Si fa un gran parlare della fantascienza italiana, grazie anche alla recente nascita del
Ian Watson e Vegetti
Ian Watson e Vegetti
premio Urania. Qual è lo scrittore italiano che preferisci, tra la "vecchia guardia" e i nuovi autori?

Della "vecchia guardia” l'autore su cui sicuramente non si discute è Lino Aldani, tra l'altro è anche un carissimo amico con cui abbiamo avuto delle grosse discussioni, ma in fin dei conti è uno dei nostri migliori, se non il migliore. Fra i più recenti, mi piace Daniele Vecchi, di cui ho letto alcuni racconti che mi hanno colpito in maniera particolare, mi sembra un buon autore. Però fra i nuovi autori è da annoverare anche Renato Pestriniero che è uno della "vecchia guardia", ma che solo di recente si è espresso sul romanzo ed oltre al mestiere ha anche delle buone idee. Quindi lo metterei tra la "nuova guardia" proprio perché solo di recente, da circa una decina d'anni, scrive romanzi. Il vero problema degli italiani che scrivono è che si fanno un punto d'onore nel non rileggere mai i propri scritti. Sono rare le persone che fanno una revisione anche puntigliosa del loro testo. Generalmente si limitano a farne una superficiale e questo non rende spontaneo il romanzo, anzi il contrario.

A Napoli, in occasione della manifestazione Futuro Remoto e della consegna a Vittorio Catani del Premio Urania, hai tenuto una relazione sulla fantascienza italiana anche attraverso l’ausilio di alcune statistiche. Il dato che emergeva era una maggiore pubblicazione da parte degli autori della "vecchia guardia". È così?

La statistica fatta da me riguardava gli autori che hanno pubblicato di recente, e cioè nell'ultimo decennio. Poi, ho preso in esame altri due periodi di dieci anni, ma la statistica era stata fatta sugli autori ancora in vita. Purtroppo molti autori sono scomparsi, come ad esempio alcuni che avevano pubblicato su Galassia e che poi non hanno continuato a scrivere. Mentre, altri scrittori che hanno cominciato la loro carriera su Oltre il Cielo continuano, ancora oggi, a scrivere e pubblicare, dopo trenta’anni di carriera. Comunque, il problema è che, tenuto conto della crisi che c'è stata, gli autori vecchi avevano più mestiere, per cui riuscivano ancora a farsi pubblicare. Gli spazi dove pubblicare erano pochi, per cui si andava alla ricerca degli autori più conosciuti perché quest'ultimi offrivano una certa garanzia.

Negli anni Settanta, esistevano molte riviste di fantascienza, come Robot, Verso le Stelle ed altre. Non credi che con la scomparsa delle riviste il mercato per gli autori italiani si sia ulteriormente ristretto? In fondo i nostri scrittori si sono espressi al meglio proprio nel racconto…

Ma sai, la crisi della rivista è stata prima di tutto la crisi delle edicole. Gli anni Settanta, sono gli anni in cui non esistevano ancora le riviste patinate, le riviste per uomini e per donne di un certo tipo; il porno non c'era ancora, per cui esisteva ancora dello spazio proprio fisico. Adesso, se vai in edicola scopri che per trovare Urania o sei amico dell'edicolante - che la conserva per te - o non la trovi. Ormai, nelle edicole - soprattutto nelle grandi città - si vendono solo riviste porno, per cui in edicola le riviste si perdono. Rimane la strada delle riviste fatte circolare per abbonamento. È il caso di Nova SF della Perseo libri che dedica ampio spazio agli italiani, mentre Robot al massimo pubblicava un racconto italiano per numero.

Hai fama di essere un grande collezionista di libri…

Si, però io colleziono solo pubblicazioni di autori italiani. Una volta era più facile collezionare, perché uscivano quaranta cinquanta titoli all'anno, adesso ne escono circa 350 pubblicazioni.

Un commento su questa Convention di San Marino e sull'utilità delle Convention in generale.

Bah, questa convention (San Marino, 1991 NdR) è riuscita veramente bene, e rispetto all'altra convention, che si è svolta sempre a San Marino, c'è stato un salto di qualità notevole. È stato anche un successo per l'afflusso di pubblico. Sono arrivate, infatti, circa quattrocento persone, quindi questo significa quattrocento iscritti che è un risultato importante. Le convention sono utili? Non lo so. Uno è libero di andarci o non andarci. Io so che mi sono sempre trovato bene in compagnia, mi sono sempre divertito e ho realizzato cose interessanti, che da solo non sarei riuscito a fare. Ho fatto nuove amicizie ed ho lasciato dei contatti. Quindi, secondo me, le convention servono. Certo sarebbe auspicabile avere più occasioni per incontrarsi. Però andare ad una convention comporta una spesa, la quale deve essere in qualche modo contenuta per permettere a tutti di poter partecipare.