Il primo gennaio del 1963 esordisce in Giappone sulla rete tv Fuji Television, la prima serie animata prodotta appositamente per la televisione: Astro Boy (in originale Tetsuwan Atom, lett. “Atom dal braccio di ferro”). Quest’opera è realizzata dalla ditta Mushi Production del fumettista Osamu Tezuka (1928-1989). Egli aveva creato Astroboy come personaggio minore di un suo manga (Atom Taishi, “Atom l’ambasciatore”) del 1951, per poi decidere di renderlo protagonista di un nuovo fumetto basato completamente su di lui. È così che nel 1952, debutta sulle pagine della rivista Shonen, il primo episodio fumettistico di Astro Boy, destinato a riscuotere un grande successo presso il pubblico nipponico ed a proseguire la sua pubblicazione fino al 1968. Questo manga (che tra le sue fonti di ispirazioni ha Topolino e il Pinocchio di Walt Disney, ma anche il Frankenstein di Mary Shelley, dato che sia nel fumetto che nel cartone tv compare un personaggio chiamato per l’appunto “Frankenstein”) si svolge in un ipotetico futuro, dove la tecnologia e la scienza hanno reso possibili la creazione e la diffusione di robot delle più svariate dimensioni, in modo da utilizzarli per migliorare le condizioni di vita dell’umanità. Il dottor Tenma, padre del piccolo Tobio, è un esperto costruttore di robot e androidi. A causa di un incidente stradale, Tobio perde la vita e Tenma, sconvolto dal dolore, cerca di opporsi al proprio tragico destino, creando un androide con le fattezze di Tobio per porre rimedio alla devastante perdita affettiva subita. Tuttavia, malgrado Tobio sia un androide all’avanguardia e dotato di sentimenti umani, Tenma si rende conto che quel robot non potrà mai crescere come un vero bambino e decide di sbarazzarsene vendendolo ad un circo come un fenomeno da baraccone. Qui, il robot viene notato dallo scienziato Ochanomizu, che decide di prendersene cura personalmente e di dargli il nome di “Astro Boy” (“Atom” nella versione originale). Da questo momento il piccolo robot decide di usare i propri poteri per proteggere uomini e robot da ogni eventuale malefica minaccia, cercando di promuovere comprensione e rispetto tra le due parti, nel tentativo di vincere quella diffidenza che alcuni esseri umani nutrono verso i robot e di cui è a volte vittima anche lo stesso Astro Boy.

L’anime del 1963 (realizzato in bianco e nero ed inedito in Italia) ripropone la trama del manga, ma col proseguo della serie subentrano diversi problemi. Questa serie tv ha infatti dei costi esorbitanti e Tezuka è costretto a inventarsi continuamente nuove tecniche di regia e di narrazione per cercare di limitare il numero di disegni necessari alla creazione di ogni episodio, che deve essere trasmesso al ritmo di uno a settimana (l’attenzione alla qualità delle animazioni viene dunque in parte accantonata per rispettare i ritmi della produzione televisiva). Per gli animatori della Mushi il carico di lavoro è esorbitante e sono spesso costretti a lavorare giorno e notte per riuscire a completare in tempo gli episodi per la messa in onda. Tezuka, inoltre, aveva venduto alla Fuji Television i diritti per la trasmissione tv ad un prezzo molto basso, che non consente alla Mushi di pareggiare i costi di produzione del cartone. Per evitare il collasso finanziario, Tezuka vende i diritti tv all’americana NBC, che trasmette negli USA la serie (ribattezzandola “Astro Boy”), ottenendo un buon gradimento, ma tagliando tutte le scene e i dialoghi con riferimenti troppo espliciti al Giappone. Nonostante le censure, Astro Boy viene criticato da parte dell’opinione pubblica statunitense, che considera la vendita del bambino robot ad un circo come un atto di “violenza sui minori”.