Delos 24: Nirvana reinterpretato

nirvana

reinterpretato

Ci sono tanti modi di affrontare una critica del film di Gabriele Salvatores, Nirvana. Quelli che seguono sono vari spunti in parte giunti alla redazione e in parte tratti dalla mailing list Fantascienza

nirvana e il cyberpunk

Tavosanis dice (brutale semplificazione) che ciò che conta nel cyberpunk non è il contenuto-trama ma lo stile. Quello che mi è molto piaciuto di Nirvana, è che ha un contenuto forte che però NON è in contraddizione con la cornice fantascientifica, ma sorge con tanta naturalezza dal contesto che ci si chiede come mai nessuno ci abbia mai pensato prima. Ma forse ci hanno già pensato prima.

Nirvana è un film che prende la trama invariante del cyberpunk: Eroe (più spesso: Antieroe) che ha accesso all'Ultramondo virtuale in grazia del suo appartanere ad una Casta hackeristica subisce Caduta, deve addentrasi nel Sottomondo Criminale dove incontra una Ragazza caduta ma pura che è strumento della sua Redenzione in un modo o nell'altro, ma dà a questa struttura proppiana un contenuto e un tema.

Nirvana è un film di fantascienza, che, naturalmente, parla della pesantezza delle catene che ci tengono legati alla vita terrena, e di come non sia il suicidio la via per la liberazione ma il disperdersi nel mondo come acqua fra l'acqua - o, per dirla con Roy Batty, come lacrime nella pioggia - essendo presenti ad ogni momento. O qualcosa del genere. Nirvana è un film di fantascienza buddista.

Anna Feruglio Dal Dan af.daldan@pd.nettuno.it

Io a vedere Nirvana mi sono preso una gran soddisfazione. E' un'ottima e fedele trasposiziozione cinematografica dell'old-cyberpunk che oggi non va più tra gli scrittori.

Ci sono da ravvisare i tempi narrativi, l'evoluzione della narrazione, le finestre narrative che proiettano in avanti la scena... tutte le citazioni, dal nome di Lisa, ai pantaloni con le tasche alle caviglie che si vedono di sfuggita, senza dimenticare l'incipit, tipico del genere, con la voce fuori campo che taglia le scene. C'è molto di quell'old, splendido, cyberpunk.

C'è anche quella meditazione che in molti dei primi racconti del genere non trovava posto, perché era un genere troppo giovane per potersi affermare portandosi appresso troppa zavorra meditativa. In fondo anche Gibson per scrivere The Winter Market ha aspettato fino all'86. Qui invece c'è la scena della vasca da bagno di Lisa, quando dice che vorrebbe sciogliersi nell'acqua. E proprio in questa scena c'è la dissolvenza verso un'altra scenza, di esterni. Avete badato a come hanno realizzata questa? Le hanno fuse le scene, proprio come ha fatto spessissimo Shirley che fondeva i paragrafi, li agganciava richiamando esattamente le stesse frasi e descrizioni in contesti diversi. Proprio come ha fatto non di rado Gibson.

Ma le citazioni non finiscono certo qui. L'antifurto attivo, pare quello di Virtual Light!

E i denti!? Tranne quelli di Naima, per il resto quelli degli altri non sono perfetti come spesso invece accade. Beh, Gibson è un fissato per inserire personaggi con denti aguzzi, rovinati, sporchi. Tant'è che Sterling in un racconto, facendogli il verso, si fissava maniacalmente sulle unghie delle persone! Hanno colto pure questo!

La scena del TV hacking è carina, davvero carina. Assolutamente infunzionale: è solo un tributo al genere.

Emiliano Farinella gokuraku@neomedia.it

nirvana e il buddhismo

Tutta la dottrina buddhista è impostata sull'abbandono dell'esistenza fittizia (più correttamente dualistica). Il problema che segue è proprio di natura filosofica: la cancellazione di Nirvana (=Samsara) pone fine al ciclo delle vite di Solo, egli ha parlato e scoperto il COSTRUTTORE, finalmente, si libererà dal divenire perpetuo ma... libero nella non esistenza, quello che in occidente viene tradotto con il controverso equivalente VUOTO (Suniata). Oppure libero nella sua vera essenza: NULLA. Solo è un virtuale. E la sua fine è determinata dal movimento di un dito di Shiva-Jimi.

E Jimi che dovrebbe appartenere alla "vita reale"? Il suo destino è determinato dal dito di SHIVA o da una diversa consapevolezza? Il finale in questo caso mi ha deluso. Anche Jimi si libera nella morte. Eppure, Salvatores termina con una sequenza a ritroso sino a quale punto? Avrebbe potuto finire con uno schermo buio: come dire, la risposta... agli spettatori. Ed invece no. Finisce sul volto di Naima, un monitor e una voce fuori campo distorta che dice in spagnolo: Naima està en la linea (Naima is on line).

Non lo so. Propongo questo. Naima, sulla rete, sta ancora giocando. E in quel momento non aveva ancora la memoria di Lisa. Che si sia liberato (Jimi) della ingannevole rappresentazione di Lisa che si era fatto e che avrebbe potuto ucciderlo (ad opera dei Devils)? Un aspetto del gioco di SHIVA svelato, dell'inganno che il giocare di SHIVA produce?

Lo scorrere delle immagini, può forse rappresentare gli ultimi pensieri di Jimi. E allora? Invece di vedere momenti felici della sua vita, compresa Lisa: se ne libera. Tornando a Naima (passando per i momenti dei giorni precedenti). Cercata per poter cancellare Nirvana, ed in fin dei conti liberare Solo. Dunque: LIBERARE SOLO. questo mi porta a due concetti che sono associati all'illuminazine: "La Grande Compassione", che un illuminato deve provare per tutte gli esseri viventi che hanno condiviso la sofferenza del divenire; Pranidana, che è il voto di salvare tutte le creature sofferenti nel divenire.

Che Jimi in fin dei conti abbia raggiunto l'illuminazione?

Resto dell'idea che il "messaggio" del film sia legato al gioco di Shiva. La fantascienza rimane un pretesto dando la possibilità, entro un gioco di scatole cinesi, di svelare l'inganno. Il gioco di Jimi di cui è protagonista Solo, il gioco di SHIVA di cui è protagonista Jimi... di cui noi siamo protagonisti. Questa è la miglior sintesi che riesco a dare.

Per me chi salva il film è indubbiamente Rubini. Non di meno, nel complesso, il film mi è piaciuto, se non altro per l'emozione di riconoscere rappresentata la cosmologia delle Upanishad. Il fatto che si tratti di un gioco (Lyla può essere tradotto come Gioco) evoca tutto il potere di Shiva che giocando da forma alla realtà. Ingannandoci.

Om namaha Shiva!

Ma partendo proprio dal Buddismo, considerando che grave atto è discriminare, analizzare su principi dualistici. Che differenza c'è tra Solo e Jimi?

Ivan Bazzi i.bazzi@alinet.it

Solo è un essere inferiore, rispetto a Jimi (non me ne voglia il buon Abatantuono) e mentre a Jimi è accordata la proiezione a ritroso a Solo cosa sarebbe dovuto succedere? Proiezione di che? Dopotutto lui non ha nessun passato.

All'inizio della partita il personaggio di un videogioco non ha nessuna coscienza di quello che è stato, e la sua mancanza di memoria fa di lui qualche cosa di reietto, alla deriva, pronto a rispondere ai comandi del giocatore senza discutere semplicemente perché lui non ha nulla in contrario, non ha motivo di rifiutarsi perché non ha nessun principio che glielo impedisce. Solo prende coscienza di sé stesso, si rende conto di essere in un vicolo cieco, sa di non avere nessuno sbocco all'interno di quel mondo e cerca di uscirne morendo.

Forse è stata la megalomania di Jimi a fare sì che egli creasse qualche cosa di troppo intelligente come Solo. Il creatore non ha osservato la prima regola dello Jihad butleriano: "Non costruirai una macchina ad immagine della mente umana" se ben ricordo.

Personalissima tesi: Solo non ha preso coscienza a causa di un virus, ma perché qualche "angelo" è penetrato nel sistema di Jimi ed ha implantato la coscienza di qualcun altro, ma non la sua memoria. Resta da chiedersi se la coscienza è legata alla memoria. Quando Solo e Maria aprono la porta dell'armadio vedono la Rete, ma non come la vede Jimi (ognuno ha della Rete la propria personale interpretazione). Chissà, se avesse avuto il coraggio di saltare all'esterno forse sarebbe diventato qualche cosa di diverso. Forse l'esistenza di Solo è il sogno dell'"Angelo" che si vede appeso con strane corde in un angolo della città sotterranea.

Massimo Gorla bri@novara.alpcom.it

aspetti informatici

1) Perché Jimi contatta Joystick per cancellare la copia di Nirvana dentro la banca dati della Okosama, quando vi lavorava dentro e poteva farlo da solo, con la scusa di apportare le ultime modifiche al programma?

E' ciò che avviene quando si lavora a un progetto informatico con un cliente importante e con un controllo qualità che si rispetti. Il problema è che, in ogni metodologia seria, il team di sviluppo non ha diretto accesso al repository del cliente. I programmatori lavorano nel loro ambiente di sviluppo, quando hanno finito passano tutto al controllo qualità, e solo alla fine c'è la consegna al cliente. Il tutto è ipercontrollato, e se qualcuno non segue le specifiche il cliente NON PAGA!

2) Inoltre perché cancellare la copia della Okosama quando quest'ultima non è stata infettata dal virus e quindi il suo protagonista virtuale non ha "preso coscienza di sé"?

Questo l'ho osservato anch'io. Paolo Grasso ipotizza che il virus avesse già infettato Nirvana prima dell'ultima consegna, per cui il Solo della copia Okosama era già "vivo". Questo, tra l'altro, spiega il punto successivo.

3) Ed inoltre come può Solo continuare a "giocare" quando il mini-CD di Nirvana non è inserito?

Io penso che le scene di Solo che gioca in assenza di Jimi siano proprio relative al Solo nella banca dati Okusama. Del resto, è IMPOSSIBILE che si tratti invece del Solo sul dischetto.

Francesco Grasso fgrasso@intecs2.intecs.it

Un punto parecchio oscuro del film è che effettivamente si sviluppi una tale intelligenza artificiale.

Parliamoci chiaro: è palese che la tecnologia di quel futuro non è ancora all'altezza di produrre una IA di quel livello. Lo si può dedurre dal contesto generale (IA di quel livello avrebbero pesanti effetti sul reale, effetti che, nel film, non si riscontrano per nulla). Inoltre proprio su questo punto hanno dato un'indicazione precisa: hanno detto che un famoso hacker è stato preso ed inscatolato per fare delle ricerche sulle IA. Dai particolari che fornivano, sembrava palese che fossero alle prime armi. Appare, quindi, un po' esagerato che si riesca ad ottenere mediante virus quest'IA dotata di coscienza.

L'idea del virus in realtà non è malaccio; la manipolazione di un software attraverso un altro software (un virus) è tutt'altro che implausibile pare ricalcare certi schemi biologici... però, arrivare ad ottenere, per caso!, una IA in quel contesto tecnologico... beh, è, quantomeno, parecchio improbabile.

Difetto principale del film è la scena madre. L'attacco al sistema è realizzato bene come idea generale, ricalca la traccia gibsoniana. La metaforizzazione è passabile, rende l'idea... ma per il resto non funziona assolutamente, ed è realizzata, a dir poco, male: troppi tempi morti. Mi ha molto colpito l'assoluta mancanza di interfacciamento col sistema, di cui dispone Jimi. Sostanzialmente non può comunicare col computer remoto. Non si vede, nel film, alcuna traccia del sistema che usa Jimi per comunicare col computer remoto, e, sopratutto, per farlo a quelle velocità che richiede un atto di hacking.

L'idea che ricaviamo dalle scene del film è quella di una connessione diretta mente-macchina: il sistema per contrattaccare sfrutta dati che preleva dalla mente di Jimi, e Jimi non fa altro che rimanere lì seduto... Eppure non si ravvisa alcuna traccia di una simile connessione. Verrebbe subito in mente una connessione neurale, come quelle di Gibson, per intenderci. Ma non ve n'è traccia.

L'unico strumento, che ci sbattono in faccia per tutto il film, è quel caschetto. Strumentazione che pare oltremodo insufficiente. E' vero che si possono immaginare sistemi di ogni genere, dermatrodi a contatto, telepatia... beh, è pur sempre fantascienza... ma nel film non indicazioni di questo genere proprio non ci sono.

Ottima l'assistenza a terra di Naima. Deludente il fatto che un hacker possa essere sostituito così facilmente: basta solo fegato per sfondare un sistema ultra sicuro?

Emiliano Farinella gokuraku@neomedia.it

considerazioni generali

Non si può non parlare di Nirvana, dato che si tratta di un film eccezionale. E' eccezionale in quanto difforme da qualsiasi stereotipo filmico noto. Non si può dire né che sia bello, né che sia brutto, perché mancano sufficienti termini di paragone. Questo non significa che non si possano trarre numerosi giudizi, che però vanno ben distinti nelle loro specificità.

Di sicuro, Nirvana è il più bel tentativo di film di fantascienza che sia mai stato effettuato in Italia. Tuttavia, non è che ci voglia molto a conseguire un tale primato.

Il film, è fatto di immagini molto belle. C'è quasi sempre una splendida fotografia, ornata a tratti da raffinati effetti speciali, resa particolarmente efficace da un sapiente ed abbondante uso del teleobiettivo nelle inquadrature. Regia e montaggio sono decisamente buoni. Le scene d'azione raggiungono un'eccellenza che nulla, ma proprio nulla ha da invidiare a quella dei migliori film statunitensi, notoriamente maestri nel campo. Gli ambienti del film sono magnifici, impreziositi da una cospiosa varietà di brillanti ed azzeccati particolari, così come originale e convincente è la composizione delle amalgame umane multietniche che affollano ogni luogo del film.

Buona è anche l'interpretazione e la direzione di tutti gli attori, con l'eccezione di un paio di comparse che palesemente si vede che stanno recitando, il che non dovrebbe accadere. Über alles la stupenda Stefania Rocca, la migliore in tutti i sensi e sotto tutti gli aspetti.

Tutto bello, dunque. E allora, dove sta il problema?

Il problema sta innanzitutto nella storia, che quasi non c'è. Si tratta infatti di una storiellina gracile gracile, di una sorprendente inverosimiglianza, che sembra uscita pari pari dalla fantasia di un ragazzino alle prese con la stesura del suo primo raccontino di fantascienza. In pratica si tratta di questo: il personaggio di un videogioco (Abatantuomo) si accorge di essere il personaggio di un videogioco e come prima cosa chiede al proprio programmatore (Lambert) di porre fine alla sua esistenza. Al programmatore ciò pare cosa sensata e per accontentare il desiderio del suo personaggio metterà in gioco anche la propria vita.

Ora, sarò viziato o bacato io, ma non è che questo abbia molto senso. Lo spunto del personaggio di un videogioco che prende coscienza del proprio ruolo è in sé interessante, ma solo come base dalla quale partire per approfondimenti metafisici e/o surreali, approfondimenti che il film avrà forse voluto evocare, senza però la forza creativa di realizzare davvero. Intendiamoci: mille volte meglio dei polpettoni americanoidi prevalenti nei quali da sempre si ricicla all'infinito una stessa vicenda già insulsa in partenza.

Direi invece che per molte parti di Nirvana si respira una certa qual "voglia di profondità", che però non giunge quasi mai a superare la soglia del "vorrei ma non posso". Emerge anche la volontà di una metafisica orientale (non fosse altro che per il titolo del film) la quale però, a parte il piacere di un paio di frasi sagge azzeccate qua e là, rimane sostanzialmente a livello di intenzione malespressa. Tanto malespressa che per un bel po' non m'ero neanche accorto che c'era.

E qui entriamo anche nel merito della sceneggiatura, nella quale ritroviamo luci e ombre.

Una volontà di poesia è palese fin dai primi minuti del film, nei quali una voce fuori campo snocciola frasi recitate con i toni della profondità che vorrebbero imprimersi nella mente di chi le ascolta, ma non s'imprimono. Ed anche le successive molteplici incursioni nella profondità sono poco convincenti. Spesso esse falliscono decisamente il bersaglio, e così diventano banalità. Inoltre, ogni tanto il film incorre in lunghe pause nella vicenda, durante le quali buona parte di ciò che viene detto lascia il tempo che trova.

E in tutto questo grigiore, tuttavia, esplodono ogni tanto lampi di pura genialità. Momenti eclatanti nei quali una vicenda strascicata e molliccia di colpo si trasforma in un momentaneo capolavoro. E' geniale l'idea con la quale Lambert viene salvato dalla seduzione della sua finta ex fidanzata virtuale, è geniale la sequenza del furto del camioncino, geniali alcuni frammenti del videogioco e vari altri singoli momenti o frazioni del film.

Nel complesso, però, quanto accade non risulta mai coinvolgente, per lo spettatore, sia per la discontinuità della qualità dei dialoghi, sia per l'inverosimiglianza complessiva della vicenda. Non è un film che susciti i sentimenti che si traggono da un "Blade Runner", né che t'incolli alla poltrona, inchiodato a geniali angosce, come "Strange Days". E' un film pieno di immagini belle ed originali da vedere, impreziosito da una notevole quantità di ottime idee, farcito di simbolismi criptici eppur volenterosi, quindi decisamente ricco di condimenti come pochi altri, ma povero nella sostanza, del tutto insufficiente a legare e fondere i pur ottimi condimenti in un insieme che generi una pietanza riuscita, cioè un film unitario, dotato di uno spirito unico e proprio, che possa risultare memorabile a livello internazionale. Decisamente si vede che gli autori si sono divertiti molto a farlo, forse anche troppo. Intendo dire che c'è una grande distanza fra le emozioni che essi voluto codificare nel film, e quelle che effettivamente giungono agli spettatori. Sapendo che le emozioni c'erano, durante la costruzione del film, è forse stato dato più del dovuto per scontato che esse si sarebbero naturalmente trasmesse agli spettatori.

E' un peccato, perché sotto alcuni aspetti il film è realizzato davvero bene. Un lavoro imponente e importante, che purtroppo si regge sulle fragili fondamenta di una storia poco consistente sviluppata poco a partire da un'ideuzza scolastica che in origine poteva anche non essere male.

In conlusione, è un film che comunque vale la pena di vedere, anche se ad aspettarsi troppo si rimane delusi. E' un film che conviene vedere non fosse altro che per le singole (e parecchie) buone idee che esso contiene, e per l'alta qualità delle riprese che comunque riescono a consolare lo spettatore non troppo esigente dalla frustrazione di una storia che invece non consente quasi mai l'imprescindibile sospensione dell'incredulità.

Invitiamo Gabriele Salvatores a riprovarci al più presto, poiché Nirvana dimostra palesemente che egli abbia i mezzi di confezionare un autentico capolavoro della fantascienza, a patto di non accontentarsi della prima storiella banale che a qualcuno privo di sufficiente senso critico un giorno è venuta in mente, soprattutto se quel qualcuno poi fosse lui stesso.

Roberto Quaglia quaglia@fantascienza.com

Il mio giudizio su Nirvana è stranamente oscillante. All'uscita dal cinema ne sono stato entusiasta, travolto dalla magnifica ambientazione e dalla importante lezione di Salvatores, che con questo film sembra dimostrare che il cinema italiano può uscire dai propri schemi stantii e sfidare gli americani sul loro terreno.

Ripensandoci, a mente fredda, ho avuto l'impressione che tutto fosse basato su una trama incredibilmente fragile. Quasi che su un'idea modesta fosse stato costruito un edificio così ricco ed elegante da nascondere delle fondamenta pericolanti. Il personaggio di un videogioco diventa autocosciente a causa di un virus e vuole essere cancellato. Perché un videogioco? Forse per far leva sull'aspetto dellìinformatica più riconoscibile dagli spettatori? Come può un virus far diventare un personaggio di un videogioco autocosciente? Se avvenisse una cosa del genere, quale importanza potrebbe più avere il gioco, di fronte a una scoperta così fondamentale?

E perché viene dato per scontato che, una volta raggiunta l'autocoscienza, l'unico desiderio di Solo sia di essere ucciso, cancellato per sempre? La sua esistenza tutto sommato non sembra così inutile. Riesce persino a crearsi una storia d'amore col personaggio interpretato da Amanda Sandrelli.

Jimi è pronto a distruggere la sua vita per "salvare" Solo, ma questa scelta apparentemente strana può essere giustificata dall'ossessione di ritrovare Lisa.

Questi dubbi sembrano in parte sparire se si analizza il film partendo da un'ottica non occidentale, ma buddhista. Il videogioco rappresenta le molteplici reincarnazioni dell'uomo nel ciclo che porta alla purificazione, e forse era proprio questa l'idea che ebbe Salvatores sulla riva del Gange, quando concepì il film. L'idea stessa di reincarnazione è riproposta, in modo diverso, dall'innesto dei ricordi di Lisa nella memoria di Naima. Jimi, come Siddharta, abbandona le ricchezze terrene per aiutare Solo a raggiungere il Nirvana. Egli stesso compie un salto evolutivo nel suo rapporto con Lisa, da un'autocommiserativa concentrazione sui suoi sentimenti, a una reale comprensione dei sentimenti di Lisa. Momenti critici di questo cambiamento sono la scena in cui Naima gli espone alcuni ricordi che contrastano con i ricordi di Jimi, e l'abbandono della falsa Lisa creata dal sistema antiintrusione, per finire con la domanda finale di Jimi a Naima, che mostra come Jimi arrivi a porre in discussione tutto il rapporto fino alla base: "mi hai amato?".

In quel momento Jimi si è purificato ed è pronto ad affrontare la morte, a passare al prossimo ciclo.

Questa spiegazione, però, ha il difetto che in Italia e nel mondo occidentale sono ben pochi in grado di coglierla. A mio avviso quindi sarebbe stata necessaria una più accurata mediazione di questi concetti verso un pubblico non preparato a coglierne il significato. Resta il punto debole del virus, puro artificio strumentale, e io personalmente resto convinto che un sistema antiintrusione sarebbe più efficace se agisse sui protocolli TCP/IP piuttosto che sulla psicologia dell'intruso.

Detto questo, il mio giudizio su Nirvana è comunque molto positivo. Pur con i punti deboli che a mio avviso guastano un po' il risultato finale, Nirvana contrasta in maniera drammatica con tutto il resto del cinema italiano, saldamente ancorato a quei due o tre moduli (la commedia alla Vanzina, la commedia colta alla Nuti, il film impegnato sulla mafia) dai quali non sembrava più in grado di staccarsi, andando a sfidare sul loro terreno gli americani stessi, con un film ricchissimo di spunti in contrasto con le spesso vuote produzioni d'oltreoceano. La speranza è che faccia scuola e che altri registi italiani seguano l'esempio di Salvatores, anche se, francamente, al momento non siamo in grado di individuare possibili candidati.

Una nota provocatoria finale può essere il confronto di Nirvana con Independence day: l'unico elemento che accomuna i due film è l'uso artificioso del concetto di virus informatico. Se in Nirvana è assurdo l'effetto ottenuto dal virus, e del tutto lasciato alla fantasia dello spettatore la sua origine e il suo funzionamento, in Independence Day i problemi sono a un livello più tecnico: come può un virus infettare così facilmente un sistema informatico alieno? Tuttavia, nel film di Emmerich, che può essere considerato un remake della Guerra dei Mondi di George Pal (tratta da H.G. Wells), il virus è la trasposizione in un modello moderno del morbillo che uccide gli alieni nella pellicola originale. Salvatores invece non ha nessuna scusa.

Silvio Sosio silvio@fantascienza.com