Piove ancora. Non ha smesso un secondo, da quando mi sono svegliato. L’Ussaro Squittino e Kaiser Wilhelm mi hanno assicurato che non c’è niente di strano, che qui è sempre così e così è sempre stato. Sono diventato subito loro amico, ma non so se posso fidarmi di tutto quello che dicono. Dopotutto, sono così… limitati.

La bambina è scomparsa. Subito dopo che mi sono svegliato, ha blaterato qualcosa che non sono riuscito a capire. Le sue frasi mi sembravano sconnesse e prive di significato, come se fossero pronunciate in un dialetto alieno. Non mi ha spiegato perché mi trovavo qui, né come ho fatto ad arrivarci. Non mi ha nemmeno detto dove siamo, qui. Se n’è andata e mi ha lasciato solo, con i miei due nuovi piccoli amici sintetici.

Loro mi hanno vegliato con pazienza, quasi fossi in fin di vita. Però non stavo morendo, mi stavo solo svegliando. Hanno aspettato che tornassi padrone di me stesso (quasi tutto, se escludiamo la memoria ridotta a tabula rasa). Poi mi hanno parlato come avrebbero parlato a una testa di gallina.

Sembra un laboratorio, qui. Pieno di manichini, bambole, congegni a orologeria e automatismi di ogni tipo, forma, dimensione e complessità. Mi sembra di averlo già visto da qualche parte, questo posto. Provo un senso di familiarità… Ci sono molti calcolatori, ma non ho idea di come fare a usarli. Sono di un tipo molto evoluto, così avanzato che non mi sarei aspettato di trovarli fuori da un racconto di fantascienza… Ma recano i segni inconfondibili del tempo e dell’usura e il loro aspetto vetusto, perfino obsoleto, li rende oltremodo inquietanti: sono espressione di una tecnologia d’avanguardia eppure superata, manufatti di una civiltà del futuro… del mio futuro!

Neanche i miei piccoli amici, a quanto pare, sanno come usarli. Sono limitati, l’ho già detto. Ci sono altre apparecchiature di cui ignoro il nome e la funzione. C’è anche un telefono, per fortuna. Ho chiamato casa, ma invece di Tessa mi ha risposto l’impiegata di una società di import-export che si esprimeva in uno strano guazzabuglio di giapponese, tedesco e inglese.

Devo aver sbagliato numero – dopotutto chi mi assicura che quello che ricordo sia esatto?

Oppure – magari – mi trovo solo intrappolato in un brutto sogno.

I fogli erano abbandonati su un tavolo da lavoro. Qualcuno si era preso il disturbo di scaraventare da parte i rottami che fino a qualche giorno prima avevano ingombrato il ripiano. Adesso giacevano in un angolo della sala: un cumulo grottesco di braccia, gambe, teste e tronchi artificiali, pezzi a grandezza naturale di bambole che non avrebbero più preso parte ai giochi di nessuno.

Phil sentì un brivido percorrergli la schiena e cercò di distogliere gli occhi dallo squallore della scena. L’ammasso di membra gettate via come avanzi del pasto di un gigante lo inquietava. Tutte quelle parti di giovani corpi fatti a pezzi interferivano con una banda sensibile della sua personale Weltanschauung, ormai consolidata da anni di onorato servizio.

Era infastidito specialmente dalle teste.

Occhi vuoti che lo fissavano senza speranza da orbite morte… Gli ricordavano qualcosa di tragico che credeva sepolto sotto strati e strati di coscienza fossile. Qualcosa che tornava a minacciare la sua stabilità psichica, emergendo dagli abissi geologici del tempo…

Perché sto scrivendo tutto questo? È una domanda lecita. Lo sto facendo per chi leggerà queste carte che puzzano di muffa e di morte?

Forse.

Ma molto più probabilmente lo sto facendo soprattutto per me. In questo momento ho bisogno di riorganizzare le idee. Dio solo sa se ne ho bisogno!

L’Ussaro e il Kaiser mi hanno detto che qui abitava JF. Non ho idea di chi sia, questo tipo, ma un giorno ha ricevuto la visita di certe persone. Lei era bella e taciturna, hanno detto. Lui era grande e ombroso. Ombroso… proprio così hanno detto. È uscito con JF ed è tornato pochi cicli più tardi, trovando lei morta. Era stato il cacciatore, dicono. E poi si è scatenata la battaglia tra il cacciatore e l’ombroso. Hanno sparato e loro si sono nascosti e hanno aspettato che tutto finisse. Dopo qualche altro ciclo, una squadra di addetti è venuta a rimuovere i cadaveri. Hanno preso anche alcune mannequin, mi ha riferito l’Ussaro Squittino. Nessuno ha fatto caso a loro, invece. Si erano nascosti per bene, non hanno fatto rumore per non farsi notare.

Non so che cosa significhi. Non credo di aver davvero capito quello che avevano intenzione di dirmi. Loro parlano in questo strano linguaggio privo di capacità di astrazione eppure ricco di rimandi a un sistema simbolico che probabilmente esiste solo nei loro circuiti neurali, ma che di certo mi è ignoto.