato Urania per ventitre anni, da solo dal 1962 e poi insieme a Franco Lucentini dal 1964 fino al 1985.

Lo scrittore torinese lasciò la redazione dell’Einaudi proprio per passare alla Mondadori, quando gli fu offerta la curatela di quella che era, ed è ancora oggi, la più importante collana da edicola dedicata alla science fiction. All’epoca, l’editore Giulio Einaudi e lo scrittore Italo Calvino – compagno di scrivania alla storica casa editrice torinese - non capirono quella scelta di Fruttero, ma fu la fortuna per i lettori italiani di fantascienza.

Lo scrittore torinese si era guadagnato un posto nella storia della fantascienza in Italia già nel 1959, quando con Sergio Solmi, fine intellettuale e critico letterario, curò la ormai mitica raccolta Le meraviglie del possibile. Antologia della fantascienza (Einaudi, 1959).

Sempre per Einaudi, poi uscirono varie antologie di letteratura fantastica curate con Lucentini che hanno affinato il gusto dei lettori italiani. Ricordiamo almeno Storie di fantasmi e vampiri. Antologia di racconti anglosassoni del soprannaturale (Einaudi, 1960), Il secondo libro della fantascienza. Le meraviglie del possibile (Einaudi, 1961), Universo a sette incognite. Antologia di capolavori della fantascienza (Mondadori, 1963), L'ombra del 2000. Romanzi e racconti di fantascienza (Mondadori, 1965) e L'ora di fantascienza (Einaudi, 1982).

In poco più di un ventennio, il duo Fruttero & Lucentini diede nuova linfa alla collana fondata da Giorgio Monicelli e Alberto Mondadori, pubblicando autori che poi non solo hanno fatto la storia della fantascienza, ma ne hanno anche travalicato i confini. Un nome su tutti: James G. Ballard, di cui i due curatori pubblicarono delle splendide antologie nonché i romanzi del primo periodo, quello legato al tema della “catastrofe umana e sociale”.

Svecchiarono, insomma, i gusti del lettore di fantascienza italiano, con scelte letterarie spesso ai confini del fantastico, perché per Fruttero & Lucentini la fantascienza era figlia di quella letteratura gotica e del terrore che aveva avuto la sua origine nel Frankenstein di Mary Shelley.

In un libro scritto con Lucentini per Einaudi, I ferri del mestiere (2003), che era un po’ manuale di scrittura creativa un po’ una raccolta di loro pensieri sulla letteratura e aneddoti, Fruttero descrive cosa era stata per lui Urania e anche la science fiction:

“«Urania» non fu mai concepita e letta come una specie di manuale ad uso di maghi, veggenti, chiromanti. Con un occhio riconoscente ai due grandi precursori, Jules Verne e H. G. Wells, si trattò sempre soltanto di ipotesi, estrapolazioni, intuizioni più o meno plausibili, scritte più o meno bene, con un fondamento scientifico, sociologico, politico più o meno coerente.

Ma di fronte al crollo delle Torri Gemelle di New York il lettore abituale di «Urania» non può essere caduto totalmente dalle nuvole. Terribile, straziante spettacolo. Eppure possibile, e in senso lato prevedibile.

Il fatto è che al di là dei dettagli, di ogni caso specifico, «Urania», tutta la fantascienza, ha avuto la funzione (si potrebbe dire il merito?) di far pervenire ai suoi lettori un rintocco in assonanza con quello celebre del poeta John Donne, «per chi suona la campana». Nessuno è al sicuro, nessuno si salva, la nostra civiltà è fragilissima e può crollare in ogni momento, anche nel modo brutale, figurativamente rozzo, di un aereo dirottato che centra un grattacielo, di una mano guantata che infila una busta velenosa in una cassetta postale.”

Premesso tutto ciò e riconosciuti i meriti incontestabili che Fruttero & Lucentini hanno avuto per lo sviluppo della fantascienza in Italia, va anche detto che i due si “macchiarono” – a nostro avviso – di un peccato originale le cui conseguenze, forse, si pagano ancora oggi.

Non mi riferisco tanto al fatto che durante la loro curatela di Urania i romanzi uscirono con traduzioni non proprio impeccabili o del fatto che spesso i romanzi venivano letteralmente tagliati di intere parti. Quest’ultimo fatto è indiscutibilmente deprecabile – in passato ampiamente contestato dagli appassionati - ma possiamo realisticamente addurre che i due ritenessero di dover compiere quest’operazione per rendere più leggibile al lettore italiano il romanzo dello scrittore straniero, oppure che il marketing della Mondadori imponesse un certo limite al numero di pagine da pubblicare.