La Signora degli Hugo: non c'è altro modo di definire Lois McMaster Bujold. Ammirati e attoniti di fronte alle vagonate di premi e riconoscimenti letterari arraffati dalla scrittrice americana, la domanda porge spontanea: come diavolo si fa a vincere tanti Hugo? Dal momento che il suddetto premio viene assegnato dal pubblico dei lettori e non da una giuria ristretta, le maligne ipotesi (Li avrà pagati? Se li sarà fatti tutti?) che altri riconoscimenti multipli fanno normalmente sorgere (ad esempio, non so, verso chi vince per due volte il Premio Urania) sono evidentemente senza fondamento. Esiste dunque una "formula Bujold" per il successo letterario? Se sì, quale potrebbe essere? E come si fa (magari!) a replicarla?

Di certo, l'universo narrativo creato dalla Bujold, in cui la scrittrice invariabilmente ambienta le sue storie, ha il merito di essere robusto, fascinoso e intrigante. Per chi avesse l'orrida colpa di disconoscere l'opera della Bujold, ricordiamo in due parole di cosa si tratta... Il protagonista indiscusso dei romanzi della scrittrice americana è Miles Vorkosigan, l'erede di una delle grandi famiglie nobiliari di Barrayar, pianeta dominato da una casta di nobili guerrieri (i Vor) e da una concezione sociale/politica a metà strada tra il feudalesimo e il Padrino parte III. Miles è un personaggio convincente e umanissimo, sfigato come pochi (quando sono cominciati i suoi guai non era neppure ancora venuto al mondo, è nato gracile e nanerottolo in un mondo che considera il vigore fisico un valore primario), ma dotato di una parlantina straordinaria, di una capacità di inventare balle stratosferiche e di infinocchiare le persone da fare invidia a Silvio Berlusconi.

I più riusciti romanzi della Bujold (ricordiamo L'apprendista, Il gioco dei Vor, Barrayar, I due Vorkosigan) seguono più o meno lo stesso riuscitissimo canovaccio, che vede Miles cacciarsi in guai allucinanti e apparentemente senza soluzione, da cui invece esce all'ultima pagina (non solo sano e salvo, ma anche trionfatore) grazie a truffe/doppi giochi/imbrogli e un'abilità d'intelligence a metà strada tra LeCarré e Nanni Loy. Il lettore non riesce a staccarsi dalla vicenda perché (come in un giallo in cui l'assassino si riveli all'ultima riga) la curiosità di vedere come il protagonista riuscirà a cavarsela diviene insostenibile.

La formula della Bujold sembra quindi la classica "crea un personaggio vincente e non lo mollare più" che del resto ha fatto la fortuna di tanti altri scrittori (ad esempio, in Italia, Valerio Evangelisti). Ma è sufficiente questo per spiegare la pioggia di premi Hugo? Crediamo di no. L'aver inventato un Forrest Gump fantascientifico (le affinità tra Miles Vorkosigan e il personaggio interpretato da Tom Hanks sono tali che viene da chiedersi chi abbia ispirato chi) è solo una parte della risposta. L'ulteriore merito della Bujold è quello di aver saputo costruire, intorno al suo eroe (o meglio, antieroe) un background straordinariamente concreto, variegato e credibile, uno scenario da Dinasty galattica, un intreccio di vicende e personaggi da telenovela (nel senso buono del termine) fantascientifico, una vera e propria Soap Space Opera.

Onore al merito, dunque. Da sinceri appassionati delle rocambolesche vicende di Miles Vorkosigan, ci sentiamo autorizzati a omaggiare la brava e ingegnosa Lois con un "falso d'autore" che, lo diciamo sperando di non deludervi, è un capello meno perfido e "bastard inside" dei nostri standard tradizionali (un capello corto, ovviamente). Buona lettura.

Il gioco dei SurviVor

di Lois McMaster Bujold (?)

Il conte Aral Vorkosigan entrò nella stanza con passo nobile e virile. Indossava la divisa verde del suo rango, l'ampio petto ornato da un campionario di mostrine militari e decorazioni araldiche, un paio di stivali lucidissimi e un mantello con lo stemma della casata, risalente all'epoca dell'imperatore Turi Vorbarra, passato alla storia per aver sbudellato tutti i membri della propria famiglia che non fossero guerci e che non sapessero preparare alla perfezione il budino di riso.

Il conte accennò un compito inchino nei riguardi di Lady Vorkosigan, che meditava assisa sul divano arabescato dai migliori pellicciai di Vorbarr Sultana, che a dispetto del nome non è un attrice di film porno di serie C bensì la capitale del pianeta Barrayar.

- Vi vedo pallida, mia diletta Cordelia. - osservò preoccupato - Gradite un cordiale?

Lady Vorkosigan scosse nobilmente il capo. - Un pensiero mi turba, mio diletto sposo.

- E quale, di grazia?

La donna gettò signorilmente lo sguardo oltre i drappi svolazzanti alla finestra, verso i monti Dendari che chiudevano l'orizzonte e cingevano la tenuta di Vorkosigan Surleau, che a dispetto del nome non è un alcolico sardo bensì la residenza estiva dei conti Vorkosigan.

- Trepido per la sorte di nostro figlio. - confessò.

Le labbra del conte si aprirono in una risata.

- Ah, ah! Rido di voi... - poi si ricompose - Miles sa cavarsela in ogni situazione, mia diletta. Lo ha dimostrato.

Lady Vorkosigan abbozzò, tutt'altro che convinta. - Lo so: le cose che ci mettono alla prova sono un dono, e le prove difficili sono un dono più grande. Fallire una prova è una disgrazia, ma rifiutare una prova è rifiutare un dono della vita, e talvolta questo è peggio e più irrevocabile di una disgrazia. Per questo non vi preoccupa che sia scomparso, vero?

- Non saprei, mia diletta: non ci ho capito una vor-mazza.

La donna congiunse il polso alla fronte in un gesto altamente drammatico. - Ah, noi Vorkosigan siamo tenuti a non uscire mai dal sentiero dell'onore, ma cosa si può fare quando tutte le scelte sono poco commendevoli?

- Null'altro che proseguire impavidi nel cammino di un Vor, mia diletta.

Lady Vorkosigan meditò a lungo sulle parole del marito. - Dite il giusto, mio amato sposo. Ma invero c'è una cosa che ancora mi sfugge.

- Cosa, di grazia?

- Perché parliamo come due deficienti?

Il conte Vorkosigan scrollò le spalle. - Non saprei, ma visto che abbiamo spazzolato la bellezza di quattro Hugo e due Nebula con questo frasario da fotoromanzo ottocentesco, temo che ce lo terremo ben stretto... mia diletta - aggiunse.

Lady Vorkosigan si alzò e prese a camminare nervosamente sul pavimento rivestito di pregiati marmi di Escobar, che a dispetto del nome non è un Caffè all'aperto bensì un pianeta noto per i suoi artigiani.

- La ragione è dalla vostra, mio diletto Aral. Eppure, ardo dal desiderio di riabbracciare mio figlio. Dove sarà?