In libreria Guerreros (Spook Country, 2007) scritto da William Gibson un autore al quale si deve il termine di “cyberspazio” usato per la prima volta nel romanzo Neuromante (Neuromancer, 1984) un libro che è considerato l'opera base del cyberpunk.
Con questo romanzo, che possiamo definire una mappatura sapiente e meticolosa del nostro mondo post 11 settembre, l’autore narra una storia tra nuovissime tecnologie sempre più indefinite e potenzialmente letali, organizzazioni particolari, arti marziali e cospirazioni.
La storia della vita e delle opere di questo autore è ben nota ai lettori di fantascienza.
È americano, nato nel 1948 a Conway nel South Carolina, ma da anni si è trasferito in Canada per sfuggire alla chiamata alle armi e finire in Vietnam.
Nella migliore tradizione, sembra quasi un chichè, dei scrittori Usa, dopo la laurea e prima di iniziare a scrivere, ha fatto molti e svariati lavori. In vari racconti contenuti nella antologia La notte che bruciammo Chrome sono presenti molte delle tematiche, dei personaggi e ambientazioni che si troveranno in altri lavori successivi dell’autore.
La grande fama gli arriva con il romanzo Neuromante, che riceve i premi Hugo, Nebula e Philip K.Dick Memorial. Neuromante e i due successivi romanzi Giù nel cyberspazio e Monnalisa Cyberpunk, formano la trilogia dello Sprawl.
Giovanni De Mattero ha recensito Guerreros di William Gibson per Fantascienza. com.
La quarta di copertina: Hollis Henry è un ex musicista rock, ora giornalista, che sta svolgendo un lavoro di indagine su incarico di una misteriosa rivista chiamata Node.Node non esiste ancora, il che non sarebbe un problema, Hollis è abituato a cose del genere, ma i suoi capi stranamente sembrano molto preoccupati di prevenire proprio quella diffusione di voci che di solito le riviste incoraggiano attivamente nel periodo che precede il loro lancio. E quando diciamo preoccupati, intendiamo molto, molto preoccupati.
Tutto questo sarebbe singolare, e anche un po’ sinistro, se solo Hollis ci pensasse sopra un po’, cosa che però non può permettersi di fare.
Tito è sui vent’anni. Di famiglia cubana, parla correntemente il russo, vive in una stanza in un deposito a Manhattan e svolge lavori delicati che hanno a che fare con lo scambio di informazioni. È un individuo enigmatico che si fa guidare nelle sue azioni dagli spiriti della Santeria cubana.
Milgrim è un tossico. Un tossico di fascia alta: la sua è una dipendenza da psicofarmaci, e lui si immagina di non essere in grado di sopravvivere ventiquattro ore se Brown (l’uomo misterioso che lo ha salvato da un pericoloso equivoco col suo spacciatore) dovesse smettere di fornirgli le sue beneamate scatolette magiche. Cosa stia combinando Brown a Milgrim non è chiaro, ma sembra essere qualche faccenda militare – quantomeno legata all’ottima conoscenza del russo da parte di Milgrim – e comporta, tra l’altro, l’entrare clandestinamente in stanze chiuse a chiave.
Bobbi Chombo è un “produttore” e un enigma. E’ un esperto di tecnologie geospaziali e il suo lavorno diurno consiste nel testare e mettere a punto sofisticati strumenti di navigazione militare. Si rifiuta categoricamente di dormire due volte nello stesso luogo.
Non si vede con nessuno. E qualcuno ha detto a Hollis Henry di rintracciarlo.
William Gibson, Guerreros (Spook Country, 2007) Traduzione di Daniele Brolli, collana Strade Blu, Mondadori, pagg. 380, euro 17,50.
12 commenti
Aggiungi un commentoconfermo, ieri sera ho controllato anch'io. ho pensato "ma fammi ricontrollare, onde evitare figure barbine...", e infatti.
sarà che il titolo italiano è messo in evidenza (virgolettato) mentre quello originale che di solito si trova in corsivo era invece scritto semplicemente più in basso, e magari mi è rimasto in mente il primo. sì, sto cercando di giustificare la mia inutile polemica...
L'ho appena finito di leggere, e devo dire che mi è piaciuto molto. Può sembrare un romanzo piatto, ma è nelo stile che risiede la sua buona fattura. Sostanzialmente tratta le stesse identiche cose di Neuromante, ma se nel 1983 erano fantascienza, adesso sono cose di tutti i giorni: ecco la chiave descrivere un mondo ipertecnologizzato, ma livello popolare, diffuso capillare, quindi deformabile e pieghevole secondo l'abilità e la volontaà delle persone qualsiasi, dei "punk". E se la dvulgazione del cyberpunk ha messo in luce il disagio di vivere in un mondo del genere, le opere originali non puntano a questo, anzi, fanno vedere persone che sono a proprio agio in un mondo del genere. Fluidi in un mondo in costante, vertiginosa accelerazione, ma senza che risentano del minimo shock culturale, cosa che invece ha colpito l'immaignario del pubblico dal 1990 in poi, creando solo delle distopie urbane o poco più. Infatti, fin dall'inizio nel cyberpunk non c'è una critica sociale vera e propria e i lati negativi del "progresso tecnologico" (quando poi in realtà si tratta di ipertrofia capitalistica spiccia cammuffata), non sono mai sottolineati o messi in luce (a parte Sterling, che difatti è sempre stato il più politicizzato), quanto proprio il brivido di essere su una cresta dell'onda il cui limite è dato solo dalla propria affinità tecnologica. Una visione molto americana, per certi versi, no?
Cosa avrebbero in comune un miliardario belga, la criptazione tramite ipod, i complotti cino cubani con l'arte locativa via GPS e il Canada? Nulla, se non il rendere proprio l'idea di un mondo mobile, distanze azzerate, bizzarrie trattate come normalità perché il futuro è questo, ed il futuro è adesso.
Altre note sullo stile, tipo il dettaglio maniacale delle marche, onnipresente. Certo, qualche citazione servirebbe per rendere il mondo più familiare, ma questa frequenza non solo delinea proprio uno stile di vita preciso ma anche la presenza capillare dei "brand" pubblicizzati, la presenza di sottfondo invisibile di un mercato, con i suoi motori e dinamiche (che in effetti erano il fulcro de L'accademia dei sogni, che però devo ancora leggere). Leggere tutta la valanga di nomi di marche mi dà una sensazione poco definibile devo ammettere. Ed infine il mistero centrale del libro forse non è spettacolare come gli amanti dei libri d'azione si aspettano, ma di sicuro è un qualcosa di sentito da chi vive nelle americhe, quindi ualcosa di più profondo di una rivelazione shock, quanto un disagio reale, palpabile e molto probabilmente comune a tutti i lettori anglofoni. Certo, con i problemi che abbiamo in europa e lo scetticismo con cui viene vista la politica internazionale USA, riferimenti all'11 settembre a me personalmente fanno poco effetto, ma posso immaginare che il trauma sia ancora ben vivo laggiù...
...
Io l'ho detestato. L'ho trovato piattissimo, assolutamente privo di mordente, con un buono stile, ma pur sempre piatto. Niente a che vedere con il Gibson dei vecchi tempi, ho amato per esempio Aidoru, ma Guerreros... niente da fare.
Può essere che l'abbia letto nel momento sbagliato, ma l'ho trovato comunque mancante di tutto quello spirito (ritmo, sense of wonder, qualunque cosa!) che mi aveva fatto innamorare di Gibson e della fantascienza molto tempo fa. E' stato un po' un tradimento, uno chock. Sarà per questo che l'ho detestato?
Cmq è vero, non ha un ritmo forte, anzi, e il sense of wonder è molto sottile, è più il fascino per il moderno in sè, che dello spettacolare. Anche il mistero su cui ruota il romanzo non punta nello strabiliare il lettore, quindi penso stia tutto nell'accettare un tipo di narrazione volutamente uniforme. A me sembra sia stata pensata proprio per far risaltare l'aspetto fantascientifico del quotidiano, con le sue marche e il relativo design, possibilità improbabili per una cosa come il GPS che ha penetrato a fondo le nostre vite e via dicendo.
Insomma, le stesse c ose che accadono in Neuromante erano fantascienza esotica, ora sono più ch euna realtà, una banalità. Oppure, possiamo vedere i tempi moderni con lo stesso occhio, e credere che viviamo in tempi eccitanti se solo volessimo.
Meglio accelerando di Stross, a sto punto allora.
Guerreros mi ha annoiato parecchio, sarà che la tecnologia la vivo tutti i giorni...
Beh, insomma. Neuromancer ha ritmo, e parecchio anche. Leggerlo oggi ti da le stesse emozioni, forse complice anche un linguaggio complesso che in Guerreros è sparito.
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