Siamo abituati a collegare Giorgio Monicelli, il geniale "inventore" del termine fantascienza, alle iniziative di Mondadori. In realtà negli anni pionieristici che vanno dal secondo dopoguerra agli anni del miracolo economico, Monicelli ha avuto le mani in tutte le iniziative fantascientifiche di un certo rilievo. Recentemente la Gilda dei Catalogatori di Letterature Fantastiche, sulla spinta del Socio Fondatore G. L. Staffilano e grazie alle fatiche del neo Adepto Giuseppe De Micheli ha recuperato il materiale fantascientifico pubblicato su Visto. Visto non era una rivista di fantascienza e quindi non gli verrà dedicato un Numero 1, ma le centinaia di racconti pubblicati la qualificano certamente come una delle fonti più interessanti per il nostro genere. Staffilano ed il sottoscritto stanno preparando un articolo sull'argomento. Comunque la scelta e la traduzione dei racconti erano opera di tre individui: Giorgio Monicelli, Tom Arno e Patrizio Dalloro che erano in realtà uno solo: Giorgio Monicelli. Nella redazione di Galassia (Udine) troviamo Patrizio Dalloro e quale curatore di I Romanzi del Cosmo troviamo Tom Arno. La partecipazione in prima persona di Monicelli in questa nuova avventura durerà poco, ma nel giugno 1957, quando l'editore Ponzoni di Milano lanciò la rivista, praticamente tutta la fantascienza pubblicata in Italia portava il nome di Monicelli.

La rivista costava 150 lire come la cugina ricca Urania, ma aveva un aspetto più dimesso, la carta un po' più scadente, 160 pagine (passate quasi subito a 144), uno o più racconti in appendice (sul primo numero Deserto d'orrore (Being) di Richard Matheson), una storia a puntate (I lanciafiammi del sole di Giancarlo Ottani) e a partire dal secondo numero una rubrica scientifica, Le avventure della scienza.

Il numero 1 presentava un gradevole romanzo minore di un grande autore: Piattaforma spaziale (Space Platform, 1953) di Murray Leinster, ma nel corso dei suoi 201 numeri (di cui uno doppio) ha presentato autori di prima grandezza come Aldiss, Asimov, De Camp, Ellison, Kornbluth, Kuttner, Norton, Pohl e numerosi autori minori comunque apprezzabili anche se trascurati dalla critica e, purtroppo dimenticati dagli appassionati.

Murray Leinster aveva già avuto l'onore di inaugurare una collana (Galassia dell'editore Landini).

Tutte le copertine, anche se non accreditate sono di Luigi Garonzi, un illustratore onesto con poche opere memorabili.

Come Urania i testi sono illustrati all'interno da artisti rigorosamente anonimi, alcuni di un certo valore.

Un grosso merito della collana è stata quello di aprire agli italiani (nei racconti d'appendice in genere con il proprio nome, nei romanzi in genere sotto pseudonimo). Sono così apparsi autori come Roberta Rambelli, Luigi Naviglio, Ugo Malaguti, Gianfranco Briatore con opere non indegne di essere rilette.

Largo spazio venne dato anche ai francesi (in genere da dimenticare) e agli inglesi minori (numerosi i titoli R. L. Fanthorpe sotto i suoi numerosi pseudonimi, sempre leggibile).

Le traduzioni non erano molto fedeli e largamente tagliate se del caso, per farle restare nei limiti delle 110-120 pagine.

Con il numero 197 del dicembre 1966 la testata cambia nome in Cosmo, ma il cambiamento di nome non ne impedisce la chiusura che avverrà con il numero 202 del maggio 1967, un mese prima di compiere 10 anni.

L'avventura incominciata con Leinster si concluderà con il romanzo d'esordio di Antonio Bellomi, L'ultimo domani.

Un titolo azzeccato per concludere una collana di fantascienza.

Potrà sembrare strano, ma rimpiango ancora la scomparsa della collana.