Il 23 aprile arriverà in sala Shadow, pellicola firmata da un insolito Federico Zampaglione, per anni conosciuto come frontman dei Tiromancino e dal 2006 noto anche come regista, dopo l’esordio con l’opera prima Nero bifamiliare, commedia nera che già lasciava intravedere risvolti inquietanti.

In Shadow il contesto è completamente diverso, protagonista è David, un giovane soldato che al ritorno dall’Iraq decide di partire per un viaggio solitario verso il ‘paradiso dei ciclisti’, un posto sperduto in Europa. Qui incontra la misteriosa Angelina che gli racconta di una torbida leggenda che riecheggia tra le montagne e con cui si dovrà scontrare.

Un horror a metà tra citazioni d’autore, introspezioni all’italiana e funambolismi del genere, in cui la tecnica si scontra con una scrittura carica, a volte troppo, di simboli e significati per depistare continuamente- come Martyrs insegna- lo spettatore fino alla rivelazione finale, quantomeno audace.

Stavolta hai scelto un genere preciso rendendolo quasi funzionale alla riflessione, hai strumentalizzato la paura per dire qualcos’altro…

Premesso che sono un estimatore dell’horror puro di maestri come Bava, Fulci, Deodato ed Argento, ho semplicemente trovato la mia cifra stilistica per non fare qualcosa di già fatto. In particolare nella rappresentazione del ‘male’ ho cercato di inserire anche elementi metafisici, più complessi e sfaccettati di un cattivo o di un sadico qualsiasi.

L’attenzione ai dettagli e alla qualità dell’immagine del resto è evidente in tutto il film che ha un taglio decisamente internazionale. È stata una scelta solo estetica o anche commerciale?

L’horror è fortemente visivo,quindi le immagini e le ambientazioni sono fondamentali, insieme alla recitazione degli attori. Tutti elementi che abbiamo cercato di perfezionare con la massima cura a partire dal montaggio eseguito dall’americano Eric Strend. Non volevo sfuggire al taglio italiano, anche perché il film è girato in Italia da una troupe italiana e questo va detto, volevo però che non avesse per questo il marchio di un cinema non abbastanza curato o non abbastanza orrorifico e in questo devo ringraziare il produttore Massimo Ferrero che mi ha sempre incoraggiato. In questo senso è stata una scelta commerciale al contrario, non volevo fosse un film da mandare in tv in prima serata. Poi ho cercato anche di non presentarlo subito in Italia per evitare pregiudizi sulla mia carriera di cantante che potrebbe far storcere il naso ad alcuni a prescindere…

Hai sentito il peso di questa responsabilità nel girare il film?

No, però c’è il rischio di essere associato ad un’esperienza musicale in apparenza completamene diversa da un film horror, dico in apparenza perché paradossalmente penso di aver scritto canzoni con delle componenti horror come Per me è importante, in cui sono i sentimenti a stritolarsi dentro. Poi va considerato il lato nero di un’artista e anche la sua schizofrenia…

Nel film proprio le musiche sono la cosa di cui ti sei occupato meno, no?

Si, in realtà il mio è stato un lavoro di supervisione, le musiche sono state curate dal neonato progetto The Alvarius legato a mio fratello Francesco e ad Andrea Moscianese. Si tratta di suoni molto sperimentali e psichedelici in alcune scene, come quella che dà il nome al gruppo in cui compare il buffo Alvarius, la rana allucinogena.

Ritornando alle location, come è nata la scelta di Tarvisio?

Tarvisio mi è stato suggerito da un amico dopo aver letto la sceneggiatura ed è stata un po’ la nostra croce e delizia, è un posto bellissimo, carico di inquietudine di notte, ma un po’ complicato per questioni logistiche, comunque siamo riusciti a finire tutte le riprese in esterno prima che arrivasse la neve e Tarvisio si trasformasse in un’immagine da cartolina.

Concludiamo con il finale del film?

No, vietato parlarne! Posso dire solo che il finale è inaspettato e può suscitare reazioni contrarie, ma è sicuramente l’immagine più horror di tutto il film.

Dal momento che non si può svelare altro non resta che aspettare l’uscita in sala di Shadow, prodotto da Massimo Ferrero e diretto da Federico Zampaglione, lasciandovi con una citazione/indizio di un maestro dell’horror italiano, Ruggero Deodato: "Io ho fatto solo due/tre horror, il resto sono film realistici".