Ugo Malaguti

Il mio ricordo di Theodore Sturgeon, Ted per gli amici, è fatto di una lunga corrispondenza, di

molte traduzioni delle sue opere, di una lunga serata passata nel club Altair IV di Ferrara, a bere whisky e cognac e a parlare di fantascienza, di umanità e di intolleranza.

Curai l’antologia Profumo d'infinito per lo SFBC e alla mia richiesta di una foto, Sturgeon mi spedì un bizzarro disegno, un “blivitto” le cui linee geometriche parevano perdersi nell'infinito. Mi disse che un suo amico aveva dichiarato che lui, Ted, gli faceva la medesima impressione di quella figura geometrica. Inquietante, diverso, inafferrabile.

Nel corso della mia lunga corrispondenza con Sturgeon, mi resi conto che l'uomo era esattamente quello che traspariva dai suoi racconti. Nemico dell'intolleranza, curioso, curiosissimo sugli sviluppi della scienza, convinto della superiorità dei diseredati, degli umili, dei “minus”, rispetto ai perfetti, agli intelligenti, ai saccenti. Sturgeon era già uno dei miei scrittori preferiti: l'avevo conosciuto con Cristalli sognanti e con alcuni straordinari racconti, ma fu Galaxy a darmene la dimensione completa, con quelle splendide storie controcorrente che uscivano insieme a quelle di Clifford D. Simak, e ingeneravano nei lettori una certa confusione. Molti scambiavano Sturgeon per Simak e viceversa. In realtà, tra i due scrittori c'erano grandi differenze. Cittadino e cosmopolita Sturgeon, abituato agli slums delle grandi città, campagnolo e provinciale Simak, di quella straordinaria provincia americana che ha generato scrittori grandissimi e che nella sua apparente semplicità chiusa al nuovo osserva il mondo esterno con intuizioni sorprendenti. L’uno e l’altro eccellevano nel racconto, però (la produzione simakiana di romanzi fu intensa solo nell'ultima parte della sua carriera). L’uno e l’altro accomunavano i diseredati, gli umili, i reietti, in una sorta di gestalt che li rendeva alla fine più forti e più grandi dei cosiddetti uomini normali. L’uno e l’altro erano violentemente, se così si può dire, contrari alla violenza: entrambi con strane e inspiegabili digressioni nella crudeltà, autori di alcune tra le pagine più crude e impressionanti della science fiction.

Entrambi hanno influenzato profondamente questa letteratura, guadagnandosi riconoscimenti e ispirando generazioni di autori. Lo stesso Stephen King non nasconde il suo debito nei loro confronti. Forse l’uno era il necessario contraltare dell’altro.

È soprattutto in Cristalli sognanti che Sturgeon inserisce tutta la sua poetica filosofia del diverso. Mai così semplice e brillante, come un Dickens moderno scrive il suo racconto di Natale, una favola a sfondo morale che non è ancora stata eguagliata.

L'uno e l'altro sono oggi meno letti e quasi dimenticati. È questo uno dei motivi per cui i valori morali e letterari stanno così decadendo, nei gusti del lettore standard di fantascienza?

Riccardo Valla: Sturgeon, un ricordo

Sturgeon l’ho incontrato anch’io a Ferrara, in una delle annuali convention, e la cosa che ricordo di più è la sua pronuncia americana strettamente incomprensibile... io già capivo a malapena l'inglese della BBC. Era un uomo che dava l'impressione di essersi spogliato di tutto il superfluo e di mirare alla semplicità e all'essenzialità.

Un vero guru, anzi, un Illuminato.che metteva in pratica l'estetica dei Figli dei Fiori. Per esempio, facendo amicizia con i figli dei presenti, tanto da passare gran parte del suo tempo con i bambini. O quando risultava privo di vizi - bere, strafogarsi di cibo, parlare di questo e di quello - perché superflui anch'essi.

Gli avrò chiesto certamente qual era il suo romanzo favorito, il suo autore preferito e simili cose, perché a quei tempi pagavo il mio tributo alla banalità, ma per fortuna le risposte le ho scordate. Mi pare comunque che i colleghi gli piacessero tutti. Non per diplomazia, ma per assoluto disinteresse a prevaricare l'altrui personalità.

C’era però un discorso che gli piaceva più di ogni altro, ed era la descrizione del suo modo di vivere di quegli anni. Aveva lasciato la città e aveva un orticello, andava fiero dei suoi pomodori coltivati, dentro le scatole di latta che gli altri buttavano via e che lui recuperava per dare loro una nuova vita in forma di vaso. Mostrava il portafogli - di cuoio marrone, tenuto insieme da sottili lacci incrociati - e diceva: “Questo l’ha fatto mia moglie”, probabilmente da qualche borsa di cuoio abbandonata da un executive. Indicava la camicia e diceva che anche quelle gliele cuciva la moglie.

Anni più tardi, traducendo i suoi primi racconti, ho avuto prova della grande coerenza di Sturgeon e ho constatato come quel modo di vivere si legasse a tutta la sua produzione. L’attenzione per gli umili e i rifiutati attraversa l'intera sua opera, da Le mani di Bianca e Cristalli sognanti a Scultura lenta, ma nei primi racconti, e particolarmente in quelli meno fantastici, c’era un secondo tema dominante: quello dell’uomo a cui è offerta una seconda possibilità di vivere. Per esempio, il marinaio che scampa a un naufragio e prende il posto di un milionario scomparso in mare (Delfino per caso).

Insomma, la seconda volta - o meglio, la seconda vita - è quella buona. Noi europei, che siamo cinici, diremmo subito che anche la seconda volta si rifaranno gli stessi errori, Mattia Pascal insegna, ma un americano come Sturgeon non poteva non credere a questa reincarnazione del mito della frontiera sotto mutate vesti, e dunque vedeva con ottimismo il cambiamento. O almeno cercava di dargli una mano, assicurando una seconda possibilità di impiego a contenitori dismessi e borse di cuoio non più adatte a un consiglio d'amministrazione e riciclando se stesso come una sorta di Mr. Natural di R. Crumb. E, senza dubbio, in quegli anni era felice.

Gianfranco Viviani: Genio e sregolatezza

Cristalli Sognanti
Cristalli Sognanti

Nel mese di maggio 1976, John Brunner, che insieme a Theodore era Ospite d’Onore a una convention francese, mi telefonò per dirmi che il grande Sturgeon sarebbe venuto all’Italcon di Ferrara se l’organizzazione lo avesse ospitato. Come avrebbero potuto rifiutare di annoverare tra gli ospiti dell’Italcon un personaggio di tale calibro?

Due giorni dopo mi aspettavo di incontrare un distinto signore, un intellettuale secondo i canoni italiani, invece mi si presentò una specie di nomade, magro e barbuto, che girava il mondo indossando una polo grigio-scuro sbiadita e pantaloni sgualciti. Tutto il suo bagaglio era contenuto in una borsetta che portava appesa alla cintura e un sacco da marinaio a tracolla. Cos’altro avrei dovuto aspettarmi da un genio come Theodore Sturgeon?