Delos 24: Racconto racconto di

Francesco Grasso

cronache di un medioevo annunciato

Vincitore della prima edizione del Premio Urania, qualche anno fa, e in seguito di vari altri premi, Francesco Grasso è uno dei più interessanti autori dell'ultima generazione. Qui si cimenta col genere "epistolare", approfittandone per tracciare un lugubre ritratto della società dei mass media.

Alla c. a. dott. J.Fishman e dott.sa H.Lonz

Dpt. Chimica Nucleare, Miskatonic University

Arkham, Massachusetts

26 Febbraio

Gentili signori,

abbiamo esaminato con interesse il vostro articolo dal titolo "Trasmutazione degli elementi tramite fusione nucleare in celle elettrolitiche", da voi inviatoci in visione giorno 2 c.m. Si tratta senza dubbio di un pezzo ben scritto ed accattivante. Ci vediamo però costretti a rifiutarne la pubblicazione sulla nostra rivista. A giudizio unanime del comitato di lettura di redazione, il saggio in questione non raggiunge il livello minimo di rigore scientifico previsto da "Nature". In tutta franchezza, signori, la pretenziosità delle vostre conclusioni ci appare sorretta da fondamenta terribilmente precarie: la vostra è un'ardita costruzione di congetture, che però non sembra in alcun modo supportata dalle sperimentazioni.

Quanto detto era doveroso. Tuttavia, com'è costume di "Nature", vogliamo essere costruttivi. Nel massimo rispetto per la Vs. competenza accademica, ci permettiamo di suggerire una completa riscrittura dell'articolo, con una maggior attenzione per i diagrammi isoentalpici riportati, che ci sembrano quantomeno improbabili, e per i risultati della spettroscopia atomica, che sono invece del tutto incomprensibili.

Con stima personale e cordialità.

Rachel D. Jones

Segretaria Editoriale

Redazione di "Nature"

Ai Ch.mi Prof. Fishman e Lonz

Dipartimento di Chimica Nucleare, Miskatonic University

Arkham, Massachusetts

29 Marzo

Spett.li signori,

sono dolente di riferirVi che i risultati della Vs. ricerca, seppur di gradevole lettura ed ammirevoli per la loro vivacità, non ci sembrano adatti per la pubblicazione sulle pagine del nostro periodico. E' mia opinione (pensiero del resto condiviso dai nostri consulenti per la Chimica) che le modalità del Vs. singolare esperimento siano davvero poco ortodosse, al di fuori della normale prassi sperimentale e, quel che più grave, non riproducibili a meno di enigmatici e rocamboleschi artifici che, francamente, ci convincono assai poco. Vi invitiamo, per il futuro, ad attenerVi alla normale metodologia da laboratorio, a presentare nei Vs. articoli grafici e tabelle comprensibili, a non tralasciare le necessarie equazioni, e soprattutto a trattenere i toni trionfali e sensazionalistici.

Scusandomi per la sincerità, forse brutale ma d'aiuto nelle intenzioni, cordialmente.

Stephen Frears

Direttore Responsabile

Redazione di "Scientific American"

Dott. J.Fishman e dott. H.Lonz

Dipartimento di Chimica Nucleare, Miskatonic University

16 Aprile

Carissimi John ed Helen,

lo confesso, la lettura dei vostri suggestivi articoli mi ha entusiasmato... Abitualmente l'Inquirer non si occupa di ricerca scientifica, ma gli straordinari risultati dei vostri esperimenti meritano sicuramente l'attenzione della rivista e dei suoi lettori.

E' quindi con estremo piacere che vi annuncio il placet alla pubblicazione di entrambi i pezzi. Ritengo sia sufficiente limare il primo, sfrondandolo dei particolari più tecnici, di minore interesse per il lettore de l'Inquirer, ed approfondire invece ciò che è appena (ma sapientemente) accennato, e cioè la scoperta scientifica vista come cammino emotivo, come lento passaggio dall'eccitazione dell'esperimento all'ansia della verifica, dall'esaltazione del successo all'ebbrezza di condividere la nuova conoscenza. Tutto ciò è affascinante.

Il secondo articolo, viceversa, ove denunciate la censura e l'ostracismo invidioso con cui l'ambiente accademico ha accolto le vostre scoperte, è già perfetto: vigoroso, toccante e puntuale quanto basta ad innescare una polemica costruttiva, e magari a dare una salutare scrollata a certe tristi cerchie di conservatori.

Sinceri complimenti, ed auguri.

William J. Grant

CapoCronista

Redazione de "The National Inquirer"

Sig. William J. Grant

"The National Inquirer"

28 Aprile

Caro Bill,

la lettura de l'Inquirer di oggi mi ha fatto balzare dalla poltrona. L'articolo è ancora lì, sulla scrivania, vibrante come una bomba in procinto d'esplodere; anche adesso, mentre detto a Samantha questo fax, continuo a fissarlo affascinato. Dico, ma ti rendi conto di che storia hai tra le mani? Questi due tizi, Fishman e Lonz, producono oro con un catino pieno d'acqua e un elettrodo di tungsteno! Perchè non hai dato loro la copertina, vecchio asino? Non te la sentivi di rischiare, vero? Ho letto che la scienza "ufficiale" non ha ancora dato l'avallo alle loro ricerche...

E' questo il problema? Be', lascia che ti dica una cosa: io non mi fido delle teste d'uovo, dei professoroni che ti sbattono in faccia un titolo e ti guardano boriosi dall'alto del loro trono di carta. Dell'opinione di gente del genere, per dirla in tono sobrio e pacato, me ne sbatto. Io ascolto l'uomo della strada, Bill, giudico sul suo metro, vivo il senso comune.

Prendi Samantha, ad esempio, che sta digitando le mie parole da brava segretaria efficiente e coi piedi per terra. Non ha lauree o dottorati e non saprebbe neppure che farsene: in compenso ha buon senso ed arguzia da vendere, e non si lascia mettere i piedi in testa da nessuno. L'altro giorno è venuto a cercarmi in ufficio un dottore in cerca di pubblicità, un tipico esemplare di quelle teste d'uovo di cui dicevo. Mentre Samantha lo faceva entrare, lui non ha resistito alla tentazione di pavoneggiarsi, e le ha detto: "Signorina, lei ha degli occhi straordinari: posso ben dirlo, poichè sono oftalmologo". Lei lo ha guardato gelida ed ha replicato: "Mi domando cosa mi avrebbe detto se fosse stato ginecologo."

Una risposta fulminante, non trovi? Le ho assegnato all'istante un aumento di stipendio... Ma sto divagando. Per tornare a Fishman e Lonz, ti avverto che, se non coglierai l'occasione che ti si offre, verrò in città armato di un grosso bastone per insegnarti come si sta al mondo...

Per dirne una, potresti sfruttare la loro storia per una serie d'articoli al vetriolo, di quelli che tolgono la pelle agli elefanti, articoli che denuncino le lobbies che opprimono il mondo della ricerca, che rendano di pubblico dominio le rivalità tra gli scienziati, la testardaggine dei conservatori, l'astio ed il sospetto per ogni novità che vada contro l'ordine costituito... Dannazione, hai lo spunto per una di quelle campagne di stampa che alzano le tirature oltre i tetti di Manhattan. La scienza americana in mano a vecchi parrucconi: giovani geni misconosciuti e boicottati... Lascio a te stabilire il come: la stoffa ce l'hai, Bill, ed è ora che tu tiri fuori le palle.

Te lo ripeto, non mollare Fishman e Lonz proprio adesso. Sento che questa è l'alba di una grande storia, e la mia sfera di cristallo cilecca raramente, lo sai. Vai e picchia duro.

Paul Hurden III

Vice Presidente

United Press

C.a. Paul Hurden III

United Press

28 Aprile

Dimmi, Paul...

perchè mai l'inchiostro dei tuoi fax, peraltro sempre lucidi e volenterosi, deve immancabilmente sembrarmi miscelato con l'aceto? Ammettilo, sei stato ingeneroso nei miei confronti... Io ho puntato molto sui due chimici di Arkham e sulla loro storia: nessuno, credo, può accusarmi di pavidità. Non hanno avuto la copertina, è vero, ma soltanto perchè altri casi hanno strameritato (anche con l'attesa) il posto d'onore.

Se avrai la compiacenza di riprendere in mano l'Inquirer, Paul, vedrai che il numero di oggi è incentrato sulle rivelazioni di quell'inglese rapito dagli UFO, rivelazioni cui tu (nonostante le numerose prove e le testimonianze) hai insistito a non prestar fede finchè l'assicurazione del tizio non lo ha profumatamente risarcito, dando a lui un credito senza precedenti nella Storia, ed a noi un'autentica lezione di apertura mentale.

Quanto alla mia presunta soggezione ai diktat della scienza ufficiale, ti trovi davvero agli antipodi della verità. La mia stima per i Luminari Accademici, per questi novelli signori della Ricerca e della Boria, non è dissimile da quella che Allen dimostrava per gli strizzacervelli, quando diceva che la Psicanalisi è un mito tenuto in vita dall'industria dei divani.

Dunque non temere: ho intenzione di seguire a battere sulla grancassa di Fishman e Lonz fino a spellarmi le mani. Leggi ed ammirami in silenzio: anzitutto ho fatto loro firmare un'opzione per una serie di articoli divulgativi sulla Fusione Nucleare e sulla Trasmutazione, dagli albori dell'idea alle prospettive future di realizzazione, ed alle possibili applicazioni nella vita quotidiana; ho poi in programma qualche pezzo "di colore" sulla rivalità tra i Chimici ed i Fisici... Mi dicono che l'astio tra le due categorie sia più acceso di quello tra i tifosi dei Dallas Cowboys ed i sostenitori degli Oakland Raiders... "Grandi scienziati, piccoli uomini", se capisci cosa voglio dire (e se non capisci fa lo stesso): io sono semplicemente deliziato all'idea di mettere alla luce tutto questo veleno silenzioso.

Per il prossimo numero ho incaricato Ted (ti ricordi il curatore della nostra rubrica di Borsa, vero?) di stilare un pezzo descrivendo un possibile scenario economico in cui l'oro venga prodotto industrialmente a costi di mercato. Ted mi ha assicurato che ne verrà fuori qualcosa da far cagar sotto gli gnomi di Wall Street. E poi ci sono le reazioni dei gioiellieri, dei minatori, dei cercatori, degli artigiani...

Come vedi, non ho davvero bisogno delle tue esortazioni per, usando quella prosa sobria e pacata che dimostri di apprezzare, "tirar fuori le palle". Vedrai che l'Inquirer farà un buon lavoro con Fishman e Lonz. Quando avremo finito con loro, in America saranno più famosi di Mickey Mouse.

Bacchettandoti amabilmente

William J. Grant

Dott. J.Fishman e dott. H.Lonz

Dipartimento di Chimica Nucleare, Miskatonic University

7 Maggio

Gentili signori,

a nome del Notiziario cui collaboro, vorrei cortesemente richiedere Vs. disponibilità per un'intervista televisiva, naturalmente lasciando la definizione dei tempi e dei modi alla Vs. più totale comodità. Sarei interessata, oltre che a rivolgerVi una serie di domande attinenti la Vs. scoperta, a riprendere l'interno dei Vs. laboratori di ricerca, ed in particolare la particolare cella elettrolitica con cui, tramite reazioni di fusione nucleare, siete riusciti ad ottenere la trasmutazione del tungsteno in oro. Sarebbe possibile ottenere una dimostrazione in diretta? In quest'ultimo caso, saremmo ovviamente disposti a rimborsare eventuali spese per materiali e/o reagenti, nonchè per usura apparecchiature e consumo di energia elettrica.

In attesa di Vs. gradita risposta, porgo distinti saluti.

Kathy Barren

Studi della CNN

Boston, Massachusetts

"I MODERNI ALCHIMISTI DEL NEW ENGLAND"

Titolo di Cronaca Interna, Washington Post, 13 Maggio.

"RIVOLUZIONARIA SCOPERTA SCIENTIFICA ALLA MISKATONIC UNIVERSITY"

Due colonne. Seconda pagina, New York Times, 14 Maggio.

"TRASMUTAZIONE DEGLI ELEMENTI: IL SOGNO DIVENTA REALTA'?"

Prima pagina, Herald Tribune, 14 Maggio.

"IL CENTRO RICERCHE DI PASADENA ALL'INSEGUIMENTO DEI LABORATORI DI ARKHAM"

Los Angeles News, 15 Maggio.

"RIPETUTO ANCHE IN ITALIA L'ESPERIMENTO DI FISHMAN E LONZ"

Titolo su tre colonne, Corriere della Sera, 21 Maggio.

Alla c.a. dott. J.Fishman e H.Lonz

Dipartimento di Chimica Nucleare, Miskatonic University

30 Maggio

Gentili signori,

siamo lieti di comunicarVi che la Vs. richiesta è stata accettata dagli amministratori della nostra Fondazione. Si è stabilito dunque di assegnarVi un finanziamento di due milioni di dollari per le Vs. ricerche, in cambio dell'impegno formale di cedere alla Fondazione ogni eventuale possibile sfruttamento commerciale della Vs. scoperta. La prima tranche del finanziamento, pari a 900.000 dollari, è già stata depositata a vostro nome presso la Massachusetts Central Bank di Arkham.

I miei migliori auguri ed i più cordiali saluti.

George Osborn

Segretario Generale

Fondazione Harriman

Al Magnifico Rettore Henry P. Craftlove

Miskatonic University

Arkham, Massachusetts

2 Giugno

OGGETTO: Notifica dimissioni.

I sottoscritti John Fishman ed Helen Lonz, professori ordinari in ruolo presso codesto ateneo, comunicano che, per motivi di carattere strettamente personale, intendono porre termine al proprio rapporto di lavoro.

La presente è da considerarsi Notifica di Preavviso di Dimissioni, come previsto dal contratto accademico federale per i docenti delle Università degli Studi degli Stati Uniti. I sottoscritti John Fishman ed Helen Lonz, dunque, si ritengono liberi di eseguire in data odierna la cessazione del rapporto lavorativo, e di abbandonare pertanto le rispettive cattedre occupate presso la Miskatonic University.

Distinti saluti

John Fishman

Helen Lonz

"SVANITI NEL NULLA I FAMOSI CHIMICI DI ARKHAM"

Prima pagina, Herald Tribune, 3 Giugno.

"PERSE LE TRACCE DI FISHMAN E LONZ "

Seconda pagina, New York Times, 4 Giugno.

"INTRIGO SCIENTIFICO-INDUSTRIALE O TRUFFA DA BARACCONE?"

The Observer, 5 Giugno.

Alla c.a. George Osborn

Fondazione Harriman

15 Giugno

Egregio signore,

la presente è in risposta alla perentoria comunicazione dei suoi legali.

Mi duole dirlo, ma sono stato minacciato altre volte; sono stato querelato altre volte, così tante che potrei tappezzare le pareti della redazione con le notifiche del tribunale e mi resterebbe ancora carta per stamparci l'intera tiratura del giornale... Negli anni della crisi e dei tagli al personale sono stato il Nemico Numero Uno del sindacato, ed ho trascorso più di una notte barricato in ufficio, con la scrivania inchiodata contro la porta, mentre giù in strada gli energumeni dei picchetti mi aspettavano, decisi a farmi passare a forza attraverso le rotative in funzione...

Tali simpatiche esperienze, egregio signore, hanno temprato il mio carattere, donandomi una profonda tranquillità interiore. Attenzione, tranquillità non significa incoscienza, nè tantomeno senso di irresponsabilità: semplicemente, il pericolo fisiologicamente insito nella mia professione mi ha portato infine a condividere la serafica fermezza della massima di Allen, che le cito: "Anche l'eterno nulla è accettabile, se si è disposti ad affrontarlo con un abito adatto".

E' grazie a questa mia serena forma mentale che io oggi posso reagire all'aggressiva ed oltraggiosa lettera dei suoi avvocati senza alcuna preoccupazione, senza astio, ma solo con una benevola e superiore comprensione nei suoi confronti.

Non otterrà nulla da me, signor Osborne. Io lo so, lei lo sa: perchè dunque vuol perdere così il suo tempo? Se la Fondazione che lei ha l'onore (lo ha ancora, vero?) di presiedere è stata vittima di una truffa, le responsabilità sono da cercarsi nella malizia dei truffatori, e naturalmente nella dabbenaggine di chi avrebbe dovuto accertarsi della verità e non lo ha fatto. Che gli articoli de "L'Inquirer" abbiano, come farneticano i suoi avvocati, irretito l'opinione pubblica, impedito una corretta visione dei fatti e favorito la truffa mi sembra (mi perdoni) solo un'ardita evoluzione di free climbing sugli specchi dell'inventiva legale.

Noi abbiamo vissuto questa poco edificante vicenda dalla stessa parte, egregio signore, quella delle vittime: sono certo che lei, avendo perduto solo alcuni milioni di dollari e non la lucidità mentale, non può che convenirne. Stia tranquillo, non ho motivo di adirarmi per le accuse di complicità con Fishman e Lonz (e tantomeno per la risibile idea che io abbia montato la storia prevedendo già dall'inizio che avrei raddoppiato la tiratura de "L'Inquirer"): interpreto difatti tali illazioni come figlie del senso di disperazione che i suoi avvocati non riescono a nascondere dietro la tracotanza che si compiacciono di usare al posto dell'inchiostro (non facendo con questo che aumentare la mia commiserazione nei loro confronti).

Questo è quanto, signor Osborne. Posso offrirvi la mia solidarietà morale, ma nulla più. Chiudo la lettera con un ultimo consiglio: invece di sprecare tempo e risorse inseguendo impossibili rivalse (qualunque tribunale le giudicherebbe tali, e questo lei lo sa bene), indirizzate i vostri fantasiosi avvocati sul giusto bersaglio, e sguinzagliateli alla ricerca di Fishman e Lonz. Le ultime voci giunte in redazione li davano in Papuasia. Buona fortuna.

William J. Grant

Capo Cronista

Redazione de "The National Inquirer"

C.a. Ph.D. Benjamin Anderson

Dipartimento di Sociogia, M.I.T.

Boston, Massachusetts

25 Giugno

Gentile signore,

in merito al suo articolo propostoci in data 14 c.m., siamo lieti di comunicarle l'accettazione da parte del comitato di lettura. Sincere congratulazioni. A giudizio unanime della redazione, il suo saggio sociologico sulla degenerazione del buon senso e sull'influenza dei media sulla opinione popolare è oltremodo acuto, interessante, e meritevole di pubblicazione.

Espletato il compito formale, signor Anderson, vorrei aggiungere ancora qualche riga a titolo personale. Sebbene non abbia in alcun modo influenzato la nostra decisione (è prassi usuale di "Nature" pubblicare tesi e dare spazio ad opinioni anche non condivise dalla redazione, nè potrebbe essere altrimenti), tengo a dirle che personalmente concordo in pieno con la sua analisi, impietosa ma schietta, almeno fino alle sue conclusioni.

Le confesso la verità: meditavo da tempo di scrivere io stessa un saggio sull'argomento, ed avevo già raccolto materiale e buttato giù una bozza, credo però destinata a restare incompiuta a causa dei miei numerosi ed irrinunciabili impegni. Purtroppo.

Mi permetto dunque di confrontare la sua analisi con i miei appunti, e di tediarla con il risultato di questo confronto. Spero vorrà perdonarmi.

Parto riportando un passaggio del suo articolo, laddove lei afferma: "I tempi ed i modi della ricerca scientifica sono divenuti agli occhi della gente arcane liturgie per iniziati. La cultura collettiva rifugge e disprezza le regole razionali del Conoscere, mentre si nutre e s'ingrassa dei miti mutuati dai mass-media."

La sua è un'osservazione luminosa, dottor Anderson, che io condivido: l'uomo della strada ha abbassato pericolosamente la propria soglia di scetticismo, e cede ai loro poderosi richiami dei media senza minimamente sforzarsi di discernere il plausibile dall'assurdo. Tuttavia io credo che di ciò l'uomo della strada sia la vittima, e non il colpevole.

La colpa, dottor Anderson, è dell'informazione. Da un lato essa è sovrabbondante, ossessiva, eccessiva, e porta all'assuefazione; dall'altro, essa è carente nella correttezza, è approssimativa quando non mendace: la quantità è cresciuta a discapito della qualità. E questo è vero soprattutto nel nostro campo, quello della divulgazione scientifica: mentre nessun giornale o rete televisiva affiderebbe un servizio sul Superbowl ad un cronista che non conoscesse il football, o incaricherebbe di intervistare il Presidente ad un giornalista digiuno di politica, con la massima tranquillità oggi si affidano articoli sulla scienza e sulle nuove tecnologie a chiunque sappia tenere in mano una penna. Ed i risultati si vedono.

Certo, come lei dice c'è anche chi specula sull'ignoranza, chi vende la sua credibilità. E ci sono persone che, dal tanto gridare il falso dietro compenso, si convincono che quanto stanno urlando sia invece verità: il meccanismo mentale del cercatore d'oro che, tornato in città con la falsa notizia di un giacimento, gongola al vedere la gente che si precipita a seguire l'inganno, ma che alla fine, accorgendosi di essere rimasto solo, riflette che forse nelle voci c'è qualcosa di vero, e si affretta a riprendere il piccone ed a raggiungere gli altri... Non c'è bisogno di far nomi, credo, ma a riguardo vi sono stati esempi recenti, esempi anche piuttosto plateali.

Come lei giustamente osserva, per l'uomo della strada la scienza è diventata qualcosa di astratto, qualcosa di estraneo al senso comune. Citando ancora il suo articolo: "Tra la cultura collettiva e la cultura scientifica è sorta una barriera d'incomprensione e di disinteresse, un vallo opaco all'ombra del quale una nuova quieta ignoranza regna sovrana."

Tristemente vero, dottor Anderson, desolatamente vero. Abituato a fruire dei servizi offerti dalla tecnologia moderna, di cui dispone in infinità comodità e facilità d'uso, l'uomo della strada ha imparato a non meravigliarsi più di nulla, ad accettare ogni prodigio senza porsi domande, a gustare i frutti di una cultura, quella scientifica, accettata così come si accetta un ricatto; egli ha imparato a non chiedersi mai cosa ci sia dietro gli strumenti che sempre più numerosi affollano le sue giornate e la sua vita, come un gatto che accetta che il suo cibo esca da una scatola senza preoccuparsi di capire come abbia fatto ad entrarvi.

I sondaggi i cui risultati lei riporta nell'articolo, d'altra parte, sono inequivocabili. Continuo a citarla: "...nella cultura collettiva congegni come telefoni, orologi, lavatrici, motori d'auto o computer sono oggi visti quasi nello stesso modo: scatole nere sapienti, che funzionano grazie ad alchimìe incomprensibili, grazie a regole non misteriose (chè il mistero implicherebbe fascino, e dunque interesse) ma semplicemente inconoscibili, e dunque accettate per consuetudine ed inerzia. Conseguenza di questo disinteresse, la nostra civiltà, il nostro vivere quotidiano, poggiano oggi su basi fragili come il cristallo: è sufficiente un singolo guasto, il semplice blocco di un ingranaggio a mandare in pezzi le delicate regole del gioco."

Non c'è bisogno di ricordare gli scoppi di violenza ed i saccheggi bestiali che si scatenano nelle nostre città in concomitanza dei black-out per darle ragione: a volte mi viene da pensare che a separare e proteggere la nostra civiltà dalla barbarie più assoluta ci sia solo qualche kilowatt. Forse anche meno.

Fin qui le nostre due analisi procedono allineate, dottor Anderson. E' nella visione finale che esse differiscono notevolmente: lei dipinge nel suo articolo una situazione aberrante, malsana, ma tutto sommato più grottesca che pericolosa, una situazione di cui sorridere bonariamente, magari da sferzare con i toni della satira sociale, ma nulla più.

Io sono ben più pessimista. Io noto il deciso allontanarsi delle masse dal pensiero razionale, e ne provo angoscia; scorgo con disagio il ridursi dell'interesse per la scienza (e, nel mio piccolo, il ridursi del numero dei lettori di "Nature"), e l'aumentare invece dell'interesse per fenomeni irrazionali quali l'occultismo, l'alchimia, la stregoneria e la superstizione in tutte le forme. La vicenda di Fishman e Lonz non mi fa sorridere, dottor Anderson: mi terrorizza. Quando uno dei grandi azionisti della rivista arriva a propormi l'introduzione di una rubrica di astrologia su "Nature", coll'argomentazione che ormai la gente dei giornali legge solo l'Oroscopo, ed il resto lo usa per pulire i vetri (le giuro che la proposta è avvenuta proprio in questi termini)... Ecco, io comincio a pensare che il mondo abbia imboccato una strada pericolosa.

Mi creda, dottor Anderson... noi viviamo e scriviamo con le nostre azioni le cronache di un medioevo prossimo venturo, un'epoca buia annunciata, di cui vediamo avvicinarsi le prime ombre. Esse si addensano, e si fanno ogni giorno più buie: prima o poi ci ricopriranno. Ci sono soltanto pochi kilowatt tra noi e la barbarie. Forse ancor meno.

Con preoccupazione per l'avvenire.

Rachel D. Jones

Segretaria Editoriale

Redazione di "Nature"

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