Quarta mail...

Uno degli hobby di Antonio Piras: scegliere i caratteri più strani da inserire nei racconti, in modo da far impazzire chi si occupa dell'impaginazione.
Uno degli hobby di Antonio Piras: scegliere i caratteri più strani da inserire nei racconti, in modo da far impazzire chi si occupa dell'impaginazione.

'Ndò, che facciamo? Modifico tutte le risposte e invece di Alberto scrivo Franco? Certo quell'Alberto Cola se lo meriterebbe, ma l'intervista l'ha fatta lui.

Qualche domanda, però, vorrei farla anch'io, magari a proposito del romanzo (l'Alberto mica se lo aspettava che lo avresti pubblicato). Per esempio, quel titolo, Triguna, da dove viene fuori?

Il concetto di triguna (tre guna) ha le radici nei due testi sacri indiani più antichi, i Veda e le Unipanishad. Non è un concetto facile, e una spiegazione completa richiederebbe una dissertazione intorno al Tantrismo e alla filosofia Sankya. Per semplificare, potremmo definire i Triguna come unità psichiche che regolano e controllano le funzioni della mente. Nel rispetto del principio esoterico "tutto ciò che è sotto è anche sopra", i Triguna sono collegati ad Avyakta, l'energia universale invisibile da cui la vita stessa promana: per gli induisti l'Avyakta dei Triguna è il progenitore di tutta la creazione e comprende la triplice natura della materia primordiale. Composti dai tre guna, Raja (l'emozione e l'azione), Satva (il bene), Tama (l'oscuro), i Triguna definiscono le caratteristiche degli esseri umani in base al prevalere, appunto, di Satva, Raja o Tama. Non è casuale che il romanzo sia suddiviso in tre parti, ognuna delle quali collegata a un guna e al colore corrispondente. Anche per l'Ayurveda, la medicina indiana, è possibile individuare fra i pazienti il soggetto Satvico, il Rajasico e il Tamasico.

Vada per il titolo. Ma con il sanscrito come la mettiamo? Conoscendo i tuoi scritti so che usi introdurre citazioni in greco, in latino, spartiti musicali e chi più ne ha più ne metta (mettendo alla prova la pazienza proverbiale del buon Silvio Sosio, che poi deve impazzire per pubblicare con i giusti caratteri). Ma questa volta hai voluto superarti utilizzando intere frasi in sanscrito! Non pensi di aver esagerato?

No, non credo. Le frasi cui ti riferisci sono utilizzate, nel contesto, in modo da risultare perfettamente comprensibili. E poi, a chi ritiene che le filosofie orientali (e di conseguenza il sanscrito) siano troppo lontane dalla cultura occidentale, amo ricordare che, al contrario, interessarsene corrisponde di fatto a un recupero delle origini. Nei nostri studi etimologici siamo soliti fermarci alle derivazioni greco-latine, dimenticando che i popoli che per primi vennero ad abitare la nostra penisola e i territori che più tardi costituirono la Magna Grecia erano d'origine indoeuropea. Si ritiene che le due grandi "calate" di queste popolazioni nella nostra "giovane" penisola ebbero luogo la prima nel 2000 a.C. (con aggregazioni che poi costituirono i popoli Liguri, Veneti, Japigi) e la seconda nel 1000 a.C. (con aggregazioni che divennero i popoli Italici, Sanniti, eccetera). Mi sia permesso un esempio, collegato al romanzo, che la dice lunga sulla nostra "parentela" con l'oriente. Nella teoria tantrica della creazione si dice: "la matrice della creazione è composta dai tre guna, in un fluire incessante nel triangolo di forze". Ora, riflettiamo un attimo su questa sequenza: triguna (sanscrito: tre guna), trìgonos (greco: che ha tre angoli, triangolo), trigunos (latino, con medesimo significato), trìgono (italiano, con il significato che conosciamo). Bene, impossibile non vedere l'analogia con la "trinità creatrice" che è anche cristiana (ma non solo), e con l'iconografia che la rappresenta: l'occhio divino all'interno di un triangolo. Il grande storico Theodor Mommsen, nella sua Storia di Roma antica, dedica alcune pagine proprio allo studio delle corrispondenze etimologiche fra il sanscrito e alcuni termini dialettali ancora utilizzati nelle nostre regioni (in modo particolare in puglia). (Seguono diciotto pagine di trattato linguistico con caratteri in tutti gli alfabeti indoeuropei previsti e non previsti dai codici Unicode che sono state tagliate da Silvio Sosio perché troppo difficili da impaginare, N.d.R.)