Lo scudo di Tizios

Di Valerio Manfredi (?)

La luce cominciò a penetrare (sic!) la nube che copriva la valle, e i cipressi (noto simbolo fallico, doppio sic!) si ersero (triplo sic!) d'un tratto come sentinelle sul crinale dei colli. Un'ombra curva sotto un fascio di sterpi apparve al limitare di un campo di stoppie e subito si dileguò come un sogno.

Il possente Ridgemante staccò il suo splendido corpo d'atleta dalle dolci membra della giovane Brookseide, dopo averla amata con la forza dei sacri tori di Poseidone, dopo averla più volte posseduta con la foga dei verri dei divini recinti di Afrodite, e se ancora non vi siete arrapati allora andate (scusate il latino) a cagare.

- Allora, Brookseide? - chiese l'eroe. - Che ne dici del mio giavellotto di bronzo?

- Non ti sembra d'essere troppo sboccato, Ridgemante? - sussurrò la fanciulla, arrossendo come le chiome dei platani del bosco sacro di Olympia al giungere degli eterei carri dell'autunno.

- Che Kaos hai capito? - sbottò il possente Ridgemante, spalancando la marmorea mascella corinzia. - Parlavo delle mie nuove armi: l'ascia bipenne donatami da mio zio Automedonte, la spada dalla lama lunga un cubito forgiata da mio nonno Peristifante, l'elmo conico lascito dell'avo Antimacocreonte e il giavellotto bronzeo fuso per me dai cugini Oinéo e Agélao.

- Non avevi anche un cognato di nome Pino?

- L'abbiamo espulso dalla famiglia.

La dolce Brookseide dalle trecce color del vino si coperse col suo mantello porpora operato con spighe d'oro e ammirò estasiata i turgidi e puntuti arnesi di cui l'amato tanto si vantava.

- Molto eleganti - ammise.

- Come tutta la produzione pret-a-porter della divina stirpe dei Forresterìdi. - vantò ancora l'eroe, tronfio di maschia arroganza.

- Come mai non hai anche uno scudo?

Il possente Ridgemante balzò nell'aere come un centauro imbizzarrito. - Porca Troia (la città, ovviamente) hai ragione! Dove Kronos è finito il mio scudo? Era qui solo una clessidra fa!

- Devono avertelo preso mentre eravamo distratti. Ti avevo detto di non provare la posizione dell'Auriga, con tutti questi mariuoli in giro.

L'eroe impugnò la spada e s'inginocchiò a ispezionare il terreno. Nel fango s'intravedevano impronte di calzari. All'occhio esperto del guerriero quei segni rivelavano più segreti delle rune vergate sulle pergamene magiche del tempio di Zeus-Amon.

- Scherani al soldo dei vili Spectreidi... - commentò. - Non v'è dubbio alcuno. Pagheranno nel sangue la loro empia offesa. A me, uomini!

Sulla bassa nebbia che celava la radura si ersero (ci risiamo!) imponenti figure coperte di bronzo, di cuoio e di epiche cicatrici. Spiccavano tra loro Ificle, Pìlade, Mimànte, Sténelo, Diòcle, Eupìto, Mammolo, Gongolo e Pisolo.

- Comanda, grande signore - dissero in coro. - Siamo ai tuoi ordini!

Il possente Ridgemante gonfiò il maschio torace (e dagli!) facendo gemere i lacci del pettorale nonché tutte le fanciulle d'età post-puberale nel raggio di quindici stadi.

- Miei eroici guerrieri! - esclamò. - I nostri nemici giurati, invidiosi della divina fattura delle armi che brandiamo, hanno osato sottrarci il capolavoro dei nostri artefici, il sacro e fatato scudo criso-bronzeo! Ma io li troverò, dovessi inseguirli fino in capo al mondo. Verrete con me in questo periglioso viaggio, durante il quale c'imbatteremo in ogni sorta di sconosciute genti, che squarteremo/massacreremo/stupreremo/stermineremo se ci sono militarmente inferiori e che invece aduleremo/leccheremo schifosamente tipo emiliofede se ci sono superiori, come da pura tradizione ellenico-romanica da cui giustamente la civiltà occidentale discende?