Il singolare, a tratti sperimentale nella scrittura, e purtroppo poco conosciuto, il romanzo Superficie del pianeta del francese Daniel Drode (Surface de la planète, 1959; SFBC, 1972, vincitore di un contestato Prix Jules Verne 1960) narra di un'umanità rinserratasi nel sottosuolo. Ciascuno nella propria cellaindividuale, in un Sistema globale totalmente automatizzato, apparentemente perfetto. Il Sistema fu concepito per sfuggire a un olocausto atomico. All'improvviso qualcosa comincia a malfunzionare, e alcuni "reclusi" decidono (sono trascorsi decenni) di risalire in superficie. Fra costoro è il protagonista, che prende a vagare confusamente fra foreste, relitti di città, enormi spianate di suolo vetrificato. Il mondo sembra divenuto esso stesso estraneo, alieno, impenetrabile. In tale contesto si verifica l'inattesa intrusione di nuove, inesplicabili forme vitali: le Ombre.

Sono là... non c'è alcun dubbio. Le Ombre furtive. Punteggiano il suolo di un nero profondo, come una muffa lussureggiante. Si cercherebbe invano, intorno, l'inverosimile macchina capace di proiettarle. Insomma si tratta di un'impercettibile quantità di nero, dotato di una certa velocità. O meglio ancora, di una modifica del colore di fondo del suolo, che lentamente avanza come un'onda. Se ne può incontrare qualcuna larga più d'un metro, ma subito essa restringe il suo contorno e si deforma, come un'ameba. (...) In che modo comunicano fra loro esseri privi di spessore, questo mi domando. Possiedono una sorta di linguaggio? Scommetto che neppure si riconoscono, prima di attraversare quel limite oltre il quale si fondono fra loro in un tutto. Rinuncio a studiare questo universo piatto. E perché non potrebbe racchiudere una diversità superiore alla nostra?

Lo Ombre rimarranno inspiegate razionalmente: troppo lontane dall'uomo. Esse rivestono, evidentemente, anche un ruolo metaforico nell'economia del testo (un testo del '59, che fra l'altro mostra numerosi intuizioni geniali, per esempio sulla realtà virtuale, e che ha inattesi momenti ballardiani). Le Ombre sono forse un "doppio" in negativo del protagonista; o la concretizzazione d'una metafora che suggerisce quanto estranea, aliena, sia divenuta l'umanità a sé stessa e al suo pianeta. Lo psicanalista Aldo Carotenuto, nel suo volume Il fascino discreto dell'orrore (Bompiani, 1997) parla dell'Ombra nel fantastico; Ombra peraltro intesa non in senso letterale:

L'Ombra è il rimosso, è tutto ciò che - comportamento, pensiero o altro - viene negato e cade nell'inconscio, come sedimentazione: essa solitamente presenta caratteristiche di potenziale violenza, proprio perché l'opera di rimozione carica i contenuti rimossi di energia negativa.

Le Ombre di Superficie del pianeta sembrano insomma la letteralizzazione di una metafora psichica. Ad ogni modo, l'apparizione di queste entità bidimensionali contribuirà, nella parte conclusiva del romanzo, a far lievitare le vorticose deduzioni ed estrapolazioni del protagonista, tese a chiarire la propria identità e l'interpretazione della stessa storia dell'Uomo.

Romanzo singolare, dicevo, questo di Drode, e ricco di stimoli; forse non riuscito al cento per cento, che getta ancora una luce diversa sul rapporto uomo/alienità. Senza dubbio la sua pubblicazione fu un atto di coraggio della gestione Curtoni-Montanari.