Erano passate le quattro del pomeriggio quando il professor Quinton Marler decise che si poteva fare una sosta.

Abbandonò l’oscilloscopio ancora acceso e si avvicinò al ragazzo, seduto ostinatamente al computer da quando era terminata la pausa pranzo.

Si chiamava Robert Powell, ricercatore neo-assunto volenteroso e sulle cui reali qualità si sarebbe fatto luce qualche mese più tardi.

– Robert – lo chiamò Marler.

Il giovane distolse gli occhi dal monitor e incontrò quelli del suo superiore.

– Sì?

– Lo prende un caffè?

– Volentieri.

Robert salvò i dati ottenuti con il software di analisi sul quale stava lavorando e si alzò.

– Vedo che lei è instancabile – osservò Marler, mentre i due si stavano dirigendo al distributore.

Il ragazzo abbozzò un sorriso, imbarazzato.

– Beh, non mi piace lasciare le cose a metà – ammise.

– Faccia attenzione a non abituarmi troppo bene, altrimenti potrei approfittarmene – disse il professore, ironico.

Arrivarono alla macchina del caffè; Marler infilò la chiavetta nella fessura e con un gesto invitò l’altro a scegliere la bevanda che preferiva.

– Per esempio potrei inserirla nel progetto dei cinesi – proseguì.

– No, per carità – fece Robert, adeguandosi al tono scherzoso del suo interlocutore. Selezionò un caffè espresso e chiese: – Ma davvero avete intenzione di mandare quella cosa nello spazio?