È da poco uscito nella collana Odissea della Delos Books Nessun uomo è mio fratello, secondo romanzo di Clelia Farris dopo Rupes Recta, vincitore del Premio Fantascienza.com 2004. Anche questo nuovo lavoro della Farris giunge a seguito della vittoria di un premio, ovvero la prima edizione dell’Odissea, che l’ha vista sul gradino più alto del podio ex aequo insieme a Paolo Lanzotti. Chi ha letto il bellissimo Rupes Recta sarà sicuramente curioso di saperne di più su questo nuovo romanzo. Per accontentare i lettori e con piacere della sottoscritta, Delos ha avuto modo di fare quattro chiacchiere con l’autrice, che non solo ci ha svelato i retroscena di questa nuova storia, ma ha anche dato uno sguardo al passato e uno a progetti futuri.
Benvenuta su Delos, Clelia. Anzi, a dire il vero sarebbe un “bentornata” visto che sei già apparsa più volte su queste pagine, anche grazie alla vittoria nel 2004 del Premio Fantascienza.com che ci ha permesso di leggere il tuo gioiello Rupes Recta. Quest’anno sei risultata vincitrice anche del Premio Odissea col romanzo Nessun uomo è mio fratello. Puoi raccontarci a grandi linee di cosa parla questo nuovo romanzo?
È la storia di una persona che rifiuta il ruolo che natura e società gli vorrebbero imporre. All’inizio la ribellione è privata, individuale, ha il carattere assoluto e distruttivo della protesta adolescenziale, Enki è chiuso in se stesso e si sente l’unico a cui è stato fatto un torto. Crescendo acquista una coscienza più ampia, vuole farsi paladino di tutte le Vittime, ma come sempre succede in questi casi, si scontrerà con la complessità della vita.
Come ti è venuta l’idea e come sono nati i personaggi?
Qualche anno fa avevo letto di una prostituta uccisa da un cliente, un’emigrata molto giovane. Al suo funerale c’era solo la sorella, e mi colpì la solitudine della vittima, che in qualche modo richiama la solitudine di ogni vittima. Si prendono sempre le distanze dalle vittime, riteniamo che “se la siano andata a cercare” e che a noi non potrebbe mai succedere di finire così. A differenza del precedente, alcuni personaggi di questo romanzo mi sono stati ispirati da persone reali, mentre il protagonista, Enki, riflette quei caratteri giovanili, irresoluti, spaventati dalla vita, poco riflessivi; ma anche idealisti, desiderosi di riparare alle ingiustizie.
5 commenti
Aggiungi un commentoL'articolo mi sembra buono, non conosco l'autrice del romanzo perchè non amo molto la fantascienza, ma essendo curiosa,ho letto l'articolo; auguri quindi al giornalista x l' intervista e all'autrice del romanzo, che devo dire mi ha incuriosita, forse lo leggerò ciao.
Un romanzo che mi sento di consigliare. L'autrice porta avanti di pari passo le rivelazioni sul "mondo delle Vittime e dei Carnefici"" e la storia del protagonista. Succede sempre qualcosa, gli sviluppi sono continui. Forse delle tre parti la centrale è la meno coinvolgente, dal mio punto di vista, soprattutto in confronto, contrasto di certo voluto, con l'incalzante ultima parte, che ha un ritmo da thriller investigativo.
I rapporti tra i protagonisti esemplificano la dicotomia Carnefice-Vittima: i rapporti Padre-Figlio, Maestro-Allievo, Medico-Paziente, Padrone-Operai. Ma viene presentata anche l'Età Adulta come Carnefice della Giovinezza, la Consapevolezza e il Disincanto come Carnefici dell'Ingenuità. E poi, naturalmente, il Destino come Carnefice del Libero Arbitrio. Il destino di natura e il destino sociale e famigliare.
Non ho colto i riferimenti alla Sardegna, chiaro che sono solo serviti all'autrice per avere un terreno solido, reale, da usare per l'ambientazione. Di sardo, magari, ho trovato un'atmosfera "rurale" famigliare alla "Padre padrone" in alcuni momenti della prima parte.
In conclusione, e scusate la lungaggine di questa pseudo-recensione, un pensiero ispiratomi dalla lettura: il destino è carnefice del Libero Arbitrio, sì, però il Libero Arbitrio può essere Carnefice di ogni Carnefice.
Un saluto, Sam.
Ho letto solo le note di copertina e mi appresto a ordinare il romanzo. In questi giorni ci si chiede cosa può fare la sf per una società sempre più alla deriva, sempre più violenta, sempre meno a misura d'uomo. La sf può anticipare e denunciare. Questo mi pare un esempio per tutti. Avanti così.
Grazie
Grazie per gli auguri
I riferimenti alla Sardegna sono presenti soprattutto nella prima e nella seconda parte del romanzo: mi sono ispirata ai luoghi, come la laguna di Oristano e le saline di Cagliari, ai balli tradizionali, alla ricorrenza delle anime, alla ribellione contro i baroni dello stagno di Cabras. Anche l'uso del termine tzio, tzia per indicare una persona anziana che non ti è parente è tipico della Sardegna (ma ho scoperto anche della Cina).
Può indignarsi e non piegarsi al conformismo della violenza
Ciao Clelia
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