Come configurare i nuclei di significato, resistendo all'apofenia

William Ford Gibson nasce a Conway, South Carolina, nel 1948. Trascorre la sua infanzia a Myrtle Beach, non lontano dall’impianto nucleare di Oak Ridge, per il quale la piccola ditta di costruzioni del padre si occupa della fornitura di impianti igienici e sanitari: "un dettaglio alla Pynchon", come lo avrebbe definito lo stesso Gibson in un intervista. Nel 1956, alla morte del capofamiglia, nel giro di pochi giorni sua madre raccoglie armi e bagagli e decide di fare ritorno nel suo paese di origine, Wytheville, nelle rinomate Blue Ridge Mountains della Virginia. Quando anche la madre scompare Gibson ha diciannove anni e studia in una scuola di confine a Tucson, in Arizona, dove ha avuto modo di entrare in contatto con gli ambienti della contestazione studentesca grazie agli studenti riparati laggiù da San Francisco.Espulso dall'università per una storia di marijuana, all’età di vent’anni ripara in Canada per evitare l’arruolamento per il Vietnam. Sconfina blaterando la sua ambizione di voler sperimentare tutte le droghe esistenti sulla faccia della Terra, ma anni più tardi dichiarerà che il suo gesto aveva meno valenza politica di quanto avesse voluto far credere all’epoca: fondamentalmente, il biglietto per Toronto Gibson lo compra catturato dalla prospettiva di facili conquiste sentimentali nella controcultura hippie dell’epoca. Anche per questo non riesce a legare con il resto della comunità di disertori americani di stanza sull’Ontario, satura di livelli maniacali di depressione e funestata da un numero crescente di morti suicide e decessi per overdose. Perfino le esperienze con la cannabis, alla lunga, finiscono per stancarlo.Vive per qualche anno mantenendosi con vari lavori (di volta in volta è cameriere in un ristorante francese, assistente in un corso di cinematografia, operaio in un cantiere navale) e quindi si sposa. Parte per l'Europa insieme a Deb, a cui dedicherà il suo romanzo d'esordio. Si ferma a lungo a Istanbul, esperienza che gli permetterà di descrivere dettagliatamente le atmosfere della metropoli del Bosforo. Nel 1972 torna a Vancouver per assecondare il desiderio della moglie di riprendere gli studi. Gibson ne approfitta e s’iscrive anche lui all’università, dove ricomincia a coltivare la sua passione per la scrittura dando la caccia “all’essenza dell’essere”, ovvero il segreto della scrittura secondo il suo docente di lettere.

“Quello che ho dovuto fare, per iniziare a scrivere, è stato riscoprire il meccanismo che permette il “sogno ad occhi aperti”, cosa che facevo da bambino. E non c’è alcuna altra attività che si identifichi meglio di questa rispetto allo scrivere della narrativa.”
Gibson si esercita a scrivere piccole “unità narrative”, emulando le routine di William S. Burroughs, elaborando e rielaborando per mesi un incipit, partorendo dopo innumerevoli tentativi un’unica frase complessa e fondamentalmente – per sua stessa ammissione –
insensata.

Seduto ogni pomeriggio nel buio della sala da proiezioni, Halliday iniziò ad attribuire alla sequenza dei numeri del segmento di pellicola il significato di sigilli precedenti allo stato onirico del film.
Una sorta di pillola alla J.G. Ballard, che lo porterà a interrogarsi sul modo migliore per portare del movimento nella scrittura. Ma non si convince delle sue capacità finché a inizio anni Ottanta incontra John Shirley a una convention di fantascienza, che lo spinge a sedersi di nuovo davanti alla macchina da scrivere. Oggi, dopo sette romanzi e mezzo e un ottavo in fase di stesura, dopo una manciata di racconti che valgono da soli tutta la fantascienza degli anni Ottanta (o quantomeno una buona parte), possiamo dire che la sua ricerca si è conclusa felicemente. Pur avendo trascorso quasi tutta la sua vita da adulto in Canada, Gibson ha conservato la sua cittadinanza statunitense. Sposato da ormai più di trent'anni, vive a Vancouver con Deb e i suoi due figli.