Nel romanzo, ipotizzi un nuovo strumento di comunicazione, la PEM (protesi elettronica mentale), con cui tutti possono entrare in contatto con chiunque. È
A sinistra Gianni Montanari e di spalle Vittorio Catani (al centro) e Vittorio Curtoni (a destra) nel 1976 allo SFIR, il festival fantascientifico tenutosi a Ferrara
A sinistra Gianni Montanari e di spalle Vittorio Catani (al centro) e Vittorio Curtoni (a destra) nel 1976 allo SFIR, il festival fantascientifico tenutosi a Ferrara
una sorta di Internet del futuro e comunque è una metafora delle odierne tecnologie della comunicazione?

È la peggiore ma irrinunciabile invenzione che abbia mai fatto l’umanità.J Ma è anche, come nuovissima tecnologia delle tlc, una delle “merci” che (nel romanzo, ovviamente) aiuteranno – in parte - a superare gli strascichi dell’attuale Crisi. Così come il boom di computer e cellulari ha contribuito a superare la crisi precedente.

Mi sembra che per la fantascienza italiana ci sia qualche segnale positivo: la Elara continua a pubblicare regolarmente gli italiani, recuperando anche autori classici; la Delos Books ha pubblicato tre autori italiani, tra cui il romanzo di Clelia Farris Nessun uomo è mio fratello che ha vinto ex equo con Paolo Lanzotti il primo premio Odissea; Urania pubblica i racconti di autori italiani, oltre al romanzo vincitore dell’omonimo premio, senza dimenticare la collana Epix. Tu che hai attraversato, come scrittore e non solo, oltre quarant’anni di fantascienza italiana, qual è - a tuo giudizio - la situazione oggi?

Mi riallaccio alla prima domanda, in cui accennavo alla sf italiana. Indubbiamente oggi le cose vanno meglio. Direi anzi che viviamo un momento dei più felici per la sf di casa nostra. Non ci fosse una crisi massima all’interno del nostro genere, penso che le cose andrebbero a gonfie vele. Ma per una volta tanto, mi sento ottimista su questo argomento. C’è chi ha capito che la sf italiana può dare buoni risultati (come ha spesso sempre dato…) purché che non la si voglia ingabbiare in schemi prefabbricati che non sono “nostri”. Evangelisti ha avuto successo anzitutto in quanto grande autore, ma anche perché ha scritto ciò che voleva scrivere lui, come voleva scriverlo lui…

Fra le nuove leve della science fiction nostrana, c’è qualche autore che ti piace o che consideri interessante?

Ahi, con una sola risposta rischio di farmi pochi amici ma tantissimi nemici. Pertanto, mi perdonino i lettori, non faccio nomi. Dico solo che seguo e ho seguito la sf italiana sempre con attenzione particolare. Curai anche un’antologia, “Il futuro nel sangue” (supplemento di “Carmilla”, 2003) dove chiamai a raccolta alcuni degli autori, anche nuovi all’epoca, a me più congeniali. Dico solo che scrittori ce ne sono, cominciano a emergere, bisogna dar loro fiducia e occorre stimolare i lettori a non pensare solo alla sf made in Usa. Come ottenere questi risultati? Non lo so, questo è compito di editori e curatori.