Questa volta, approfittando dell'antologia per l'anniversario di Urania Cinquant'anni di futuro, parleremo di quello che da molti è stato considerato, erroneamente, un imbucato della fantascienza: Barry N. Malzberg. Perché imbucato? Perché in Malzberg la fantascienza è un mezzo, una serie di idee e scenari, ma anche di luoghi comuni, utili per trattare problemi seri. Molti appassionati non lo hanno amato perché, da perfetto figlio della cosiddetta New Wave, i suoi protagonisti erano e sono spesso sconfitti, perché il viaggio spaziale che descrive finisce per trasformarsi in catastrofe e desolazione, e gli astronauti, lungi dall'essere dei supereroi, si presentano piuttosto come uomini oppressi da seri problemi mentali. E' evidente quindi che Malzberg non poteva essere amato. In fondo non diceva cose molto diverse dal Robert Silverberg della seconda fase creativa e lo faceva negli stessi anni, ma mentre Silverberg rimaneva interno al genere come forme comunicative, Malzberg, dotato di capacità stilistiche molto superiori, malgrado l'apparente semplicità del linguaggio, finiva per uscirne fuori usando forme maggiormente sperimentali o scrivendo persino dei metaromanzi. Malzberg con le sue doti stilistiche sarebbe potuto diventare un perfetto autore del "mainstream", ma ha scelto la fantascienza, quella stessa fantascienza che, nato nel 1939, aveva amato da ragazzo. Proprio per questo, lungi dal considerarlo un imbucato, per noi dovrebbe invece essere un onore considerarlo uno tra noi.

L'esordio è del 1967, con il racconto We are coming through the windows. Pochi all'apparire di questo racconto avrebbero immaginato di trovarsi di fronte a uno degli autori maggiormente prolifici nel campo della fantascienza, con oltre venticinque romanzi e più di trecento racconti, per lo più concentrati in un arco di una decina di anni più alcuni romanzi di genere thriller. Diciamo di una decina di anni perché Malzberg, verso la fine degli anni settanta, sente in modo cocente una crisi, anche di mercato, della fantascienza e se non smette totalmente di scrivere, sicuramente riduce in modo drastico la sua attività nel campo. Qualcuno potrà chiedersi per quale motivo non abbia mai sentito parlare di un autore tanto prolifico, il motivo è duplice: da un lato molto del materiale scritto da Malzberg va sotto lo pseudonimo che si era scelto: K.M. O'Donnell, in secondo luogo bisogna tener presente che negli ultimi anni non è stato molto presente nelle librerie.

Nel 1968 il racconto viene seguito, sempre con lo pseudonimo O'Donnell, dal romanzo breve Final War (Guerra Finale, Galassia 116, La Tribuna,1970), dove già si comincia a intuire che quello di Malzeberg non sarà un universo piacevole. Il protagonista della narrazione amara è un soldato intrappolato in una guerra ormai senza tempo. Il riferimento al Vietnam è palese (non va dimenticato che nello stesso anno Malzberg era stato tra i firmatari dell'appello contro la guerra del Vietnam che era circolato tra gli scrittori di fantascienza).

Nel 1971 Malzberg cambia nome, o meglio, sceglie di scrivere sotto il proprio nome, e lo fa con il romanzo The Falling Astronauts, seguito nel 1972 da Revelations e da Beyond Apollo (Oltre Apollo, I Libri di Robot, Armenia, 1978), che almeno come tematica costituiscono una ideale trilogia. E' con Beyond Apollo che Malzberg vinse il John W. Campbell Memorial Award, scatenando una furiosa polemica. Poul Anderson infatti quasi gridò al sacrilegio, sostenendo che l'avventura spaziale descritta da Malzberg era l'esatto contrario di quanto John W.Campbell avrebbe tollerato. Non sbagliava, il protagonista, l'unico sopravvissuto a una spedizione su Venere misteriosamente fallita, è un nevrotico, un omosessuale, una persona indubbiamente angosciata, e l'avventura spaziale, per lo più raccontata dalla prigione governativa in cui il protagonista è stato rinchiuso in attesa di accertamenti, è sicuramente lontana dalle aspirazioni della fantascienza dell'età dell'oro quanto la galassia di Andromeda.