In questo 2008 appena terminato Theodore Sturgeon avrebbe compiuto novant’anni, e non ci era sembrato il caso di aspettare pazientemente il centenario per riprovare a parlarne – prima lo scorso marzo, dedicandogli una tavola rotonda alla Deepcon/Italcon di Fiuggi, poi con un giro di opinioni che ha dato forma a un articolo uscito a novembre su Robot n. 55 con il titolo La speranza e i mostri: Ricordando Theodore Sturgeon.

Per quanto lungo, l’articolo ha dovuto riassumere, parafrasare, estrapolare brani dagli interventi. Ma sin da subito, il materiale ricevuto ci è sembrato troppo ricco e prezioso per non cercare il modo di pubblicarlo integralmente. Se i contributi ottenuti da critici e colleghi del mondo anglofono sono stati prestigiosi e illuminanti (Gwyneth Jones, David Ketterer, Ursula K. Le Guin, Darko Suvin, tutti tradotti senza omettere alcunché, e che qui ringraziamo), quelli italiani delineavano un capitolo tutt’altro che scontato nella storia del gusto fantascientifico nel nostro paese. Ai partecipanti italiani, dunque, abbiamo chiesto di rileggere i propri interventi, eventualmente correggendoli e integrandoli, talora ricevendo aggiunte sostanziali, e un intervento ex novo da parte di Ernesto Vegetti che ci fornisce dati illuminanti sulla fortune editoriale italiana di Sturgeon.

Questi sono i contributi riuniti qui su Delos.

Un primo gruppo è costituito dalle “cronache ferraresi” a cui fa riferimento il titolo, i ricordi di alcuni dei presenti nel 1976 allo SFIR, il festival fantascientifico tenutosi a Ferrara, in cui Theodore Sturgeon era fra gli Ospiti d’onore insieme allo scrittore britannico John Brunner (l’autore di Tutti a Zanzibar e di altri fondamentali romanzi) e agli attori Cochi Ponzoni (protagonista di una versione cinematografica del Cuore di cane di Bulgakov) e Luigi Vannucchi (appassionato di SF e indimenticabile protagonista di A come Andromeda). Con loro, più o meno tutto il mondo della SF italiana di quegli anni: alcuni nomi possono essere ricavati dalle foto presenti in rete, oltre che da questo ricordo collettivo. Fra le immagini, siamo lieti di presentarne alcune inedite, concesse da Vittorio Catani che le scattò allora.

A fissare l’evento nella memoria storica della fantascienza italiana italiana fu l’editoriale scritto da Vittorio Curtoni per Robot n. 5, Una notte altrove: al di là della presenza degli ospiti, la definitiva consapevolezza di sé da parte della comunità fantascientifica nostrana. A rendere tutto possibile c’erano ospiti come Sturgeon, che tutti (Gianfranco Viviani, Ugo Malaguti, Riccardo Valla, Giuseppe Lippi) ricordano come una figura dall’aria anche fisicamente bohemien, che non rispettava le “nostre” aspettative sulla presenza pubblica di un intellettuale.

Ai ricordi si unisce la critica, che riceve forza dalla pluralità delle voci coinvolte. Immenso artigiano fino in fondo, Sturgeon costruisce la sua eccellenza letteraria senza tradire i generi scelti: la fantascienza e l’orrore soprattutto, ma anche il giallo-thriller (in cui fornisce prove raffinatissime), il western (un impegno ricostruito da Stefano Carducci), il romanzo storico, senza dimenticare l’attività di sceneggiatore televisivo (Luigi Rosa e Carmine Treanni ci parlano di Star Trek, ma esistono anche altre sue prove). Figlio delle allegorie gotiche dell’Ottocento americano come del realismo di provincia d’inizio Novecento (Sturgeon fu autore di un inedito adattamento teatrale di Winesburg, Ohio di Sherwood Anderson), Sturgeon riesce a dare alle sue trame fantastiche una profondità psicologica rarissima. Più di chiunque altro Sturgeon rende privi di senso i luoghi comuni che penalizzano il fantastico nel nome della “letterarietà”, concordano Lippi, Catani e Valerio Evangelisti. Allo stesso tempo, un autore attento ai sentimenti e all’intimo dimostra una sensibilità morale eversiva, con la priorità ai diversi (gay, disabili, donne, esseri comunque marginali), a ogni sorta di “alienità”, come osservano Catani, Malaguti, Alessandro Fambrini, Milena Debenedetti, Daniele Barbieri, Francesco Lato e Antonino Fazio. A dare forza a tante di queste storie, nota Malaguti, è la frequente ambientazione urbana; questo le distingue da molte opere di autori a lui assimilati, come Clifford D. Simak e Ray Bradbury (mentre molto c’è in comune con Fritz Leiber, ricorda Lato). In patria, il massimo successo (anche di critica) è il primo romanzo, Nascita del superuomo, che negli anni Sessanta diventa romanzo di culto per la generazione hippie, ma molta della forza di Sturgeon sta nei racconti, insistono fra gli altri Lippi, Fazio, Carducci, Debenedetti e Lato, cioè proprio in quella dimensione pulp che lo rende inafferrabile per le storie letterarie che si rifiutano di andare alla ricerca di perle nascoste in riviste e antologie introvabili. Ma ogni romanzo SF riceve una sua attenzione: Fambrini ci parla di Cristalli sognanti, e Barbieri di Venere più X. Una parola chiave associata a Sturgeon è umanesimo, ci ricordano Fazio e Gianfranco de Turris: un umanesimo che ridefinisce il concetto stesso di umanità, legandolo a esseri fuori da ogni norma. Molto americano è l’ottimismo un poco amaro che lo anima quasi sempre, scrive Riccardo Valla; è forse questo ottimismo dissidente, agli inizi, a renderlo accettabile agli occhi di editor tutt’altro che eversivi come John Campbell. D’altra parte, accanto a una vena sentimentale in Sturgeon c’è un fondo mai consolatorio, mai pacificato, fatto di antieroi che affrontano una condizione di quotidiana, terrorizzante precarietà; ce lo ricorda Sergio/Alan D. Altieri, che richiama anche la celebre “Legge di Sturgeon” (“il 90% della SF, e di tutto quanto, è immondizia [crud]”: è in questo mondo che vivono i suoi personaggi.

Al coro potrei aggiungermi anche io, e rinvio il lettore alle mie note su Robot, in cui ho cercato di fornire un raccordo personale prendendo a spunto le osservazioni degli altri. Qui mi limito a ricordare tre racconti, Gente, La rupe che cammina, Maturità (letti su antichi Robot e Galassia) e il romanzo Cristalli sognanti (in uno Slan della Libra) che hanno lasciato il segno: storie in lancinante soggettiva, piene di intensità, pathos, e inquietudine, in cui Sturgeon scavava nell’intimo non per dire che il fantastico è irrilevante davanti a qualche presunta verità suprema dell’anima, ma per rivelare nel quotidiano una diversità in grado di pervadere tutto. Unendo tecnica e tematiche, questa è la lezione che Sturgeon continua a insegnare alla SF e agli altri generi fantastici.Per chi è in cerca di materiali ulteriori, punti di partenza possono essere la bibliografia italiana di Sturgeon (http://www.fantascienza.com/catalogo/A0763.htm#5122); per quanto riguarda gli Stati Uniti, sono imprescindibili il sito ufficiale del Theodore Sturgeon Literary Trust (http://www.physics.emory.edu/~weeks/sturgeon/) e quello del Theodore Sturgeon Memorial Award (http://www2.ku.edu/~sfcenter/sturgeon.htm).Soprattutto, raccomandiamo caldissimamente la lettura, per l’autore forse più amato dagli specialisti della fantascienza, e più trascurato da chi ritiene che la qualità letteraria debba andare a scapito dell’elemento fantastico. Per molti, forse Theodore Sturgeon è l’autore più segreto. Senza esitazioni, riscopriamolo.

A pagina 2, le "Cronache ferraresi" con le testimonianze di Vittorio Catani, Gianfranco de Turris, Giuseppe Lippi, Ugo Malaguti, Riccardo Valla e Gianfranco Viviani.

A pagina 5, gli "Altri racconti" con i contributi di Sergio "Alan D." Altieri, Daniale Barbieri, Stefano Carducci, Milena Debenedetti, Valerio Evangelisti, Alessandro Fambrini, Antonino Fazio, Francesco Lato, Luigi Rosa, Carmine Treanni ed Ernesto Vegetti.